Riflessioni e ricordi: Io e il mondo


Riflessioni e ricordi : Io e la fuga 


 Da piccola avevo il "vizio" di scappare. 

Fuggivo via quando le situazioni non mi piacevano. L'avevo imparato dopo essere stata immobile, nascosta a lato del frigorifero mentre mio padre urlava contro mia madre. 
Mio nonno, in quell'occasione era venuto a salvarmi. 
Avevo quattro anni e mi portò via in braccio, tenendomi stretta. 
Da allora ho capito che dovevo salvarmi da sola se volevo andare avanti, che probabilmente non ci sarebbe stato mio nonno la prossima volta, dovevo cavarmela da sola, in qualche modo. 
Due anni dopo i miei genitori grazie a Dio divorziarono. 

La mia prima "fuga", avevo circa 8 anni, vivevo  con mia madre, che per motivi di lavoro mi aveva iscritta ad una scuola privata di suore, entravo alle 8 e uscivo alle 18, facevo lezione, mi fermavo a mensa, giocavo, facevo i compiti. 
Mi piaceva molto e suor Antonietta, la mia insegnante, mi voleva bene e mi coccolava. L'unico neo era la mensa. 

La mensa della scuola era orribile, cupa, bisognava scendere nel sotterraneo in cui c'erano infinite file di tavoli per i bambini e a capo, girato verso di noi, un altro tavolo dove si sedeva la suora "guardiano" così la chiamavamo;  osservava tutti con i suoi occhietti aguzzi e poi passava tra i tavoli per riprendere i bambini, che come me, avanzavano qualcosa nel piatto. 
Detestavo il cibo che mi davano, soprattutto la bistecca impanata che aveva un colore marrone. Ancora oggi non la mangio. Più di una volta ho lasciato scivolare il cibo che avanzavo nella tasca del grembiulino, per evitare di essere ripresa e tenuta lì fino alla completa pulizia del piatto. 
Così un giorno, escogitai la "fuga". 

Le aule erano al primo piano, finita la lezione dovevamo disporci in due file: a destra chi andava a pranzo a casa e a sinistra chi si fermava in mensa. 
Chi era a destra aveva i genitori in cortile che li attendevano mentre gli "sfigati" come me, si mettevano a sinistra perché non avevano nessuno che li andasse a prendere. 
"E voilà il gioco è fatto" - pensai. Mi misi a destra, in silenzio andai avanti fino ad arrivare in cortile, uscii e mi spostai leggermente dal cancello principale.
Quando il cancello alle mie spalle si chiuse, tirai un bel sospiro, guardai le montagne e dissi tra me e me :" è lì che devo andare". 

La distanza tra la scuola e la casa dei miei nonni paterni era circa di 3 km che feci quasi di corsa. Attraversai la città, passai in luoghi conosciuti, "qui c'è il negozio del formaggio, qui vendono i giochi, qui la piazza dove c'è il mercato". Non mi persi, tenendo ben in evidenza le "mie" montagne, arrivai  dai miei nonni e da mio padre, suonai il campanello e vidi mia nonna precipitarsi alla  porta attonita. Era sbiancata e non capivo perché. 
Mi ricordo di averle detto :"ciao nonna, sono venuta a trovarti. Mi daresti da mangiare?" 
Mangiai con calma, poi mio padre mi riportò a scuola in auto, parecchio incavolato con le suore. Non so cosa avesse detto alla preside, certo è che dopo quell'episodio mi guardavano a vista. Una suora mi accompagnava anche in bagno. Ero diventata" leggenda" tra i bambini. 

A 10 anni poi, ho preso la decisione probabilmente più importante della mia vita. 
Me ne sono andata via da mia madre e mi sono trasferita dai miei nonni paterni e, ahimè, con mio padre, cadendo così dalla padella alla brace, ma ancora non lo sapevo. 
Era la terza volta che cambiavo abitazione, abitudini, scuola, amici. 

Nella vita poi, ho imparato ad adattarmi, la "fuga" è diventata una opzione fondamentale per rigenerarsi, ricaricarsi in solitudine per poi fronteggiare la propria vita. 
La mia infanzia e la mia adolescenza mi hanno insegnato a non abbattermi mai, mi hanno donato la capacità di sorridere sempre, anche quando dentro si muore, utilizzando il sorriso come preziosa arma che spiazza e automaticamente rende più forti. 

Fuggire non è scappare, evitare, eludere. 
Fuggire vuol dire allontanarsi velocemente da un luogo, fisico o emotivo, per evitare un danno o un pericolo. E' un istinto di sopravvivenza  che ci indica la strada più saggia per cercare di vivere felici. 
È la fuga che permette di sperimentare il senso di libertà interiore. 

Non sono adatta ad essere trattata o usata con facilità, non sono manipolabile e chi ha cercato di farlo, mi ha perso. 

Dunque, ora che di anni ne ho 60, non saranno certo le fantomatiche epidemie volute e inventate da qualche pazzoide con problemi psichici evidenti a spaventarmi. 

Le solide radici che io e quelli come me hanno, sono granitiche e le truffe, i raggiri, le macchinazioni, le chiacchiere, non fanno altro che aumentare la mia, la nostra consapevolezza verso il bene, fuggendo da tutto ciò che è il male. 

Quelli come me non sono manipolabili, non lo siamo mai stati e non lo saremo mai. 

Forti non si nasce, si diventa. 

 





La Consapevolezza di Raffaella 




Riflessioni e ricordi : Io e la guerra psicologica 


Se una persona non si presta al gioco che il più "forte" ha deciso per te, sarai sempre preso di mira fino a cercare di annientarti. 
Sfinito potresti cedere e mettere fine al tormento, lasciarti plasmare e acconsentire a rimuovere ogni traccia del tuo essere, oppure ridere e innervosire chi ti sta di fronte.

Fuggire per un attimo, ecco ciò che facevo io. 
Una corsa a perdifiato con i miei cani fino al torrente e urlare forte, più forte possibile e poi piangere e lasciare che ogni goccia cadesse in quel torrente rumoroso, impetuoso e inquieto eppure amico. 
Abbracciare poi, gli unici esseri viventi che in quel momento potevano comprendermi, i miei cani, tornare e affrontare il "nemico". 

Conoscendo dunque il modus operandi di mio padre, avevo capito che avrei dovuto aspettare di essere maggiorenne prima di prendere qualsiasi decisione. 
Ingoiavo il rospo accettando le cose senza darlo troppo a vedere, perché non avevo a disposizione altre vie d'uscita.

Avevo perso le tracce di mia madre, non sapevo dove vivesse, che lavoro facesse, non la vedevo ormai da 8 anni e avevo tutta l'intenzione di ritrovarla per conoscerla, da donna a donna. 

Grazie ad una mia amica e alla sua famiglia, iniziai a fare un giro di telefonate ad alcune persone che la conoscevano e che, speravo, mi potessero dare un indirizzo o un numero di telefono. Dopo svariate telefonate senza successo, riuscii a rintracciare un ristorante in un'altra regione . 
Ricordo ancora il rumore del mio cuore che batteva all'impazzata quando una voce femminile rispose. 
Dissi chi ero e con chi volevo parlare e dopo pochi secondi sentii la voce di mia madre. 

Mi rendo conto  di non aver mai incriminato nessuno per come sono andate le cose tra i miei genitori. Il senso di abbandono, nonostante tutto pur essendo reale, è stato vissuto da me come indispensabile per crescere ed essere ciò che ora sono. 
Intimamente, probabilmente, me ne ero fatta una ragione;  ho sempre cercato di rispettare le motivazioni altrui anche se non le approvavo e mi facevano male, è stato un po' come dire: "sono finita in questa famiglia, che colpa ne ho, mica si può scegliere in che famiglia vivere. 
Ci sarà pur un perché!" 

Dopo quella telefonata, la mia priorità era quella di organizzare una vacanza da mia madre, ma prima, dovevo parlare con mio padre e la cosa mi turbava parecchio, conoscendolo avevo già ben chiaro in mente come avrebbe reagito. Ma la realtà a volte, supera la fantasia. 

Per natura non sono diplomatica, purtroppo o per fortuna, sono schietta e diretta e questa è la parte buona a mio avviso, che ho ereditato proprio da mia madre. 

Dunque, individuato il giorno "giusto" in cui lui era relativamente disponibile, gli ho spiattellato il fatto che per le vacanze estive sarei andata da lei. 
La faccia di lui me la ricordo ancora.
In quel nanosecondo so perfettamente cos'ha pensato. 
Con quella sortita stavo confrontando lui a mia madre. 
Lui, l'essere perfetto e superiore;  mia madre, che mi aveva abbandonato. 
Come osavo! 
Me la fece pagare, eccome. 

Qualche giorno dopo mi disse che sarei stata accompagnata dalla nonna dal medico per una visita. 
Perché mai dovevo andare dal medico, stavo benissimo. Poi, capii. 
Il medico in questione era uno psichiatra. 

Quel giorno è per me indimenticabile e mi viene ancora da sorridere a pensarci. 

Come da accordi, io e mia nonna a piedi andammo in centro per la fantasmagorica visita psichiatrica. 
Ero carica, non vedevo l'ora.
Avevo ormai 18 anni appena compiuti, non potevamo più zittirmi. 

Entrammo nella sala d'aspetto, poco dopo un uomo di mezza età in camice bianco aprì la porta dello studio e ci fece accomodare. 
Prima che mia nonna proferisse parola, dissi al medico che volevo parlare da sola con lui. 
Lui capì e fece uscire mia nonna non senza fatica, perché stava iniziando a dare di matto, dicendo che ciò che volevo dirgli erano tutte storie e "vedrai tuo padre, non la passerai liscia". 

Goduta ma al tempo stesso in apprensione, parlai dei miei progetti di vacanza e misi in evidenza la mia maggiore età. 

Il colloquio non durò più di dieci minuti, stringendomi forte entrambe le mani mi sorrise e mi rassicuro' : non mi giudicava pazza, ma soltanto libera di scegliere. 

Uscita dallo studio, mia nonna iniziò ad assillarmi, voleva sapere cosa gli avessi detto, io sorridevo e non parlavo. 
Poi è passata alle minacce verbali. 
Io sorridevo e non parlavo. 
Sentivo ancora le mani del medico sulle mie che mi davano forza. 

Per la cronaca, mia nonna è vissuta fino a 90 anni e non ha mai saputo. 

Torniamo ai giorni nostri :

Se una persona non si presta al gioco che il più "forte" ha deciso per te, sarai sempre preso di mira fino a cercare di annientarti. 
Ciò che il più "forte" non sa e non vuole comprendere per presunzione, è che la loro non è forza, è narcisismo patologico, sono persone tossiche, tentano continuamente di testare i nostri limiti.
Nel loro mondo, sono gli unici a poter avere sempre ragione e chiunque osi dire il contrario crea una ferita narcisistica che spesso sfocia in rabbia.

Quando si ha a che fare con persone aggressive, un aspetto cruciale è quello di tenere bene a mente quali sono i nostri diritti e riconoscere quando vengono violati. 
Questa presa di consapevolezza sui diritti umani è importante in considerazione del fatto che, se interagiamo a lungo con persone prepotenti e aggressive, rischiamo di dimenticarli o metterli in dubbio, invece abbiamo il dovere di pretendere i nostri diritti.

Di dimensioni diverse certamente, è esattamente ciò che sta capitando in questo momento storico. 

La cosa più importante è che le persone che amano manipolarci vogliono mantenere il controllo in qualsiasi maniera possibile. 

Ci isolano, mantengono il controllo sulle nostre finanze e i social, gestiscono al dettaglio ogni angolo della nostra vita, e il meccanismo più potente a loro disposizione per controllarci è di giocare con le nostre emozioni.

Più potere hanno sulle nostre emozioni, meno probabile che si riesca a fidarci della nostra realtà e della verità riguardo l’abuso che stiamo subendo.

La ricetta per tutti non c'è, ma credo fermamente sia necessario non arrendersi mai, avere un' ottima autostima, equilibrio e consapevolezza di sé, perché quando si riesce a comprendere di subire una sottomissione psicologica  la cosa migliore da fare è quella di combattere. 

Non  contro gli altri, ma contro noi stessi.  Se gli  altri si comportano così è perché vedono in noi una persona debole, remissiva. 

Allora come si dice, tirare fuori gli attributi ed iniziare a far vedere chi siamo veramente è necessario,  lavorando principalmente sulla nostra autostima ed iniziando  a comprendere che non siamo inferiore a nessuno, non siamo manipolabili.

Perdono ma non dimentico. 

Sto lavorando sul perdono. Perdonare è sicuramente il gesto più nobile per accettare che oltre a noi stessi, anche gli altri possono avere le proprie debolezze.
Non dimenticare ci rende  più consapevoli dei limiti di tutti, ci aiuta a riflettere sugli errori che facciamo e ai torti subiti; una ricerca di equilibrio tra i nostri bisogni e quelli altrui.


Morale : Chi riesce a vedere la situazione per intero e fugge alla manipolazione È OLTRE

Forse a volte è necessario mettersi a nudo per far capire alle persone che tutti noi abbiamo il dovere di provarci. 
La situazione che stiamo vivendo in questo momento storico è esattamente quella descritta da me, vissuta, in piccolo ovviamente, quindi dipende solo ed esclusivamente da ognuno di noi la sopravvivenza.

Purtroppo la gente non lo capisce, c'è poco da fare. 
Alla stragrande maggioranza delle persone piace essere manipolata... 
È tutto qui e spero con tutto il cuore di poter essere stata, con questo mio scritto, un esempio per spronare le persone a svegliarsi davvero. 
Dunque 🤷‍♀️ si salvi chi sa. 


“I miei muscoli erano doloranti e le picozze si ruppero. Io sentivo una musica oscura che martellava nella mia testa e un umore nero, suicida mi avvolgeva, eppure sentivo l’istinto di andare avanti. Se perdi il controllo, perdi”.
 (Mark Twight)

Purtroppo ci troviamo in questa situazione non per scelta e non possiamo sottrarci dal lottare se vogliamo sopravvivere.
Bisogna saper innanzitutto riconoscere la reale portata del problema, elaborare tra i tanti ostacoli fisici e mentali delle soluzioni alternative per poi valutare qual è il miglior piano per agire o reagire di fronte a tutte le difficoltà del caso. 

Cos'è il plagio: con “plagio” ( o “manipolazione mentale”) si intende il sottoporre un individuo al proprio volere, esercitando su di lui un particolare ascendente intellettuale e morale in modo da ridurlo in totale stato di soggezione, annientandone volontà e personalità  (Enciclopedia Treccani)

Il termine quindi si ricollega strettamente a quelli di manipolazione e persuasione attuate al fine di esercitare un’influenza totale sulla vita di un individuo. Risalta, nella definizione della Treccani, il termine “personalità” e il conseguente annientamento della stessa. Se ci si riflette, questo è ciò che più allarma: chi è sottoposto a plagio vede una modifica radicale, fino ad arrivare ad un vero e proprio annientamento, della propria personalità

Quest’ultima è ciò che caratterizza ogni essere umano, è il tratto distintivo di ognuno di noi e deriva da un’insieme di esperienze che viviamo dalla nascita e per tutto il corso della vita. L’influenza quindi va ad investire ogni ambito dell’esistenza: individuale, relazionale, affettiva, lavorativa e sociale.

Ad essere modificati sono i pensieri, i valori, le convinzioni e, non ultimo, i comportamenti.

Chi viene plagiato si sente impotente, l’impotenza deriva dalla percezione di aver subito qualcosa senza il proprio volere e senza poter agire diversamente.



Liberopensiero2019 






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