Torneremo più forti di prima #liberopensiero2019




TORNEREMO PIÙ FORTI DI PRIMA 

Seriamente: c’è qualcuno così sprovveduto da credere che Matteo Salvini, l’uomo che ha portato la Lega a decuplicare i suoi voti in una manciata di anni, si sia improvvisamente bevuto il cervello, sulla spiaggia del Pepeete? Davvero si pensa che il “capitano”, inesperto e pasticcione, si sia fatto mettere all’angolo, aprendo in modo avventato una crisi di cui lui, povero scemo, non ha saputo calcolare l’esito? Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si dichiara allibito dalla dabbenaggine di tanti narratori manistream: se c’è qualcuno che non vede l’ora di veder nascere il Conte-bis, assicura, è proprio Matteo Salvini. «Il motivo è palese, anche se a molti giornalisti sembra sfuggire: Salvini sapeva perfettamente di dover staccare la spina, perché il cappio gli si stava stringendo attorno al collo. Grazie a personaggi come Tria e Conte, che hanno sabotato le sue politiche, non sarebbe stato in grado di mantenere le promesse fatte all’elettorato. Il piano era quello: demolirlo politicamente, un po’ alla volta». Magaldi conferma l’analisi già fornita a ferragosto, allo scoppio della crisi: «Salvini non è solo, in questo suo sganciamento: è stato sapientemente consigliato». E ora aggiunge, a scanso di equivoci: «C’è chi gli ha suggerito, precisamente, come e quando rompere».
E’ pentito, Salvini? Al contrario: sa perfettamente che l’orrendo governo Conte-bis, l’accozzaglia inguardabile degli ex nemici Pd e 5 Stelle, è quello che ci vuole per aprire gli occhi agli italiani. E per dare tempo, alla Lega, di diventare una forza di Matteo Salvinigoverno più matura, all’altezza della situazione. Premessa: per quanto sia politicamente ripugnante, il mega-inciucio tra grillini e renziani è pienamente legittimo, sul piano costituzionale. «Non sono mai stato tenero con Mattarella, ma stavolta devo dire che è stato ineccepibile», dice Magaldi, in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Detto questo, lo spettacolo parla da solo: i poteri forti europei, di segno reazionario e anti-italiano, fanno a gara nel sostenere Conte, Grillo e Renzi. Sottinteso: il governo “giallorosso” non si azzarderà ad alzare la testa, restando sottomesso ai diktat dell’oligarchia del rigore che ha imposto il declino del paese sulla base della “teologia” neoliberista. Quello che forse sfugge, ai più, è che Salvini non aveva alternative: se non avesse abbandonato la navicella gialloverde, sarebbe strato travolto. Aveva contro tutti: gli evanescenti e ambigui 5 Stelle, e soprattutto il premier conservatore Conte, deciso a boicottare qualsiasi riforma. E in più remavano contro massoni come Tria, «pronti a dar retta solo a Draghi, a Visco, a Mattarella».
Era anche assediato, Salvini, in molti modi: dai media, da settori della magistratura. E non aveva modo di mettere in pratica le misure-chiave invocate dalla Lega, come l’abbattimento della pressione fiscale. Mossa obbligata: andarsene, lasciando agli avversari l’onere della crisi economica, di fronte all’opinione pubblica. Beninteso, aggiunge Magaldi: non è che Salvini sia senza macchia. «C’era anche lui, nel governo che non ha osato tener duro sulla richiesta decisiva di incremento del deficit, che avrebbe prodotto crescita e quindi ridotto l’incidenza percentuale del debito». Il capo della Lega «si è limitato ad abbaiare, senza davvero mordere». Stessa musica sull’altro capitolo decisivo per l’Italia: ottenere che siano stralciati dal computo della spesa gli investimenti strategici, «cosa che continua a non essere presente, nemmeno nel programma dell’ipotetico Conte-bis». Salvini, poi, «ha evidenziato enormi limiti anche in tema di immigrazione, insistendo solo sulla “pars destruens”, il blocco dei Conte e Macronporti, per costringere l’Ue a farsi carico del problema». Giusto, peraltro, ma insufficiente: se si vuole “studiare da statisti”, è meglio alzare lo sguardo oltre il Mediterraneo e progettare una politica di ampio respiro, che includa una diversa governance dell’Africa.
Velo pietoso, poi, sul cosiddetto sovranismo, il cui volto fallimentare è emerso in modo clamoroso nella solitudine di Salvini in Europa, anche di fronte all’elezione di Ursula von der Leyen. Meglio sarebbe stato se – anziché rincorrere il miraggio suicida di vecchie frontiere, l’una contro l’altra armate, il leader della Lega avesse sfidato l’Ue chiedendo una Costituzione Europea finalmente democratica. Al netto delle critiche, però, la notizia è che gli altri sono peggio: Salvini è l’unico ad aver difeso un’idea di democrazia sostanziale. E il fatto che ora si prepari al Vietnam dell’opposizione dura lo pone in una posizione di vantaggio. «Auspico che questo governo nasca, e posso dire che lo auspica anche Matteo Salvini», afferma Magaldi. «Posso aggiungere che c’è una sovragestione: ci sono Ur-Lodges neoaristocratiche che vogliono che questo governo nasca, perché pensano – ingenuamente (di errori ne stanno facendo tanti, per fortuna) – che in questo modo potranno ancora tenere bloccato il decadente e stagnante sistema italiano». Perché Magaldi spera che il governo-farsa, pilotato dall’estero, veda la luce? «Perché, o i camerieri e maggiordomi di Pd, 5 Stelle e dintorni avranno un sussulto e saranno loro stessi a liberarsi dei loro padroni (cosa poco probabile, e in quel caso sarà un bene per l’Italia), oppure sarà pacifico, agli occhi di tutti, che in Italia si vuole comprimere qualunque istanza di vera sovranità del popolo».
Sottolinea il presidente del Movimento Roosevelt: «Sovranità non significa sovranismo, ma democrazia sostanziale, compiuta, capace di dare prosperità a un paese che da troppi anni è condotto verso la rovina». E perché anche Salvini auspica – al contrario di quello che dicono i commentatori – che questo governo si faccia? «Perché è l’occasione migliore per mostrare la differenza tra il programma che la Lega “di nuovo conio” potrà fare, e quello che questi non sono in grado di fare». Ergo, «non c’è niente di meglio che lasciarli lavorare». Continua Magaldi: «Abbiamo avuto bisogno di vent’anni per vedere Berlusconi per Gioele Magaldiquello che era, un ciarlatano della politica: grande imprenditore ma ciarlatano in politica, grande raccoglitore di consensi ma pessimo governante. In compenso – aggiunge – ci abbiamo messo molto di meno, pochissimo, per vedere all’opera Renzi, che ora potrebbe essere il jolly che fa cadere il Conte-bis: va in questa direzione il suo recente messaggio indirizzato agli imprenditori, che sostiene di voler tutelare». Ecco perché Salvini, al contrario di quello che si pensa, guarda con favore alla nascita di questo governo: «Al suo interno c’è una grande litigiosità che non è personalistica, ma motivata dai troppi interessi contrapposti».
Brutto a vedersi, il fronte giallorosso. Da un lato i rottami del Pd, con l’incolore Zingaretti ostaggio di Renzi, e dall’altro gli altrettanto disastrati grillini: «Il Movimento 5 Stelle ha la necessità di tutelare le poltrone, e per contro rischia di vedere il suo elettorato fuggire verso la Lega o altri lidi». Per tutte queste ragioni, secondo Magaldi «questa è una situazione feconda». E delle tre ipotesi possibili (scartate le elezioni anticipate e la riappacificazione tra Lega e 5 Stelle) quella che sta nascendo «è la più favorevole per il sistema-Italia», in questo senso: «Finalmente, grazie alla mossa di Salvini, tutte le carte sono state scoperte: nessuno potrà più nascondersi dietro l’ambiguità». Sarà uno spettacolo istruttivo, il Conte-bis: «Che duri poco o un po’ di più, non importa. Ma dopo questa esperienza di governo, credo che gli italiani avranno chiarissimo il quadro: capiranno chi vuole cosa. E alla prossima tornata elettorale sapranno fare scelte più consapevoli e coraggiose». Del resto, sembrano aprirsi spiragli impensabili, oltre l’asfissiaEnrico Mentanaragionieristica dell’Uefinora difesa dal Pd e da Conte: Magaldi segnala che Enrico Mentana ha recentemente parlato della necessità di una “svolta rooseveltiana”, facendo eco al discorso che fece Paolo Savona, mesi fa, al Senato.
A parlare di orizzonte economico espansivo e progressista, fondato sull’investimento pubblico, finora – a parte Savona – erano stati gli economisti post-keynesiani della Lega, come Alberto Bagnai e Antonio Maria Rinaldi. Ora ci si mette anche l’ex socialista Mentana, direttore del telegiornale de La7? «Sono contento che nell’immaginario collettivo e anche nelle dichiarazioni di politici e giornalisti sia ormai sdoganata l’esigenza di approdare, presto o tardi, ad una prospettiva rooseveltiana», dice Magaldi. «Vediamo chi sarà capace di interpretarla». E intanto «in bocca al lupo a Giuseppe Conte, che sembra più indirizzato verso una prospettiva neo-lettiana». Il premier che piace alla Merkel e a Macron «sembra propenso a ripetere l’esecutivo Letta, che poi era la ripetizione del governo Monti», per cui «ha ragione Salvini a parlare di Monti-bis, più che di Conte-bis». Non durerà a lungo, in ogni caso: «Saremmo molto felici – chiosa Magaldi – se sulla via di Damasco la stella di Roosevelt illuminasse tutti, governo e opposizione, e finalmente si lanciasse un grande piano di investimenti, infrastrutture e rilancio dell’occupazione: questo è il futuro per cui bisogna combattere, al di là dei contingenti governi».

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