Gli studi scientifici che i mainstream media non menzionano
Uno studio dell’università di Harvard, pubblicato sull’European Journal of Epidemiology, effettuato analizzando dati provenienti da 68 stati e 2947 contee degli USA, riporta che l’incremento dei casi di Covid-19 non è correlato alla percentuale di vaccinazione [2]. Inoltre, riporta che quattro dei cinque paesi con la più alta percentuale di vaccinazione del pianeta, compresa tra 84.3% e 99.9%, venivano identificati (al momento della pubblicazione) come paesi ad alto rischio di contagio dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Uno studio effettuato nel Regno Unito su casi di variante Delta, pubblicato sulla rivista The Lancet Infectious Diseases, riporta che i soggetti completamente vaccinati hanno una carica virale paragonabile a quella dei non vaccinati e possono trasmettere efficacemente il virus all’interno degli ambienti domestici, anche a contatti completamente vaccinati [3]. Un recente studio danese (in fase di preprint, i cui risultati non sono quindi ancora ufficialmente pubblicati) ha addirittura riportato un’efficacia negativa della vaccinazione [4]. Più precisamente, i soggetti inoculati con il vaccino BNT162b2 di Pfizer e mRNA-1273 di Moderna avrebbero rispettivamente il 76.5% e il 39.3% di probabilità in più di contrarre la variante Omicron tre mesi dopo la vaccinazione (Fig. 4).
Questo studio ha fatto abbondantemente discutere e gli autori sono dovuti correre ai ripari ipotizzando che l’efficacia negativa possa essere dovuta al fatto che gli individui vaccinati, sottoposti allo studio, siano stati in grado di viaggiare di più e di avere più interazioni sociali rispetto ai non vaccinati e, di conseguenza, possano essere stati maggiormente esposti al rischio d’infezione. Possibile, tuttavia doveva essere proprio lo scopo dei vaccini quello di farci tornare alla normalità. In un articolo di corrispondenza alla rivista The Lancet, il professore tedesco Günter Kampf lancia un appello agli alti ufficiali amministrativi, facendo notare che la frase “pandemia dei non vaccinati” non è giustificata dai dati e che quindi non sussiste alcun motivo per discriminare chi non si vaccina [5]. Analogamente, in un articolo di corrispondenza alla rivista su The Lancet Infectious Diseases, lo specialista di malattie infettive, il professore Carlos Franco-Paredes, spiega che nonostante la vaccinazione riduca le probabilità di insorgenza di sintomi gravi e di ricovero in terapia intensiva, non sembra ridurre la trasmissibilità e di conseguenza le politiche riguardanti l’obbligatorietà della vaccinazione andrebbero riviste [6].
Fatti che dovrebbero far riflettere
Un gruppo di 40 psicologi, guidati dal dottor Gary Sidley, ha recentemente scritto alla commissione per la pubblica amministrazione e gli affari costituzionali del governo inglese, chiedendo l’apertura di un’inchiesta sulle pratiche di allarmismo, definite “irresponsabili e immorali”, che sono state applicate durante la pandemia e che hanno avuto un grosso impatto psicologico sui cittadini [7]. Probabilmente, dopo due anni di obblighi, di restrizioni e di allarmismo mediatico, molte persone si sono talmente aggrappate psicologicamente all’unica “ancora di salvezza” che gli è stata presentata, che si rifiutano subconsciamente di porsi il benché minimo dubbio sulla sua efficacia, arrivando addirittura a considerare una minaccia qualsiasi opinione contraria, per quanto affidabile. Tuttavia, Albert Bourla in persona, ovvero l’amministratore delegato della Pfizer, durante un’intervista su Yahoo Finance del 10 gennaio 2022, ha pronunciato pubblicamente le testuali parole, riferendosi alla protezione offerta dai vaccini contro la variante Omicron: «sappiamo che le due dosi del vaccino offrono una protezione molto limitata, se la offrono» [8]. Inoltre, a seguito di un’inchiesta federale nell’ambito di un Freedom of Information act (FOIA), la Food and Drug Administration (FDA) ha richiesto prima 55 e poi 75 anni di embargo per rilasciare tutta la documentazione fornita dalla Pfizer per l’ottenimento dell’autorizzazione per uso d’emergenza del vaccino [9,10]. Avete letto bene, la FDA ha chiesto tempo fino al 2096 per rilasciare dati che ha visionato e autorizzato in appena 108 giorni. La richiesta ha provocato le proteste anche di parte della comunità scientifica, come riporta un editoriale del prestigioso British Medical Journal [11].
La natura ha fatto il suo corso
L’arrivo della variante Omicron cambia radicalmente le “carte in tavola”. Personalmente, ho accolto come un’ottima notizia la comparsa di questa variante, che pare sia più contagiosa, ma molto meno letale [12]. Il processo di mutazione dei virus verso forme più infettive, ma meno mortali, è un processo naturale che potrebbe segnare la fine della pandemia. Vi faccio un breve esempio per spiegarvi il concetto di biologia evoluzionistica in modo semplice. Assumiamo che sul pianeta ci siano solo 100 persone. Un virus che provoca un’infezione con un alto tasso di mortalità, finirebbe per uccidere tutti i suoi ospiti, estinguendosi in breve tempo e quindi sarebbe un virus evolutivamente inefficiente. Lo “scopo” dei virus è quello di aumentare la propria fitness, e di conseguenza è vantaggioso essere il più innocui possibile verso gli organismi ospite, in modo da potersi replicare efficientemente [13]. La comparsa di una variante più aggressiva non costituisce un evento che si può escludere a priori, ma secondo il principio appena descritto la variante più infettiva e meno mortale tenderebbe comunque a prevalere. Ciononostante, la retorica ha pesantemente strumentalizzato la comparsa di questa variante, per creare ulteriore terrorismo psicologico e per promuovere prepotentemente la terza dose. Tuttavia, uno recente studio pubblicato su Nature, riporta che Omicron presenta 55 mutazioni nel genoma del SARS-CoV-2, 32 delle quali si trovano sulla sequenza che codifica per la proteina Spike [14]. Questo comporta una considerevole riduzione dell’efficacia dei vaccini ed è il motivo che ha spinto Pfizer ad adattare il proprio prodotto alla variante Omicron. La versione adattata dovrebbe essere pronta a marzo 2022 e secondo Ugur Sahin, amministratore delegato della BioNTech, richiederà altre tre dosi [15].
Epilogo
Da cosa può dipendere la correlazione tra la quantità di dosi di vaccino e l’aumentata probabilità di contrarre il SARS-CoV-2, riportata negli studi sopracitati? Sembra infatti che dopo una fase iniziale di protezione, l’efficacia dei vaccini diminuisca significativamente in breve tempo, riducendo le prestazioni del sistema immunitario dopo circa tre mesi (Fig. 4). È noto ormai da anni, che la stimolazione ripetuta del sistema immunitario può compromettere il suo corretto funzionamento, risultando in alcuni casi nell’insorgenza di processi di autoimmunità [16]. Inoltre, come ho menzionato precedentemente, la presenza di eventuali anticorpi non neutralizzanti, potrebbe competere con quelli che vengono prodotti dall’immunità naturale [17]. Non a caso, l’11 gennaio 2022 il capo della strategia vaccinale dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), Marco Cavaleri, ha rilasciato una conferenza stampa nella quale ha espresso seri dubbi sulla somministrazione ripetuta delle dosi di richiamo, che potrebbero «sovraccaricare il sistema immunitario» [18]. È solo un’ipotesi, ma questo potrebbe concorrere a spiegare perché Israele, una delle nazioni più vaccinate del pianeta, che al momento sta somministrando la quarta dose, presenta il più alto tasso di casi pro capite al mondo [19]. Il 6 gennaio 2022, il professore Ehud Qimron della Facoltà di Medicina dell’Università di Tel Aviv, ha scritto una lettera aperta al ministro della salute israeliano nella quale critica aspramente la gestione della pandemia [20]. Nella lettera, l’immunologo fa presente che alla fine la verità viene sempre a galla ed esorta il ministro ad ammettere pubblicamente il fallimento.
Non trovate davvero meritorio di riflessione il fatto che Israele, dove i manifestanti sono stati frustrati come bestie (Fig. 5a), oppure l’Olanda, la cui polizia aizza i cani contro la folla (Fig. 5b) nonché l’Australia, il famigerato paese “zero-Covid”, che applica misure di stampo militare (Fig. 5c), siano riuscite ad appiattire la curva dei casi sull’asse delle ordinate? Stiamo assistendo al teatro dell’assurdo. Sembra quasi che più le loro strategie si dimostrano fallimentari, più si accaniscono nell’applicarle, facendo ricadere la colpa del fallimento sui cittadini, che non sono abbastanza responsabili, ubbidienti e ligi alle regole. Una situazione tanto più paradossale perché intrapresa con ancor maggior determinazione dai governi mentre è diventata dominante la variante Omicron, che dalle prime stime sembra essere quasi cento volte meno letale della Delta [24].
Corretto sottolineare come il picco dei decessi sia per ora più basso rispetto ai picchi di aprile e dicembre 2020 (Fig. 6). D’altra parte sono ormai numerose le ricerche scientifiche che testimoniano la capacità dei vaccini nel ridurre ospedalizzazioni e morti tra le fasce di popolazione maggiormente a rischio.
Tuttavia, oltre ai vaccini, è corretto altresì notare che ci sono importanti fattori che possono aver contribuito: i) il virus è in continua mutazione verso forme meno mortali; ii) l’apparato sanitario ha accumulato due anni di esperienza nel trattare l’infezione.
Ci sono realtà diverse, come la Svezia, che non hanno scelto la strada dei lockdown e delle restrizioni; oppure paesi dell’Africa e del Sud America che essendo “figli di un Dio minore” non avevano le risorse per fare grandi accordi con Big Pharma [25]. Queste realtà, testimoniano che esistono soluzioni alternative che hanno comunque funzionato, a leggere i dati si potrebbe dire persino meglio, nel tenere sotto controllo la curva di decessi (Fig. 7).
Purtroppo, l’andamento della curva dei decessi cumulativi indica che, nonostante le misure prese, i decessi sono in aumento con una pendenza nettamente superiore rispetto ad alcuni paesi che hanno scelto di gestire la pandemia con strategie diverse, nei quali la tale curva ha raggiunto un plateau più rapidamente.
L’Italia sta continuando a percorrere la strada delle vaccinazioni perpetue tracciata da Israele, paese che ha sempre anteceduto di alcuni mesi il resto del pianeta, quanto a misure adottate e dosi somministrate. Tuttavia, la curva dei decessi di Israele, rappresenta la prova tangibile che dovrebbe far suonare i campanelli d’allarme (Fig. 8).
È come seguire una macchina che viaggia a 100 metri di distanza, la quale percorrendo una determinata strada cade in un burrone, ma noi invece di valutare l’opzione di frenare o svoltare verso altre vie, andiamo dritti verso quella direzione.
Recentemente, la Spagna ha lanciato un appello all’Europa per iniziare a considerare il Covid-19 come un’influenza [27]. L’Inghilterra ha revocato l’uso della mascherina nei mezzi pubblici, nei negozi e nelle scuole e sta addirittura pianificando di rimuovere l’obbligo vaccinale per i lavoratori del sistema sanitario nazionale [28, 29]. L’Irlanda sta valutando di rimuovere il Covid pass [30] e la Danimarca diventa il primo stato europeo a rimuovere tutte le restrizioni, dichiarando la pandemia fondamentalmente finita [31].
Alla luce di questa tendenza internazionale, ma soprattutto considerando i risultati riassunti in figura 7, su quale base i decisori stanno continuando con la linea dura, promuovendo l’obbligatorietà della vaccinazione, perlopiù con dei prodotti farmaceutici ormai “obsoleti” per ammissione di Pfizer stessa?
Sono un Biologo Strutturale devoto alla scienza e considero i vaccini una delle più grandi invenzioni dell’umanità, ma questi determinati vaccini presentano evidenti lacune dal punto di vista dell’efficacia e degli effetti collaterali, come testimoniano non 1, non 10, non 100, ma ben 1011 studi scientifici peer-reviewed [32]. Di conseguenza, a mio parere andrebbero consigliati nei casi evidenti in cui i benefici superino di gran lunga i rischi e sicuramente non ci sono i presupposti logici, scientifici e morali per renderli obbligatori.
Chiunque volesse provare a screditare la validità di questo articolo è invitato al sano confronto scientifico e soprattutto dovrà riuscire a confutare i risultati degli studi citati.
[di Panagis Polykretis – Biologo, PhD in Biologia Strutturale]
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