IL "NESSO DI CAUSA" IN VACCINOLOGIA

 

22 morti causati dal “vaccino” sono un numero enorme, mai visto con gli altri vaccini.

175 morti “indeterminati” sono ancora peggio perché le famiglie, oltre alla tragedia della perdita di un loro caro, non avranno l’indennizzo previsto dalla legge.

La “indeterminatezza” è prevista dall’algoritmo WHO (OMS) che ha stabilito un percorso a ostacoli difficilissimo da superare.

👇

Università di Verona, Dipartimento di Medicina, Sezione di Patologia generale.

Nota: Questo testo inedito è stato scritto per la relazione dell’Autore al convegno CONDAV tenutosi a Roma il 6 novembre 2019. Un lavoro in inglese sullo stesso tema è stato pubblicato nell’Aprile 2020 dalla Rivista internazionale F1000-Research (https://f1000research.com/articles/9-170).

Riassunto

L’analisi del nesso di causalità è una tappa fondamentale dello studio della sicurezza dei vaccini “post-marketing” ed è implicata nella definizione del danno da indennizzare qualora esso esiti in invalidità o decesso. Indipendentemente dal rapporto benefici/rischi di ciascun vaccino per la popolazione, alcune reazioni seguenti la vaccinazione sono “attese” e, in alcuni casi isolati, possono essere molto gravi. Il vaccino non è un “farmaco che cura”, ma agisce causando un processo infiammatorio che, a sua volta, serve per innescare la risposta immunitaria voluta. 

L’OMS ha proposto un percorso “a tappe” con cui sono analizzati gli elementi utili per confermare o escludere il nesso di causalità. Tale percorso, sintetizzato da un “algoritmo”, non è esente da possibilità di errore, se applicato in modo rigido e senza tener conto della complessità delle patologie infiammatorie e autoimmuni, che spesso sono non-lineari e multifattoriali. 

Come esempio delle problematiche di applicazione delle linee-guida OMS, si considerano alcuni singoli casi di decessi di bambini dopo la vaccinazione, descritti nei rapporti AIFA, in cui il nesso di causalità fu escluso per la presenza di “altra causa”. Tale esclusione, però, ha lasciato aperti alcuni interrogativi, che sarebbe opportuno chiarire per capire se il percorso valutativo abbia una sua logica scientifica. Il problema principale, sebbene non l’unico, è che la suddivisione tra “nesso consistente” e “ nesso inconsistente”, basata sulla ricerca di tutte le possibili “altre cause”, trascura il fatto che spesso esistono svariate con-cause. 

Secondo le vedute più moderne sulla patogenesi delle sindromi immunopatologiche e infiammatorie, locali e/o sistemiche, il vaccino potrebbe essere un fattore contributivo o scatenante, che determina la gravità e l’intensità del danno in alcuni soggetti predisposti da altre condizioni genetiche o acquisite. 

 Generalità sui danni da vaccino

Il problema dei danni gravi da vaccino a livello individuale va distinto dalla questione del rapporto benefici/rischi, che riguarda la popolazione in generale. Anche se per la popolazione - cioè sul piano statistico - fosse conveniente e raccomandabile vaccinarsi con tutti i vaccini disponibili, esisterebbero comunque singoli e (si spera) rari individui che subiscono più danno che beneficio. È più un problema di giustizia che di salute pubblica. Confondere questi due aspetti porterebbe a conseguenze deleterie: Chi considerasse solo il beneficio delle vaccinazioni nella popolazione, tenderebbe a negare l’esistenza di casi individuali di danno e quindi a sottostimarne l’importanza o persino l’esistenza («NEGAZIONISMO»). Tale posizione sacrifica il singolo per l’interesse (reale o presunto) della collettività. D’altra parte, chi considerasse solo il rischio di danno individuale tenderebbe a rifiutare sistematicamente la vaccinazione («ALLARMISMO»). Tale posizione porta a sottovalutare i problemi epidemiologici delle malattie infettive per la collettività. 

Le reazioni avverse ai vaccini (anche se ben preparati e iniettati correttamente) sono in un certo senso previste ed «attese»: “L’obiettivo della vaccinazione è quello di simulare il primo contatto con l’agente causale della malattia che vuole prevenire, stimolando il sistema immunitario a reagire agli antigeni specifici del patogeno, in questo modo inducendo una immunizzazione attiva alla malattia. Pertanto non è sorprendente che la vaccinazione possa portare a reazioni locali e sistemiche come il dolore o la febbre, a causa dell’infiammazione necessaria per attivare la risposta immunitaria” (dal sito “Epicentro” dell’ISS). 

Secondo l’OMS un danno da vaccino si realizza per tre motivi: o perché il prodotto è difettoso (mal preparato o mal conservato), o per errori di somministrazione, o perché il ricevente risponde in modo inappropriato (di solito eccessivo) allo stimolo infiammatorio e immunitario del vaccino. A giudizio dello scrivente, che ha esperienza di ricerca e didattica nel campo delle cause e meccanismi dell’infiammazione, quest’ultima evenienza è il caso più probabile e più plausibile (senza escludere le altre possibilità). Un vaccino ben preparato e iniettato secondo le regole può provocare reazioni avverse, anche gravi in alcuni soggetti “sfortunati”.

Si tratta di un argomento delicato e controverso, su cui pesano aspetti economici e la situazione di “conflitto” sociale e mass-mediatico sul tema dei vaccini, che porta facilmente le autorità sanitarie su posizioni di difesa “ad oltranza”. Il dramma delle famiglie che si trovano a gestire questa problematica è aggravato dalla rottura del rapporto di fiducia con i medici, causata anche dal documento della FNOMCeO del 2016 minacciante provvedimenti disciplinari verso i medici “dissenzienti”. Inoltre, la legge Lorenzin n. 119/2017 ha - di fatto - trasformato il medico e l’infermiere da consiglieri del paziente a esecutori di una legge dello Stato, a prescindere dalla professionalità e correttezza dei singoli operatori (vedi il libro dell’autore “Vaccini sì, obblighi no”, ed. Libreria Cortina, Verona 2017).

 La «causalità» in patologia

Le “cause” si distinguono in NECESSARIESUFFICIENTI E CONTRIBUTIVE. In genere le malattie più comuni nella società moderna sono “multifattoriali”, cioè hanno molteplici cause contributive, nessuna delle quali è necessaria e nessuna sufficiente da sola a causare la malattia in tutti i soggetti esposti.

 Per malattie comuni come il cancro, l’infarto del miocardio, il diabete, la depressione, le artriti, si conoscono molte “cause” (meglio parlare di “fattori di rischio”), ma se si osserva il problema causale nella singola persona, non si riesce ad identificare “UNA” singola causa, necessaria e sufficiente. Questo è, normalmente, anche il caso delle reazioni avverse ai vaccini, di tipo infiammatorio locale e sistemico e persino in quelle di tipo neurologico. Inoltre, è possibile che alcune componenti del vaccino, anche senza causare un danno diretto, si comportino da “antigeni” capaci di innescare la autoimmunità, in presenza di una suscettibilità individuale (vedi figura 1).

Malattie multifattoriali
Figura 1. Esempi di malattie che hanno una patogenesi “complessa”

La plausibilità biologica del danno da vaccino si spiega con il suo stesso meccanismo d’azione: una risposta abnorme ad uno stimolo in condizioni di suscettibilità individuale. Il soggetto che ha subito il danno da vaccino solitamente era portatore di un “rischio” costituito da un fattore predisponente – genetico o acquisito, più o meno noto – che però non era abbastanza “forte” da causare la malattia o la lesione. Con la vaccinazione, il sistema dell’organismo predisposto si è destabilizzato ed è emersa una reazione patologica. (A questa veduta non corrispondono i casi in cui il responsabile della lesione è un vaccino mal preparato o mal iniettato, ma di questi non si tratta in questa sede, anche per necessaria brevità).

 L’algoritmo OMS

La valutazione del nesso causale viene effettuata anche in Italia secondo le linee-guida dell’OMS (CAUSALITY ASSESSMENT OF AN ADVERSE EVENT FOLLOWING IMMUNIZATION- second edition – 2018) , che classificano gli eventi avversi in 4 categorie: • correlabile, quando l’associazione causale fra evento e vaccino e considerata plausibile, • non correlabile, in presenza di altra causa che può giustificare l’evento, • indeterminato, quando l’associazione temporale è compatibile ma le prove non sono sufficienti a supportare un nesso di causalità, per la presenza di fattori confondenti, • inclassificabile, quando le informazioni necessarie a effettuare la valutazione sono insufficienti.

Le linee OMS prevedono un “percorso a tappe” che è sintetizzato in un “algoritmo” (Figura 2):

  1. Ricerca di una “forte” (strong) causa alternativa (o “altra causa”): se si trova tale “altra causa” che spiega la patologia, l’evento avverso è giudicato “non correlabile” 
  2. Valutazione di vari altri aspetti di anamnesi e clinici, a sostegno o meno della plausibilità biologica e della finestra temporale
  3. Valutazione della letteratura: se la letteratura dimostra che quella malattia non può essere provocata dal vaccino, l’evento avverso è giudicato “non correlabile” e il nesso di causalità viene escluso. 
  4. Sintesi finale, in cui di nuovo si soppesano tutti gli elementi disponibili per determinare se c’è o no correlazione, oppure se il caso resta “indeterminato”
     
Algoritmo OMS
Figura 2. Algoritmo OMS per la causalità in vaccinologia

L’apparente “rigore” di tale procedura non è esente da aspetti critici. Il problema riguarda soprattutto la prima fase, in cui si cerca sistematicamente un’altra causa “forte” la quale, se trovata, escluderebbe il nesso di causalità. Tale concetto di “forza” non è definito e può essere equivocato. Infatti, un criterio di causalità forte si pone quando la causa patogena, ad esempio l'agente infettivo, è seguita «forzatamente» e con immediatezza dall'effetto patologico, cioè dalla malattia (causa sufficiente); mentre una causalità debole si ha quando la causa ha «forza minore», o «debolezza» relativa (causa contributiva, o con-causa)Come si è spiegato sopra, in presenza di molte cause, nessuna delle quali è necessaria o sufficiente nel singolo paziente a “causare” quella malattia, la vecchia idea di causa si trasforma nel nuovo concetto di «fattore di rischio».

Questo è un aspetto molto importante e non va by-passato, tanto che la stessa OMS nelle linee guida sottolinea che: “A volte ci sono più fattori che possono scatenare l'effetto (evento) o possono funzionare come co-fattori in modo che si verifichi l'effetto (evento)”. Se si considera la patologia da vaccino come un “eccesso” o un “disordine” delle reazioni ad un danno causato dalla introduzione parenterale di sostanze estranee e pro-infiammatorie, si deve concludere che, quando causano un danno patologico, i vaccini agiscono come cause contributive, assieme ad altri fattori genetici (suscettibilità, predisposizione) o acquisiti (altre infezioni, co-morbilità, più vaccinazioni simultaneamente, disordini intestinali concomitanti, stress psicologici, inquinamento atmosferico). Anche questi molteplici fattori di patologia, predisponenti o di suscettibilità, a loro volta sono da vedersi come cause contributive e non necessarie o sufficienti a causare l’evento avverso.

 La grande plausibilità biologica di tale prospettiva, che nasce dall’osservazione delle reazioni avverse da vaccino e dalla conoscenza della patologia e immunopatologia, fa sì che si debba precisare meglio il concetto di “forza” per sostenere che una “altra causa” possa aver rappresentato “LA” causa dell’evento avverso. La “forza” di una vera causa alternativa, che escluda il ruolo del vaccino, si deve stabilire non solo come “intensità” anche come “indipendenza” da un possibile effetto del vaccino. Si deve escludere l’interazione tra due cause. A questo livello di valutazioni giocano un ruolo importante la patologia generale, l’immunopatologia, la tossicologia, il laboratorio ed eventualmente l’anatomia patologica e la medicina legale. Ricordiamo che linee guida OMS raccomandano opportunamente che la valutazione del nesso di causalità sia fatta da un team multidisciplinare.

Un altro problema nell’analisi del nesso di causalità è il collegamento tra fase II e fase III. Anche se c’è plausibilità della responsabilità del vaccino e compatibile finestra temporale, la OMS propone di esaminare la letteratura per verificare se la patologia dichiarata sia già stata dimostrata o no come potenziale causa di danno da vaccino. Nelle spiegazioni di questo passaggio (“check list”) si fa intendere che la mancanza di una dimostrazione in letteratura della associazione tra una certa malattia e il danno vaccinale diventa motivo di esclusione del nesso di causalità. La mancanza di prova diventa prova della mancanza. Gli argomenti riportati come emblematici sono l’autismo e la SIDS e l’OMS sostiene che secondo la letteratura non possono essere causati dal vaccino. Ciò è alquanto discutibile per i seguenti motivi.

Precisamente, le linee guida scrivono che “no evidence exists of a causal association between MMR vaccine and autism or autistic disorders” e che “the committee concluded that vaccines did not cause SIDS.” Non sarebbe corretto utilizzare queste conoscenze come un criterio di causalità «tagliola», perché dire che mancano evidenze NON significa che ci siano evidenze della impossibilità di un evento in singoli pazienti. Infatti, gli studi epidemiologici citati nel documento possono escludere una associazione a livello di popolazione ma non escludere casi rari, soprattutto se la vaccinovigilanza non è efficiente al 100%. La questione non è semplice da definire con le attuali conoscenze scientifiche, anche considerando che la vaccinovigilanza è prevalentemente passiva e non adeguata. È indicativa, a questo proposito, la conclusione di una rassegna Cochrane del 2012 (primo autore Vittorio De Micheli): la associazione tra autismo e vaccinazione MPR è definita “improbabile” (comunque non è esclusa categoricamente), ma “La progettazione e la comunicazione dei risultati sulla sicurezza negli studi sui vaccini MPR, sia pre- che post-marketing, sono in gran parte inadeguate. L'evidenza di eventi avversi a seguito di immunizzazione con il vaccino MPR non può essere separata dal suo ruolo nella prevenzione delle malattie bersaglio.” Tali conclusioni sono confortanti nel senso che, se l’associazione è “improbabile”, è ingiustificato qualsiasi allarmismo della popolazione e un bambino altrimenti sano “probabilmente” non dovrebbe avere rischio aggiuntivo di ammalarsi di autismo a causa del vaccino. Resta da chiedersi come, pendente l’incertezza sulla sicurezza del vaccino, si possa escludere sistematicamente un’eventuale responsabilità del vaccino MPR nel contribuire allo sviluppo di un’encefalopatia e sintomi compatibili con lo spettro autistico, almeno in alcuni singoli soggetti predisposti da altri fattori di tipo genetico (circa un quarto dei casi di autismo hanno una base genetica anche se solo in rari casi è totalmente genetica) o acquisito (es. inquinamento, disordini del microbioma).

Per quanto riguarda la SIDS (altrimenti chiamata SUDC, sudden unexplained death in childhood), le considerazioni sono in parte diverse. La SIDS (o SUDC) è rigorosamente definibile come «morte in culla NON SPIEGATA da cause notee neppure dall’autopsia». La letteratura prevalente, come giustamente riportato da OMS, dice che non c’è associazione tra SIDS o SUDC e vaccinazione. Ciò è del tutto ovvio, perché se in un caso di «morte in culla» non c’è alcun sintomo di particolari malattie, né alcun reperto autoptico che possa evidenziare la causa, ciò significa che si tratta veramente di SIDS o SUDC e – al momento - non c’è alcuna causa e quindi nemmeno si può provare il ruolo del vaccino. D’altra parte, ciò NON ESCLUDE che una reazione violenta al vaccino, in soggetti particolarmente fragili, possa essere causa di morte. Esclude solo che possa essere causa di SIDS o SUDC. Se ci sono evidenze anamnestiche (esempio febbre molto alta, convulsioni, distress respiratorio, sincope) e anatomo-patologiche di una forte reazione infiammatoria post-vaccinica (es. congestione cerebrale o polmonite, isolamento di virus vaccinico, notevole aumento di alcune citochine nel sangue), l’eventuale ruolo patogenetico del vaccino è probabile o almeno plausibile. La conseguenza, paradossale ma logica, di queste considerazioni è che, se l’algoritmo OMS (o l’AIFA, o un tribunale) esclude categoricamente la SIDS come possibile effetto del vaccino, d’ora in poi chi ritenesse di aver subito tale tragedia per un effetto del vaccino dovrebbe provare che non si tratta di «SIDS», pena l’esclusione “automatica” del nesso di causalità.

A riguardo dello schema proposto da OMS, si deve anche segnalare che nella figura dell’algoritmo pubblicata nella versione del 2018 manca la scritta “No” nella freccia che collega la fase II della “finestra temporale” e la fase III della “forte evidenza contraria”. Difficile dire se si tratta di un errore o di una scelta, ma una cosa è certa: la scritta “No” su quella freccia era presente nell’algoritmo pubblicato nel 2013 ed è sparita nel 2018. Questa mancanza può indurre in equivoci, perché colla versione attuale chi segue l’algoritmo alla lettera è impedito di concludere col passaggio IIA (“nesso causale consistente”) e deve per forza procedere alla fase III “criterio tagliola”. In tal modo si vanificherebbe ogni possibilità di pervenire alla conclusione IIA. Tale procedura non sarebbe giusta, perché “sbilancerebbe” la scelta verso la esclusione del nesso di causalità. Per evitare tali equivoci, sarebbe più corretto e logico che venisse abolito il passaggio III (o almeno attenuata la sua funzione di criterio “tutto o nulla”) e si considerasse la letteratura “nell’insieme” delle evidenze emergenti dalla clinica del caso individuale e dalle conoscenze epidemiologiche sulle diverse malattie, come è previsto nella fase IV.

Un riassunto schematico dei possibili suggerimenti migliorativi nella procedura di valutazione del nesso di causalità è proposto in figura 3.

Algoritmo corretto
Figura 3. Alcuni suggerimenti migliorativi per rendere il percorso dell’ALGORITMO più COERENTE con le conoscenze scientifiche sulle reazioni avverse ai vaccini di tipo infiammatorio e immunopatologico

Domande sui decessi di quattro bambini riportati nei rapporti AIFA

Il primo passaggio “per esclusione” della procedura OMS può essere fonte di errori se mal interpretato quando la situazione clinica o l’autopsia non è chiara. Errore di valutazione sarebbe considerare come “altra causa” qualsiasi altra patologia che possa essere presente al momento della vaccinazione. Ciò non sarebbe corretto, perché di solito le reazioni avverse al vaccino sono fenomeni multifattoriali, che coinvolgono una serie di condizioni di predisposizione al danno e il vaccino rappresenta una condizione contributiva o scatenante, o peggiorativa.

Per illustrare come l’applicazione dell’algoritmo OMS sia difficile e potenzialmente soggetta ad errori, vengono presentati alcuni casi esemplificativi in cui il decesso di bambini è avvenuto a breve lasso di tempo dopo la vaccinazione, utilizzando i rapporti AIFA relativi al 2016, 2017 e 2018. In tutti i casi riportati il nesso di causalità fu escluso per la presenza di “altra causa”. Si formulano alcune domande di chiarimento, in assenza del quale si evidenzierebbe un forte rischio di errate interpretazioni. Le principali questioni poste sono a) se la “altra causa” alternativa era sufficientemente chiara e “forte” come diagnosi e come possibile causa del decesso o b) se potesse sussistere o no una plausibile interazione tra le altre condizioni cliniche e l’azione biologica del vaccino. Va precisato che chi scrive non ha elementi di giudizio che non siano quanto riportato nei rapporti AIFA e non ha alcun interesse o coinvolgimento personale in detti casi. Non intende quindi contestare la decisione finale sul piano medico-legale, bensì utilizzare quanto scritto come esempio pratico di alcune criticità dell’algoritmo. 

Caso n. 1, citato in Rapporto AIFA 2017 per il 2016: «Neonata pretermine (nata a 34 settimane di età gestazionale), vaccinata a 11 settimane con Infanrix Hexa, Prevenar 13 e Rotarix. (…). Il decesso si è verificato dopo circa 20 ore dalla vaccinazione, per morte improvvisa classificata dal segnalatore come “morte in culla”. L’approfondimento autoptico ha rilevato segni di congestione polmonare e meningea e un reperto di vacuolizzazione epatica compatibile con malattia del metabolismo lipidico. Il nesso di causalità è risultato non correlabile con la vaccinazione, per riscontro di altra possibile causa nota di morte (difetto congenito del metabolismo lipidico) [bibliografia 1-3].» Commenti: In questo caso non pare chiaramente descritto il ruolo dell’“altra possibile causa nota di morte”. Il reperto autoptico di “vacuolizzazione epatica” è solo «compatibile» con malattia del metabolismo lipidico, ma certo non è una diagnosi precisa. Visto che l’autopsia evidenziato “congestione polmonare e meningea», come si concilia tale reperto con un eventuale difetto congenito del metabolismo lipidico, che fino a quel momento non risulta avesse dato sintomi e non era neppure diagnosticato? Per giustificare la possibile “morte in culla” è poi citata in bibliografia n. 3 la variante genetica apoEe4 (Becher JC et al. Early Hum Dev. 2008;84(8):549-54), lasciando ad intendere che questo difetto potrebbe essere causa di SIDS. Tuttavia, ad un’attenta lettura del lavoro citato, la apoEe4 ha una prevalenza uguale nei bambini con SIDS e in bambini sani. Inoltre, non risulta che la apoEe4 provochi vacuolizzazione epatica. Infine, nell’ipotesi che la bambina avesse una malattia del metabolismo lipidico, come si esclude che 3 diversi vaccini iniettati simultaneamente possano essere stati la causa scatenante, visto che sono stati rilevati segni di congestione polmonare e meningea (più compatibili con infiammazione sistemica che con malattia del metabolismo lipidico)? E’ noto che un distress respiratorio è descritto come reazione avversa all’esavalente e l’encefalite (ricordiamo la congestione meningea) in casi rari è stata associata a vaccinazione (Ball, R. et al. J Clin. Epidemiol. 2001; 55, 819-824). C’è da chiedersi se, in un caso come questo, l’”altra causa” sia “forte” tanto da escludere il possibile effetto del vaccino.

Caso n. 2, citato in Rapporti AIFA per 2016 e 2017: «Infante di 20 mesi vaccinato con Neisvac-C. Dopo due giorni dalla somministrazione del Neisvac C, riferito rialzo febbrile seguito dopo qualche ora dal decesso. Il segnalatore riporta che, al momento dell’intervento dei sanitari, è stato possibile solo constatare la morte. Il decesso è stato diagnosticato come “morte improvvisa inspiegata dell’infanzia” (Sudden Unexplained Death in Childhood, SUDC) conseguente a “iporeattività iperpiretica” in corso di infezione respiratoria a etiologia virale e temperatura corporea al momento del decesso di 41°C, insorta dopo 52/53 ore dalla vaccinazione. Considerata questa valutazione, il nesso di causalità risulta “non correlabile” alla vaccinazione per la contemporanea presenza di altra causa.» Commenti: La SUDC è “la morte improvvisa e inattesa di un bambino di età superiore a 1 anno postnatale che rimane inspiegabile dopo una revisione della storia clinica e delle circostanze della morte e dell'esecuzione di un'autopsia completa”( Hefti, M.M. et al. Forensic Sci Med Pathol. 2016; 12, 4-13 2016). Pertanto, come si concilia tale «diagnosi» di SUDC con la “infezione respiratoria a eziologia virale”? O si tratta di infezione respiratoria, o di SUDC. Su quali basi si è potuto affermare che si sia trattato di “eziologia virale”, visto che il report 2016 scrive che “al momento dell’intervento dei sanitari, è stato possibile solo constatare la morte”? E’ stato isolato un virus? Cosa significa “iporeattività iperpiretica”? Trattasi di una condizione che non è descritta nella letteratura scientifica internazionale. Vi sono infine plausibilità biologica e finestra temporale compatibili con il ruolo patogeno del vaccino: una forte febbre è conseguenza molto comune (1-7% dei casi) della vaccinazione con Neisvac-C e che può insorgere nei primi 6 giorni. Perché si è escluso il nesso senza considerare il vaccino almeno come causa “contributiva”?

Caso n. 3, citato in Rapporti AIFA 2016 e 2017: «Arresto cardiopolmonare e distress respiratorio in una neonata di 4 mesi, vaccinata con Infanrix Hexa, Prevenar 13 e Rotarix. Il decesso si è verificato tre giorni dopo la vaccinazione per riferito distress respiratorio e arresto cardio-circolatorio. Nel corso degli approfondimenti autoptici è stata evidenziata una polmonite interstiziale-atipica a etiologia virale, con linfocitosi periferica e infiltrato di elementi linfo-mononucleati negli spazi interstiziali. La patologia polmonare giustifica l’evoluzione clinica verso l’insufficienza respiratoria acuta alla base del decesso non correlata alla precedente vaccinazione. In base a questi dati, il nesso di causalità risulta “non correlabile” alla vaccinazione per la contemporanea presenza di altra causa.» Commenti: Qui c’è il problema della diagnosi corretta di “altra causa”. Ricordando che le cause più frequenti di polmonite interstiziale atipica sono batteriche, come è stata fatta la diagnosi di “eziologia virale”? Quale virus è stato isolato? Come si concilia tale diagnosi col fatto che di solito la polmonite atipica non presenta un quadro di leucocitosi periferica? La letteratura non esclude che potrebbe trattarsi di un caso di polmonite interstiziale rapidamente progressiva post-vaccinica, visto che un quadro di polmonite interstiziale è stato già riportato in un paziente dopo vaccinazione DPT (Biru, N. et al. Am. J. Resp. Crit. Care Med. 2018;197:A6582) e 2 dopo vaccinazione antiinfluenzale (Hibino, M. et al. Intern. Med 2017; 56, 197-201). Infine, c’è il problema della possibile interazione tra 3 diversi vaccini e eventuale “polmonite virale” (se si fosse isolato un virus): Come si può escludere che la vaccinazione con ben 3 vaccini simultaneamente ( di cui alcuni sono noti poter provocare, sebbene raramente, reazioni avverse con patologie respiratorie, collasso e anafilassi) possa aver contribuito al distress respiratorio e/ o all’arresto cardiocircolatorio? C’è da chiedersi se, in un caso come questo, l’”altra causa” sia “forte” e sicuramente “indipendente” dal possibile effetto del vaccino.

Caso n. 4. Non numerato nel rapporto AIFA 2018: Reazione avversa grave a vaccino esavalente più antipneumococcico, il cui decesso è risultato «non correlato sulla base delle informazioni disponibili:
«Paziente di 6 mesi di sesso maschile, affetto da sindrome di Down e cardiopatia congenita diagnosticata come tetralogia di Fallot associata a canale atrioventricolare completo tipo A Rastelli, già soggetto a crisi ipossiche in relazione a stimoli parafisiologici.» Commenti: La sindrome di Down di per se stessa non causa la morte, la tetralogia di Fallot si, ma (almeno da quanto si legge) qui manca la diagnosi di morte, vale a dire la prova che la malformazione congenita abbia provocato la morte in quella occasione. E’ stata fatta un’autopsia? Si è trattato di una crisi ipossica con cianosi, iperpnea, sincope, oppure sono stati rilevati segni di infiammazione sistemica, polmonare o cerebrale? C’era febbre? Il problema è notevole perché se ci fosse stata infiammazione (segnalata da febbre), sussisterebbe la plausibilità biologica dell’interazione col vaccino. In un bambino che ha certamente una forte fragilità fisiopatologica di base («crisi ipossiche in relazione a stimoli parafisiologici») , come si può escludere che la vaccinazione con esavalente e antipneumococcico simultaneamente ( di cui entrambi notoriamente possono provocare reazioni avverse con patologie respiratorie e quindi crisi ipossiche) possa aver contribuito all’arresto cardiocircolatorio? In un caso come questo, l’”altra causa” pare “forte”, ma risulta difficile, almeno con le informazioni disponibili, escludere un possibile effetto scatenante o con-causale del doppio vaccino.

Questi casi, riportati a scopo esemplificativo, mettono in luce come esista un problema generale: un soggetto molto “fragile”, vale a dire affetto da una condizione di malattia che lo predispone ad una reazione patologica al vaccino, ha un rischio più alto di reazioni avverse. Ciò pare quasi ovvio, ma crea problemi nel riconoscimento del ruolo con-causale dei vari altri fattori possibilmente coinvolti. Da questo punto di vista, il rischio di reazioni immediate che corre un bambino allergico ad un antigene del vaccino o ad un eccipiente è dello stesso tipo del rischio che corre un bambino cardiopatico o con sindrome di Dravet (epilessia grave dell’infanzia, che notoriamente può essere scatenata dal vaccino). Se l’evento di cui esiste un rischio aumentato si realizza, la “causa” sta SIA nella condizione predisponente CHE nella vaccinazione. Ciò significa che non sarebbe scientificamente corretto concludere per un nesso causale “inconsistente”. Bisogna fare attenzione, però, a non confondere le due prospettive: un conto è il rischio/beneficio della vaccinazione, altro conto è il riconoscimento (ed eventuale indennizzo) di un nesso con-causale tra evento avverso e vaccino. Il fatto che un bambino o una bambina siano portatori di un rischio accresciuto di vaccinazione, non significa che egli/ella non debbano essere vaccinati. Il rapporto rischio/beneficio va soppesato a livello individuale con cura e precisione, considerando soprattutto l’incidenza e la gravità delle malattie cui sarebbero esposti se non vaccinati. Purtroppo, a tale cura non contribuirebbe chi sostenesse che “i vaccini sono i farmaci più sicuri che abbiamo” o “i morti da vaccino non esistono”, né chi sostenesse che “i vaccini sono pericolosi e non servono a niente”. Neppure giova, purtroppo, la nuova legge sull’obbligo vaccinale, che ha acuito i conflitti sociali, ha minato la fiducia tra medico e famiglie, ha limitato le possibilità di scelta consapevole e di esenzione, ha lasciato molti bambini sanissimi fuori dalla scuola materna. Per di più con dubbi risultati sul piano epidemiologico, vale a dire del controllo reale delle malattie infettive che i promotori dicevano di voler ridurre o eliminare.

Prospettive e suggerimenti

La prospettiva adottata in questa relazione implica che normalmente diverse con-cause contribuiscono ad un evento avverso seguente la vaccinazione, non possono essere considerate “cause” necessarie e sufficienti dell’evento stesso, se non in casi molto particolari. La distinzione tra “correlabile” e “non correlabile” è una distinzione “tutto o nulla” e potrebbe applicarsi certamente ad alcuni casi, ma diviene forzata quando si veda la reazione avversa al vaccino come un processo complesso e multifattoriale, in cui sia le condizioni predisponenti sia il fattore scatenante siano cause contributive con diversi meccanismi patogenetici. Ad esempio, se un bambino cardiopatico grave muore il giorno dopo la vaccinazione, che ha comportato forte rialzo febbrile e/o difficoltà di respiro, l’ipotesi più plausibile è che l’effetto sia stato determinato dal “concorso” di due fattori, entrambi importanti e interagenti, ma nessuno dei quali potrebbe spiegare l’evento senza l’altro. 

Per evitare errori di interpretazione, bisognerebbe che nelle linee guida OMS (o nella versione italiana) venisse precisato che la “altra causa” menzionata nella tappa n. I, forte al punto tale da escludere totalmente qualsiasi associazione dell’evento avverso colla vaccinazione, andrebbe considerata motivo di esclusione del nesso di causalità non solo quando è clinicamente seria, ma anche quando è indipendente dal vaccino. In altre parole, bisognerebbe escludere che la condizione presente nel soggetto al momento del danno sia un fattore causale capace di interagire col vaccino, esaltandone la potenzialità patogena. Solo in tal caso sarebbe corretto escludere l’associazione tra patologia riscontrata e azione del vaccino. Alcuni eventi avversi riportati da AIFA suggeriscono maggiore attenzione al problema della somministrazione contemporanea di più vaccini in soggetti portatori di condizioni di suscettibilità per la compresenza di altri fattori di rischio.

Per l’inerente complessità della patogenesi delle reazioni vaccinali, una certezza assoluta del ruolo causale di un fattore predisponente o scatenante è difficile, ma spesso è pure difficile escluderlo. Utilizzando pedissequamente l’algoritmo OMS, è probabile che questi eventi finiscano come “non correlabili” o “indeterminati”. La conclusione “indeterminato” potrebbe raccogliere molti casi in cui plausibilmente il danno da vaccino potrebbe esserci stato come con-causa, ma non vi è neppure la certezza assoluta oppure sono poco rappresentati in letteratura. L’indeterminatezza, per i richiedenti l’indennizzo, equivale in pratica alla conclusione di “non correlabile” ed è quindi potenzialmente motivo di ingiustizia. Quest’ultimo problema, con aspetti umani e economici, potrebbe essere affrontato, ad esempio, prendendo in considerazione due possibili ipotesi: a) assegnare l’indennizzo anche se la conclusione della commissione sul potenziale ruolo del vaccino è “indeterminato” o “incerto” e comunque non può essere escluso, almeno nei casi più gravi, oppure b) la commissione valutativa potrebbe stimare il contributo del vaccino alla patologia secondo una scala (ad esempio basso, medio alto) e tale valutazione potrebbe tradursi in diverse fasce di indennizzo rispetto al massimo previsto. Ricordiamo che qui non si sta discutendo il rapporto beneficio/rischio dei vaccini nella popolazione, ma se singole persone sfortunate - che magari anche solo “probabilmente” hanno subìto un danno grave dalla vaccinazione- meritino essere riconosciute e indennizzate.

FONTE 

Commenti

I più letti della settimana

Deagel... E i conti tornano... La stima della popolazione mondiale nel 2025 è agghiacciante

Forum speciale di JEADV COVID-19

“Deep State Usa, tra pedofili e satanisti strafatti di Adrenocromo”

Come eliminare l’ossido di grafene dal corpo?

Luciferasi

E intanto... Le varianti continuano, ora tocca a CAMERUN

Sbarchi migranti, il report shock: siamo il campo profughi d’Europa

Barbara Balanzoni : “Ecco cosa non vi dicono sul vaccino”

⚠️ ATTENZIONE! ⚠️ DA SENATO DELLA REPUBBLICA

Oltre 1.000 studi scientifici dimostrano che i vaccini Covid sono pericolosi