Un NO sociale a tutti i partiti uniti

 Sono più di vent’anni che la classe politica cambia e prova a cambiare la Costituzione. [Di seguito 3 MOTIVI per il NO (tra gli altri!)]

Il centrosinistra, il centrodestra, entrambi più i cinquestelle, alla fine giungono sempre alla stessa conclusione: siccome non si vuole cambiare politica, si cambiano le regole costituzionali facendo credere che così cambierà tutto.

Tanta gente speranzosa ci casca, vuoi vedere che se si riducono i parlamentari aumenteranno gli ospedali ed i posti di lavoro? E naturalmente chi si oppone, chi dice che il problema non è la Costituzione, ma una classe politica indecente che ha rinunciato ad applicarla, viene tacciato di conservatorismo, di essere attaccato ai privilegi, di non voler cambiare. Ricordate Renzi nel 2016? Parlava esattamente come i ministri cinquestelle oggi, che però sono stati più furbi di lui.

Infatti la controriforma della Costituzione stavolta è stata votata da tutti, non ha nemici tra i partiti, da Zingaretti a DiMaio a Conte a Salvini a Meloni a Berlusconi sono tutti d’accordo. Così è difficile che il NO vinca, governo opposizione giornali banchieri padroni economisti ufficiali sono tutti per il SI.

I 945 parlamentari attuali sono praticamente tutti d’accordo di diventare 600. Quale altruismo,  che senso dello stato, lo stesso degli onorevoli che hanno chiesto i 600 euro, tutti fautori della riforma. 
Ma se tutto il palazzo  vuole la riforma come si fa a dire che essa è contro il palazzo? E chi sono i nemici di questa riforma voluta da tutti? 

I nemici siamo noi. Noi che appena sentiamo il palazzo parlare di riforme,  prevediamo che arrivi una fregatura per chi ha meno reddito e potere. Noi che pensiamo che se i parlamentari saranno meno, sarà ancora più facile controllarli per i padroni dei partiti; e ci vorranno ancora più soldi e appoggi  potenti per essere eletti. 

Noi che che denunciamo che ancora una volta la politica si inventa una controriforma della Costituzione per sistemare poltrone e fare tutto come e peggio di prima. 
Volete cambiare? Riducete la disoccupazione, sprechi e ruberie, la  devastazione ambientale, i  danni alla salute, i morti sul lavoro, le spese militari, le ingiustizie sociali. 

Volete ridurre i costi del Parlamento? Tagliatevi i vostri lauti stipendi che tanto poveri non ci diventate! E invece questo certo non lo farete, voi partiti tutti uniti e per questo ora spiegate che tagliando un poco di Costituzione per voi, le cose andranno meglio per noi. 

Ancora una volta voi partiti uniti volete depistare, volete coprire i drammi sociali con un taglio di onorevoli. Che felicità per i lavoratori della WHIRLPOOL che il 31 ottobre saranno a spasso, sapere che anche qualche parlamentare ? Nel futuro lo sarà. Con la differenza che l’operaio che perde il posto finisce nel vuoto, mentre l’onorevole si risistema. 
tutti,


Non bisogna cascarci, bisogna votare NO alla controriforma proprio nel nome della questione sociale sempre più ignorata e offesa, un NO sociale ai partiti uniti.

Di Giorgio Cremaschi 
L'Antidiplomatico

3 MOTIVI per il NO


Comitato referendario per il NO al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre 2020


Perché NO!
Il Comitato "3 MOTIVI per il NO" nasce per promuovere il voto "NO" nel referendum costituzionale del 20 e 21 settembre 2020, confermativo della riforma varata con Legge Costituzionale pubblicata in G.U n. 240 del 12/10/2019, con particolare riferimento a 3 MOTIVI, selezionati tra le tante buone ragioni per opporsi alla riforma, in quanto illustrano indubbi e clamorosi svantaggi derivanti dalla riduzione dei parlamentari, che potrebbero essere al più controbilanciati da ipotetici (e invero inesistenti) vantaggi, ma che non possono assolutamente essere negati.
I 3 MOTIVI sono stati inoltre individuati in ragione del fatto che risultano agevolmente comprensibili da tutto il Popolo italiano, in quanto pressoché privi di elementi di carattere tecnico e, per di più, palesemente di grande rilievo e impatto emotivo, dunque utili alla battaglia referendaria.
« Non è... che si vorrebbe conservare l'attuale numero dei deputati per rispetto ad una tradizione, ma perché la diminuzione del numero dei componenti... sarebbe in Italia interpretata come un atteggiamento antidemocratico, visto che, in effetti, quando si vuole diminuire l'importanza di un organo rappresentativo s'incomincia sempre col limitarne il numero dei componenti, oltre che le funzioni » 

Umberto Terracini (foto),

Presidente dell'Assemblea Costituente e 
primo firmatario della Costituzione voterebbe NO!

Territori senza eletti 
La riduzione dei parlamentari lascerà per sempre senza rappresentanza molti territori che oggi o eleggono (almeno) un parlamentare o hanno possibilità di eleggerlo e, quindi, talvolta riescono ad eleggerlo e talvolta no: valli alpine, contrade collinari di borghi che non si raccolgono attorno a una media città, ma al più a una piccola cittadina, isolate zone appenniniche, in generale province o parti di province non densamente popolate rispetto ad altre. 
Questi territori tenderanno a divenire politicamente marginali: saranno colpiti dai tagli, in luogo dei territori rappresentati; e beneficeranno di minori spese rispetto a territori vicini, che invece troveranno tutela nei loro rappresentanti.I cittadini che li abitano si sentiranno impotenti, abbandonati e, alla resa dei conti, cittadini parziali. 
Addirittura intere province con poca popolazione, anche se di grandi dimensioni, potrebbero non riuscire ad eleggere un senatore (è il caso di Rieti per esempio). 
Peraltro, non sono soltanto i cittadini dei territori demograficamente marginali a dover votare “NO” per difendere i loro interessi. Non è giusto, infatti, che i cittadini che vivono inurbati e che continuerebbero ad eleggere rappresentanti in Parlamento, si disinteressino egoisticamente dei tanti cittadini che vivono in aree non densamente popolate. 
Un regalo alla "Casta": i cittadini condannati a scegliere il "meno peggio"
Gli italiani, di “sinistra” o di “destra” o di “centro”, non stimano i partiti attuali: i cittadini votano i partiti turandosi il naso, considerandoli soltanto meno peggiori di altri partiti; i cittadini spesso votano contro partiti e contro leader politici, invece che per convinta adesione e stima dei partiti e dei politici che immeritatamente premiano con il voto. 
Tutti attendono che la politica italiana sia sconvolta da qualcosa di nuovo, di valido, di storico. Tutti siamo convinti che il sistema di formazione e selezione della classe dirigente sia saltato e che la attuale classe dirigente sia di qualità modestissima, oltre che espressione di una vera e propria “Casta”, nella sostanza un “Partito Unico” portatore di interessi elitari, lontani dalle vere esigenze dei cittadini. 
Una “Casta” che nel corso degli ultimi decenni ha programmato e realizzato una serie di riforme destrutturatrici del nostro impianto costituzionale, perdipiù rendendo sempre più difficoltosa la partecipazione dei cittadini all’attività politica al di fuori delle formazioni espressione di quel “Partito Unico” al potere. 
La speranza che molti italiani hanno riposto nel M5S, palesemente dimostra che il Paese ha bisogno di nuovi partiti che siano realmente popolari, quindi portatori delle istanze dei ceti più deboli, da troppo tempo non rappresentate in Parlamento. 
Ebbene, con la riforma, pur lasciando inalterata la soglia di sbarramento al 3%, di fatto sarebbe necessario, per una nuova forza politica, raggiungere, nelle diverse circoscrizioni, percentuali oscillanti tra il 5% e il 9%. 
In tale prospettiva il taglio dei parlamentari, presentato come una misura “anti Casta” volta a colpire i privilegi di una classe dirigente elitaria, corrotta, incapace, responsabile dell’attuale degrado della politica e del Paese, finirebbe paradossalmente per blindare in Parlamento proprio la “Casta”, ovvero i responsabili di tale condizione. 
La riforma, in definitiva, agevolerebbe le formazioni politiche più potenti, che dispongono di ingenti risorse finanziarie, controllano i media, monopolizzano le campagne elettorali, rendendo estremamente più improbabile l’emersione e l’avvento in Parlamento di nuove formazioni politiche sinceramente ispirate ai valori costituzionali, espressione delle esigenze popolari, lontane da interessi lobbistici. 
Rafforzerebbe quelle forze politiche esistenti che gli italiani votano, perlopiù, turandosi il naso, in attesa che il Popolo partorisca finalmente uno (o più) veri, seri e grandi partiti. 
Un Parlamento sempre più scadente 
L’analisi del quadro politico attuale è impietosa e sconfortante anche sotto un altro punto di vista: oggi non esistono veri e solidi partiti, con una lunga storia e idee ferme, con un collaudato sistema di formazione e selezione della classe dirigente. Non è che esistano e siano decadenti. No, proprio non esistono. I partiti attuali sono centri di potere nazionale che negoziano con centri di potere locale, disponibili a spostarsi da un partito all’altro. I centri di potere nazionale conferiscono i simboli ai centri di potere locale, più o meno vaste reti clientelari, gruppetti di persone, sprovvisti ormai anche di sedi, ma in grado di muoversi sul territorio, di ramificarsi nelle contrade e nei quartieri cittadini e di far apparire che sia presente ciò che in realtà non esiste. 
Questa situazione, che si protrae ormai da lungo tempo, ha generato una classe politica parlamentare mediamente pessima: i parlamentari particolarmente intelligenti, o particolarmente laboriosi, o particolarmente capaci di studiare e risolvere problemi sono oggi pochissimi. Moltissimi sono, invece, i mediocri. 
Orbene, una riduzione di un terzo dei parlamentari comporterebbe, al più, una proporzionale riduzione sia dei (già pochi) parlamentari bravi, che dei parlamentari inutili, cioè quelli tali ritenuti perché privi di laboriosità, capacità di studio e comprensione, o di particolari conoscenze tecniche. Ma ciò sarebbe già un grave danno. Dinanzi alla modesta soddisfazione di veder diminuire il numero di “fannulloni” e “buoni a nulla” che si fregiano del titolo di Onorevole o Senatore, starebbe l’oggettivo svantaggio di ridurre e indebolire il già esiguo numero dei parlamentari bravi. Dare preferenza alla soddisfazione di veder ridurre il numero degli onorevoli “cialtroni”, a costo di indebolire il Parlamento, è una scelta che, se fatta consapevolmente, sarebbe chiaramente meschina e masochistica. 
I contatti del Comitato:

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