Proposte di lettura : "Oltre la trattativa" Vincenzo Zurlo #liberopensiero2019



Lettera aperta 

Gent.ma dott.ssa Fiammetta Borsellino,
mi chiamo Vincenzo Zurlo, sono l’autore di un libro inchiesta sulla morte di suo padre “Oltre la trattativa – Le verità nascoste sulla morte di Paolo Borsellino tra depistaggi e bugie”, sono soprattutto un sottoufficiale dell’Arma, che ha lavorato nel ROS del generale Mori. Sin dalla scelta di arruolarmi nell’arma avevo in mente una precisa idea di giustizia, un’idea che ha molto a che fare con la dignità: col radersi la barba evitando il rasoio elettrico, per trovarsi obbligati ogni giorno a fare i conti, nello specchio, con la propria faccia. Così faceva suo padre, nei suoi racconti di figlia maturata all’ombra di un fardello raro e di un raro orgoglio, ché di eroi non ne nascono spesso in questo Paese scaltrito e compiacente, dallo scarso amor proprio e opaco, disarmante e con troppi rovi pungenti. Negli ultimi mesi sempre più spesso si è trovata a infrangere pubblicamente con le sue dichiarazioni il muro di silenzio innalzatosi intorno a quella che lei non ha esitato a chiamare una “storia di orrore e menzogne”. 25 anni sono passati dalla strage di Via D’Amelio e ancora non abbiamo la verità sull’omicidio di Paolo Borsellino, ma continuiamo a fare i conti con le presunte trattative di un processo che poggia su gambe d’argilla, su una narrazione più necessaria che aderente ai fatti. Tra testimoni inattendibili, documenti contraffatti e inspiegabili omissioni, le “gravissime anomalie” che più volte ha elencato, le brillanti carriere dei magistrati prosperate in questi anni, c’è tutto e più di tutto, c’è uno dei depistaggi più corposi e ostinati della storia di questo Paese dalle troppe ombre.
Il mio lavoro di ricerca tra migliaia di atti giudiziari confluito nel libro “Oltre la trattativa” mi ha messo più volte di fronte all’assurdo, alla certezza che qualcosa di molto macchinoso si andava costruendo, ad una finta genuinità che veniva propinata ad una distratta opinione pubblica, tralasciando indizi chiari e pratici, come soltanto la verità sa essere. La verità mi ha messo sulla strada dell’informativa mafia-appalti, di quel fascicolo su cui suo padre stava lavorando, in gran segreto mentre cercava piste e spunti investigativi dopo la morte dell’amico Giovanni Falcone, e che è stato abbandonato appena poche ore dopo quel maledetto 19 luglio 1992 da quel Giammanco che di fatto isolerà prima Falcone e poi Borsellino, veri santi laici di questo Paese. Negli ultimi mesi della sua vita Paolo Borsellino ha bevuto più volte al calice amaro del tradimento, ha visto i nemici con la toga appalesarsi con sempre maggior nitore, fino a quella telefonata ricevuta alle 7:00 di quella maledetta domenica, per arrivare poi all’epilogo che conosciamo. Lo squallore di aver ricevuto un tradimento postmortem ha ammantato le indagini seguenti alla sua scomparsa, la vicenda Scarantino, quella Ciancimino ed il processo su una improbabile trattativa, ne sono l’emblema. Il mio è un invito accorato, Fiammetta, a collaborare, affinché non si perda ciò che di buono sembra pur brillare in fondo al fango, affinché la scrittura della verità non venga delegata solo a chi, in questi anni, nulla ha prodotto se non sterili teoremi. Che il testamento di Paolo e Giovanni diventi patrimonio di tutti gli italiani che sapranno rinunciare al puzzo del compromesso.
Ringraziandola per l’attenzione, la prego di accogliere i sensi più alti della mia stima Dott. Vincenzo Zurlo



“Quello che leggerete nelle prossime pagine è molto più di un libro: è un’opera di verità. Un’opera coraggiosa perché si incarica di risalire controcorrente un fiume dove sono passati e continuano a scorrere, perché con la forza dei fatti supera le rapide insidiose dell’omologazione, perché con il rigore della ricostruzione storica non teme di infrangersi nelle rocce a pelo d’acqua della delegittimazione”.
Così si apre la prefazione di Giorgio Mulè, direttore di Panorama, al libro di Vincenzo Zurlo “Oltre la trattativa -Le verità nascoste sulla morte di Paolo Borsellino tra depistaggi e bugie”. Come un attento timoniere, in rotta verso la verità in un mare di atti giudiziari, Zurlo, come sottolinea Mulè riesce a non essere “risucchiato dai mulinelli più pericolosi intorno ai fatti di mafia e dell’antimafia: la distorsione della realtà”.
Sì, perché da quel lontano 1992, che strappò alla vita e alla lotta contro il Male nazionale, la mafia, prima Falcone e poi Borsellino, le acque hanno fatto in tempo a intorbidirsi, la verità a esser contesa tra i venti di una narrazione più necessaria che aderente alla realtà dei fatti.
“E’ alla fine degli anni ’80 che bisogna iniziare il viaggio”scrive ancora Mulè “per comprendere quello che accadrà nell’estate del 1992. E’ necessario iniziare da giovedì 21 settembre 1989 quando Giovanni Falcone interroga l’ex sindaco di Baucina, un piccolo paese in provincia di Palermo. Si chiama Giuseppe Giaccone, uno stimato professore universitario di algologia con un passato da sacerdote: è un democristiano e quando si presenta a Falcone è un uomo terrorizzato.”
Cosa teme l’ex sindaco Giaccone? Perché si reca risoluto dai carabinieri di Palermo della Caserma Carini, lì dove gestisce le operazioni un “signor” colonnello Mario Mori? Le sue rivelazioni, “l’alpha della tangentopoli italiana”:i meccanismi opachi che costeggiano l’aggiudicazione degli appalti pubblici, daranno vita a uno straordinario lavoro, condotto da Giovanni Falcone con il contributo di Mori e De Donno. Da quel fascicolo ripartirà, dopo la strage di Capaci, Borsellino, trovando a sua volta la morte.
Mulè, cronista di “nera” del giornale di Sicilia ai tempi delle stragi di Capaci e via D’Amelio, ricorda come l’informativa mafia-appalti, redatta da Mori e De Donno, venne colpevolmente tralasciata sin dall’inizio, par far strada alla presunta trattativa stato-mafia, al centro del “processo del secolo”, in corso a Palermo. Il direttore di Panorama non esita a definirlo, con Zurlo: una farsa, concludendo con logica disarmante e fiducia nel futuro. 

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