Vaccino covid
Le buone ragioni per dire NO!
Tratto dalla rivista belga «Néosanté», n. 103, Settembre 2020
Tradotto per Disinformazione.it dalla prof.ssa italo-francese Sonia Sonda Zaniol
Perché rifiutare il vaccino in arrivo? In realtà, il primo punto non è di capire le ragioni che potrebbero giustificare un tale rifiuto, bensì di vedere semplicemente se sarà possibile produrlo. I diversi esperti e i politici assumono sempre un’aria rassicurante per farci credere che hanno a cuore i nostri diritti fondamentali, per cui si impegnerebbero a produrre il vaccino solo se costretti dalle circostanze, vale a dire da ‘misure d’urgenza’. Ma tutto porta invece a ritenere che sia proprio di una vaccinazione obbligatoria che si tratti, magari non per effetto di una legge ma sul piano pratico. Basta constatare che lo stesso accade con l’obbligo della mascherina. A parte il fatto di restarsene in casa in pochi, davanti al televisore e facendosi portare del cibo a domicilio, è ormai impossibile esercitare una qualsiasi attività senza dover sottostare a un obbligo del genere. Anche limitandolo, è possibile vivere normalmente in queste condizioni?
D’altra parte – non si smette di ripeterlo – «portare la mascherina sarà obbligatorio fino all’arrivo del vaccino (1)». Inoltre - come lo predice il virologo belga Marc Van Ranst con la sua ‘sfera di cristallo epidemiologica’ - «le ondate di epidemie si succederanno fino al momento in cui un vaccino sarà trovato e, nel frattempo, i Belgi dovranno adattarsi a delle misure assai rigide». Poco importa il numero dei malati, quello dei decessi, la capacità di accoglienza degli ospedali, la convalida o la scoperta di cure efficaci, oppure la fine dell’epidemia, che pure è naturale… Tutto sembra già deciso: la nostra vita futura sarà condizionata dall’arrivo del vaccino,
Discrezione alla belga
In Belgio il gruppo di esperti sulla strategia vaccinale Covid-19, diretto dal prof Van Laethem, è assai discreto su questo argomento. In luglio il documento del Consiglio Superiore di Sanità si è accontentato di fare una stima delle categorie prioritarie da vaccinare, al fine di stabilire delle cifre destinate a compilare gli ordini europei. Il testo insiste sulla vaccinazione prioritaria di tutti i lavoratori del settore sanitario, compreso tutto il personale nelle case di riposo, più gli altri gruppi a rischio, come gli anziani over 65 e le persone affette da malattie croniche: asma, diabete, ipertensione e tutte le altre patologie presenti nelle persone “decedute di Covid-19”. La raccomandazione potrebbe prendere di mira anche altre categorie di lavoratori, “prestatori di servizi essenziali al pubblico”, ma come sempre la decisione è rimandata ad altri funzionari del governo, secondo il solito gioco dello scaricabarile, tipico del Belgio. Del resto il Comitato stima che almeno il 30% del pubblico interessato probabilmente rifiuterà il vaccino, proprio come in Francia, fatto che invita sicuramente i nostri compatrioti a non spingersi troppo in avanti nelle loro dichiarazioni.
In confronto, il rapporto della strategia di vaccinazione(2) del Covid-19 in Francia (paese al quale il Belgio si ispira troppo spesso) è molto più esplicito riguardo alla volontà di voler vaccinare tutta la popolazione. L’analisi del suo testo svela la posta in gioco ad esso associata, in linea con le politiche europee.
Un nuova dottrina vaccinale ?
Innanzitutto il comitato di vaccinazione francese raccomanda una «evoluzione dei testi relativi all’atto vaccinale, specialmente riguardo alla sua prescrizione e realizzazione». Se ci riferiamo agli sviluppi recenti negli Stati Uniti, in particolare in California, questo oscuro enunciato potrebbe forse significare un’evoluzione della definizione di vaccinazione, che va dall’atto medico a quello amministrativo. L’obiettivo è di togliere la vaccinazione dalla responsabilità dei medici e dei genitori, ossia di farla uscire dagli ambulatori medici per metterla nelle mani dei farmacisti e operatori sanitari, quelli che intervengono durante le campagne promozionali nelle scuole, nei luoghi di lavoro e in quelli di grande affluenza. Precisiamo che questa “evoluzione legislativa della vaccinazione” è stata definita come una priorità nel 2014, anno del lancio del GHSA, l’agenda globale della sicurezza sanitaria.
Il piano precisa chiaramente uno dei grandi scopi della manovra quando sottolinea che «la tracciabilità deve essere a portata di mano e l’occasione di diffondere/generalizzare l’instaurazione di un libretto elettronico di vaccinazione deve essere prevista». Non c’è dubbio che combinare tale libretto (su cellulare o carta d’identità) col tracciamento e la limitazione degli accessi, comporterà in pratica un obbligo vaccinale di fatto. Una volta ottenuto tutto ciò, col pretesto della minaccia del Covid-19, il resto del calendario vaccinale raccomandato seguirà senza indugio. La prova che l’obiettivo della strategia mira più al principio di una vaccinazione generalizzata, “per tutta la vita”, che alla lotta all’epidemia di Covid-19, ci viene dal fatto che gli esperti raccomandano di vaccinare tutti, comprese le persone che hanno già avuto il Covid-19 e sconsigliano di effettuare dei test anticorpali, giacché ciò permetterebbe a certe persone di sfuggire al vaccino in modo “inopportuno”.
Ma c’è ben altro! Nei loro “punti d’attenzione”, gli esperti ammettono che il/i vaccino/i sarà/saranno probabilmente solo di scarsa utilità, ragion per cui saranno necessarie due dosi al minimo. Stimano d’altra parte che all’incirca la metà della popolazione benefici già di un certo grado di immunità cellulare, incrociata con altri coronavirus e sono ben consapevoli del fatto che un certo numero di persone, in particolare gli anziani, non “rispondono al vaccino”. È probabile che i vaccini prodotti abbiano solo una debole capacità di interrompere la trasmissione e che la protezione indotta perda rapidamente la sua efficacia. Ciliegina sulla torta, il Comitato Scientifico è ben conscio del fatto che c’è un pericolo specifico associato ai vaccini contro il coronavirus, vale a dire l’aggravarsi possibile della malattia quando il vaccinato entrerà in contatto con la sua fonte naturale.
Una cosa salta agli occhi. Si è ben lungi dall’affermare che il vaccino sarà quella formidabile panacea che da sola potrà proteggerci dal coronavirus. L’epidemia servirà piuttosto da pretesto per instaurare una nuova “dottrina della vaccinazione” (per riprendere i termini del testo), presentata come “un contratto sociale”, al fine di mascherare la flagrante violazione dei diritti e delle libertà individuali che ci si appresta così a mettere in opera. Ed ecco un’ultima conferma: «se la vaccinazione obbligatoria non è né augurabile né concepibile, una strategia di vaccinazione fondata su delle scelte puramente individuali può mancare di efficacia e rivelarsi socialmente ingiusta». In altre parole «a malincuore, certo, ma per scrupolo di equità saremo costretti a forzare la mano a quanti non saranno consenzienti».
Sperimentazione su larga scala
Riassumiamo: i nostri governi finanziano lo sviluppo e programmano di acquistare milioni di dosi di vaccini di cui non si conoscono ancora le caratteristiche, ma che dovrebbero emergere durante una seconda ondata di Covid-19. Prudenti nelle loro dichiarazioni, i Comitati Scientifici sottolineano che è «imperativo prendersi il tempo necessario a una valutazione rigorosa, tanto dell’efficacia che della sicurezza dei vaccini disponibili, prima della loro utilizzazione su grande scala». Non si potrebbe dirlo più chiaramente: è una speculazione, una scommessa, un esperimento su tutta la popolazione umana, che ci si appresta a fare senza il suo consenso. E se il vaccino si rivelerà un fiasco, chi oserà denunciarlo? Se per caso gli “esperti” finissero per concludere, in un momento di lucidità storica, che questi vaccini non servono a niente e che il gioco non valeva la candela? Chi oserebbe dire: «Ebbene, per dirla tutta, dopo una valutazione rigorosa, abbiamo il dispiacere di annunciare che questi vaccini, prodotti a milioni e finanziati dai contribuenti a colpi di miliardi di euro, non sono a conti fatti né sicuri né efficaci. Era una grande scommessa e l’abbiamo persa. Ci spiace per i vostri soldi, la fiducia e le speranze riposte in noi, ma bisogna buttare tutto nella spazzatura»? Giacché, contrariamente agli altri vaccini, questa volta le linee di produzione sono state avviate ben prima di avere un prodotto finale. Eppure è evidente che sviluppare un vaccino efficace in tempi così ridotti sfiora l’operazione kamikaze, trattandosi di puntare tutto su una soluzione ipotetica. Non rischiamo così veramente molto, ma proprio molto?
Vaccini di massa e genocidio
Il termine è scioccante, ma pertinente. Certi vaccini uccidono e spesso se ne ignorano le cause. Nel 2017 il professor Peter Aaby del Serum Institute ha pubblicato un articolo nel quale constata che l’introduzione del vaccino cellulare difterite-tetano-pertosse in Guinea Bissau, una campagna dell’Unicef alla quale aveva partecipato lui stesso e che è condotta in numerosi paesi in via di sviluppo, aveva alla fine moltiplicato per cinque la mortalità nei neonati (3). Così, dopo un’approfondita analisi, aveva finito per concludere che «tutti i dati disponibili suggerivano che questo vaccino uccide probabilmente più bambini di altre cause rispetto a quelli salvati dalle tre suddette patologie». In realtà, relativamente al tasso di mortalità dei soggetti vaccinati, nessun vaccino di uso corrente è stato mai testato in prove cliniche randomizzate. Questa tragica constatazione, al termine di una lunga carriera di vaccinologo, ha condotto lo scienziato a riconoscere con turbamento che, effettivamente, certi vaccini uccidono e che «se la maggioranza del pubblico crede che noi sappiamo ciò che fanno i vaccini, in verità questo non è affatto vero» (4). Tali interrogativi avrebbero dovuto essere posti quarant’anni fa. Delle organizzazioni internazionali come l’OMS e l’UNICEF ammetteranno mai che il loro vaccino di punta, il cui tasso di somministrazione è considerato un indicatore di salute, si è forse preso più vite di quante non ne abbia salvate? E questo per decenni? L’autore conclude il suo articolo citando la reazione dell’OMS la quale ammette che occorrerebbe proseguire gli studi su tale materia, pur precisando che, disgraziatamente, ciò non sarà fattibile. A prima vista è una risposta comoda. Ma per quanto sia imbarazzante, la gravità di tale informazione implica il dovere di segnalarla e di verificare l’operato degli organismi che effettuano queste campagne: in assenza di misure adeguate, si potrà parlare di responsabilità criminale. A tutt’oggi decine di milioni di dosi del suddetto vaccino continuano ad essere somministrate, mentre quasi un terzo dei paesi di tutto il mondo non dispone ancora di un sistema di farmacovigilanza. L’esempio qui riportato dimostra che anche in presenza di un insuccesso, è difficile fare marcia indietro in una campagna di vaccinazione.
Pessime scommesse
Non si è mai certi di riuscire a sviluppare un vaccino. Ricordiamo che in una certa epoca, il mondo viveva col terrore dell’AIDS. Ricordiamo anche che da trent’anni sono stati raccolti e investiti freneticamente dei miliardi di dollari per mettere a punto un vaccino contro tale male, ma che i test clinici sono stati una serie di insuccessi. Nel frattempo, però, la paura dell’epidemia è venuta meno. Si sa che essa infierisce là dove regnano la povertà, la droga e la prostituzione: tre flagelli di cui non sembriamo più preoccuparci più di tanto. Tuttavia i soldi investiti in questa ricerca arrivano sempre nelle casse dei laboratori.
Altra cattiva scommessa è quella del vaccino contro la malaria Mosquirix (GSK), che ci ha messo 25 anni tra la sua formulazione e la sua commercializzazione. Attualmente è testato su grande scala in Africa su intere popolazioni di bambini. I risultati sono deludenti, giacché a medio termine, cioè in capo circa a cinque anni, il rischio di incidenza della malaria è uguale, se non superiore a quello dei bambini non vaccinati. Per taluni, come il prof. Didier Raoult, che non è contrario ai vaccini, l’idea di vaccinare contro la malaria non aveva alcuna possibilità di avere successo, dal momento che non si tratta di una malattia immunizzante e non si vede perché il vaccino sarebbe più efficace del ceppo naturale.
A pensarci bene una domanda simile si pone con un vaccino contro il coronavirus e il celebre professore dubita pure lui, in egual misura, della sua utilità. Il fatto è che si tratta il più delle volte di creare un mercato piuttosto che eliminare sul serio una malattia o di rendere servizio alla salute pubblica.
Panico e legislazione
Nel 1976 un’ondata di panico attraversò gli Stati Uniti in seguito all’annuncio dell’arrivo di un’epidemia di Influenza Porcina, di cui si prediceva che rischiava di essere un flagello paragonabile alla Spagnola, con milioni di morti tra gli americani. Il presidente Ford annunciò la produzione d’urgenza di un vaccino destinato ad essere somministrato al 95 % della popolazione. Il vaccino X53A fu messo a punto a tempo di record e introdotto sul mercato senza essere sottoposto a preliminari prove cliniche; tuttavia le compagnie di assicurazioni rifiutarono di coprirne gli eventuali danni. L’industria farmaceutica si rivolse allora al governo, che oppose lo stesso rifiuto. Furibondi, gli industriali rifiutarono allora di consegnare il loro stock, lasciando così il pubblico nell’angoscia della malattia e nell’attesa del vaccino promesso. È in quel preciso momento che capitò l’incidente di Fort Dix, nel New Jersey, dove un pugno di legionari caddero malati e morirono in pochi giorni, al ritorno da un meeting a Filadelfia. La bufera di panico che seguì finì per far piegare il Congresso, spingendo il governo ad accettare le condizioni dell’industria farmaceutica, vale a dire assumendosi la responsabilità degli eventuali danni. Questa decisione fu immediatamente accompagnata da una campagna mediatica che vantava l’arrivo di un vaccino dichiarato “sicuro ed efficace” dal Comitato Federale di Salute, cosicché le vendite ripresero.
Bilancio: l’epidemia dell’influenza porcina del 1976 provocò 13 ricoveri ospedalieri e 1 decesso! Tuttavia la manovra mediatica permise di creare un mercato per un vaccino che non era stato testato più di tanto e che causò un gran numero di lesioni vaccinali gravi, stabilendo nel contempo il principio di esenzione di ogni responsabilità dell’industria farmaceutica. Da quell’epoca la storia non ha fatto altro che ripetersi sul filo degli annunci di “pandenie”, ma assumendo senza sosta dimensioni sempre più inquietanti. Più vaccini e più in fretta, con sempre meno garanzie.
Catastrofi dei vaccini prodotti in tutta fretta
Durante il convegno “Vaccine Safety Summit” sulla sicurezza dei vaccini tenutosi nel dicembre scorso all’OMS, altri due esempi allarmanti sono stati riferiti nel corso di una sessione sui nuovi tipi di rischi e sui settori bisognosi di nuove ricerche (5).
Il primo è quello del vaccino Pandemrix, messo a punto con urgenza contro l’influenza H1N1 e che ha provocato numerosi casi di narcolessia in diversi paesi del nord Europa, particolarmente nelle ragazze della Finlandia, dove la campagna di vaccinazione è stata subito interrotta. Fatto inquietante è che la dottoressa Hanna Nohynek, responsabile della farmacovigilanza in Finlandia, ha denunciato le reticenze dell’Agenzia Europea dei Farmaci a lanciare l’allarme e a iniziare le indagini necessarie in seguito agli incidenti suddetti, risolvendosi alla fine ad andare avanti senza il loro apporto. L’inchiesta, arrivata alla sua conclusione, ha rivelato che questi casi di narcolessia, una malattia invalidante a vita, sono associati a dei caratteri genetici specifici delle popolazioni nordiche. Altri gruppi a rischio, determinati dall’età, il sesso, la famiglia genetica, certe malattie croniche e la gravidanza, sono state identificate per diversi vaccini e attestano dei gravi rischi legati allo sviluppo accelerato di vaccini e alla pratica di vaccinazione di massa.
Alejandro Gravioto, presidente del comitato SAGE incaricato delle politiche di raccomandazioni vaccinali dell’OMS, lo ha d’altra parte riconosciuto nel corso della medesima sessione: «secondo i dati di cui disponiamo mediante gli studi di genomica, è chiaro che la sensibilità alle infezioni e la risposta che diamo loro sono associate a un numero di caratteristiche genetiche. Non ci piace utilizzare la parola “razza” per definire le cose, ma qui abbiamo grandi differenze tra la popolazioni e il modo con cui rispondono. Sappiamo anche che diverse popolazioni sono portatrici di microbi diversi e che numerosi altri fattori (epigenetici, ambientali, ecc.) sono in gioco».
L’esempio di un altro vaccino, il Dengvaxia nelle Filippine, è ugualmente eloquente. Durante questo convegno dell’OMS il dottor Kenneth Hartigan Go, che era Sottosegretario alla Salute durante questa crisi del Dengvaxia ha descritto la sua esperienza come “un vero tsunami”. Questo vaccino contro la Febbre Gialla è stato imposto alla popolazione nel bel mezzo di un’epidemia. Disgraziatamente l’incontro tra il virus vaccinale e quello epidemico ha aggravato la malattia in numerose persone che erano già state infettate, provocando molti decessi. Tali rischi non erano stati chiaramente comunicati dal produttore del vaccino per cui, il Ministero della Salute ha dovuto affrontare una vera crisi a seguito della collera della popolazione. I responsabili delle agenzie sanitarie nelle Filippine, ma anche dei ricercatori che avevano sviluppato o testato il vaccino, nonché dei rappresentanti della Sanofi si ritrovano oggi accusati di comportamenti criminali. Il dottor Hartigan Go termina il suo racconto dicendo di essersi trovato all’improvviso «solo in mezzo alla tempesta…», un argomento di peso in favore della libera scelta.
Vaccinare durante un’epidemia?
Vaccinare durante un’epidemia sembra logico. In realtà ciò comporta spesso il rischio specifico di “facilitare le infezioni”, il che può condurre ad un aggravamento della malattia, seguito da un corto circuito del sistema immunitario con conseguente possibile esito fatale. Questo fenomeno può essere scatenato dall’incontro di un virus vaccinale con un virus “selvaggio” della stessa famiglia o anche di due virus simili. È una delle ragioni per le quali non si vaccina una persona quando essa è malata né quella che ha già sviluppato un elevato tasso di anticorpi avendo superato una malattia immunizzante. Non si vaccinano contro il morbillo o gli orecchioni coloro che li hanno già avuti. La catastrofe dell’introduzione del Dengvaxia nelle Filippine durante l’epidemia di Febbre Gialla non è l’unico esempio. Si conosce il fenomeno già dalle epidemie di vaiolo, specialmente grazie al medico tedesco Buchwald e certuni pensano che potrebbe essere all’origine del tasso di mortalità elevato durante la recente epidemia di morbillo nelle isole Samoa, durante la quale è stata lanciata una campagna di vaccinazione obbligatoria e con urgenza.
In un recente intervento in un canale televisivo in linea la genetista Alexandra Hennon-Claude (6) ha ricordato il pericolo di interferenza virale ritenendo che fosse necessario avere un dibattito senza indugio sul fatto di somministrare dei vaccini in un contesto epidemico, in particolare dell’influenza di cui l’interazione con il coronavirus potrebbe raddoppiare l’eventualità di un’infezione polmonare. Benché numerosi fattori siano in gioco, alcuni dati fanno pensare che in occasione delle intense campagne di vaccinazione contro l’influenza, i pneumococchi abbiano giocato un ruolo nella sovramortalità osservata nel nord Italia.
È probabile che ciò avvenga anche quando due ceppi di coronavirus, vaccinale e selvatico, si incontrano forse anche in portatori asintomatici del virus. Sia come sia, la ricercatrice dell’INSERM stima che sviluppare un vaccino contro il coronavirus con urgenza sia semplicemente un’aberrazione, giacché si è certi di non conoscerne gli effetti secondari.
Conferma dei pericoli
Quando la risposta immunitaria si declina in forme diverse secondo il soggetto e la malattia, il principio della vaccinazione si basa su una risposta immunitaria specifica, legata alla misura del numero di anticorpi sviluppati dopo l’iniezione. Ora sembra che, contrariamente a una malattia come il morbillo, nel caso del Covid-19 i tassi di anticorpi più elevati sono stati osservati nei pazienti più malati, ed è probabile che altri meccanismi facenti parte del sistema immunitario giochino un ruolo più importante (specialmente l’immunità cellulare presente nelle mucose). Dobbiamo dunque necessariamente rallegrarci all’idea che arrivino dei vaccini fondati sull’obiettivo di creare anticorpi? Durante delle precedenti prove di vaccini contro dei coronavirus è già stato confermato il rischio di facilitare l’infezione o l’ipereazione del sistema immunitario. E i vaccinologi lo hanno tutti evocato in occasione del lancio della grande corsa ai vaccini nel mese di marzo, durante una riunione alla Casa Bianca o davanti al Congresso americano.
Il dr. Peter Hotez, del Baylor College, aveva insistito su questo fatto ricordando che, in passato, delle prove cliniche con vaccini simili avevano provocato la morte di due bambini e che gli animali testati nei loro laboratori, in prove per vaccini contro il coronovirus SARS o MERS, avevano dimostrato questo specifico pericolo. Il dottor Paul Offit, altro apostolo della santità vaccinale, aveva ammesso pure lui che “non si poteva immaginare l’inizio di prove cliniche prima di due anni” (7). Si potrebbe essere sorpresi, forse addirittura rassicurati, dall’onestà degli esperti nella loro schiettezza di fronte a questa enorme assunzione di rischio. Ma contro ogni aspettativa, queste messe in guardia non hanno rallentato lo sviluppo dei vaccini, né suscitato l’imposizione di precauzioni supplementari da mettere in opera nelle prove cliniche. L’obiettivo di queste dichiarazioni ha avuto soprattutto per effetto di scaricare i fabbricanti dalle loro responsabilità in caso di effetti secondari indesiderati o di difetti del prodotto. Nei seminari che sono seguiti essi hanno così negoziato una immunità legale di fronte ai danni che potrebbero essere provocati dai loro nuovi vaccini. Negli Stati Uniti il Public Readiness and Emergency Preparedness, chiamato comunemente PREP Act, offriva già questa protezione all’industria del vaccino, ma in Europa fu piuttosto una questione di negoziati tra l’UE o certi paesi membri e i fabbricanti.
Vaccini di “gene genetico”
Tra i numerosi vaccini candidati, sembra che i primi in testa siano quasi tutti vaccini che utilizzano delle tecnologie di “gene genetico”. Il vaccino di Oxford o ChAdOx nCoV-19, prodotto dalla AstraZeneca, che sarà probabilmente uno dei principali vaccini sul mercato europeo, utilizza una sequenza genetica della proteina di punta Sars-Cov-2, ma funziona ancora come un vaccino “classico”, mentre gli altri operano secondo un modello del tutto diverso. ChAdOx nCoV-19 e i vaccini mRNA sono simili in quanto forniscono del materiale genetico alle cellule per indurre una risposta immunitaria. La differenza risiede principalmente nella maniera in cui sono somministrati. Col ChAdOx nCoV-19 il materiale genetico è trasmesso mediante un vettore che è un virus di scimpanzé. Questo adenovirus è ritenuto capace di stimolare delle risposte immunitarie assai robuste, al tempo stesso anticorpi e cellule T. Grosso modo si inietta un virus di scimmia, manipolato col genoma del coronavirus, per stimolare una risposta immunitaria.
Per contro, i vaccini mARN (messaggeri acidi ribonucleici) si basano su una tecnologia completamente nuova e sperimentale, che non ha pressoché più nulla a che vedere con la vaccinazione. Bill Gates, che preme sul suo sviluppo da una decina di anni, descrive tale tecnica come “la più promettente” (8): «piuttosto che iniettare l’antigene di un agente patogeno nel vostro corpo, voi gli fornite il codice genetico necessario per produrre lui stesso questo antigene. Quando gli antigeni compaiono all’esterno delle vostre cellule, il vostro sistema immunitario li attacca e impara a vincere i futuri intrusi nel corso del processo. Insomma voi trasformate il vostro corpo nelle sua propria unità di fabbricazione dei vaccini».
I vaccini alla mARN sono sviluppati da tre grandi case farmaceutiche: Pfizer, Moderna e CureVac, e le loro associate. Uno dei vaccini in questione avrebbe perfino una caratteristica “amplificatrice”. Kathrin Jansen della Pfizer spiega che «quando voi iniettate questo ARN a un essere umano, è assorbito da una cellula e mette in moto il suo proprio laboratorio. Si moltiplica nella cellula, nel senso che una sola copia entra e la fabbrica si mette in marcia e produce sempre più copie». Che cosa succede se tutto ciò non va per il giusto verso e il processo si autoamplifica? Inserendo una porzione di codice genetico di coronavirus nelle cellule umane potrebbe accadere che questo modifichi il genoma della persona vaccinata o della sua discendenza, favorendo la comparsa di malattie autoimmuni o lo sviluppo di mutazioni. Nessuno è in grado di predirne le conseguenze.
Nanoparticelle
Una delle principali sfide tecniche di questi nuovi vaccini consiste a fare entrare la voluminosa “carica utile” di ARN dei vaccini nelle cellule conservandola intatta, vale a dire senza che si decomponga prima di arrivare a destinazione. La soluzione scelta consiste nell’utilizzare dei “sistemi di trasporto” biotecnologici di moda, implicanti delle nanoparticelle lipidiche, le LNP, che “incapsulano le costruzioni di d’ARNm per proteggerle dalla degradazione e favorire l’assorbimento cellulare”. Esse avranno un effetto stimolante (ovvero irritante) sul sistema immunitario. Queste nanoparticelle saranno ugualmente ricoperte di un polimero sintetico, non degradabile e sempre più controverso, chiamato glicole polietilenico (PEG).
Ora l’utilizzazione del PEG, che si pensava un tempo fosse inerte e inoffensivo, è sempre più oggetto di critiche. I ricercatori pensano che favorisca la crescita di tumori e le reazioni immunitarie come lo choc anafilattico, inoltre certe persone potrebbero avere una ipersensibilità a tale prodotto. Su un altro piano, ma non meno allarmante, l’introduzione di nanoparticelle nei vaccini pone un rischio considerevole, in ragione appunto delle reazioni infiammatorie, autoimmuni o oncogene che la penetrazione di materiale non biologico può provocare nella cellula. I ricercatori Antonietta Gatti e Stefano Montanari lo hanno dimostrato a più riprese grazie alla lente del loro microscopio elettronico (9).
Cavie malate
Ian Haydon è famoso per essere stato il primo a offrirsi volontario per testare il vaccino sperimentale Covid della casa Moderna. Dopo aver fatto numerose apparizioni in vari canali televisivi, durante le quali si celebrava la rapidità nello sviluppo del vaccino, la cavia, scelta per la sua robusta salute e il suo entusiasmo, è diventata un motivo di imbarazzo per Fauci, Gates e le ragazze pon-pon del CNN. In effetti, meno di 12 ore dopo aver ricevuto la prima dose del vaccino, Haydon ha sofferto di dolori muscolari, conati di vomito e una forte febbre a 39,5° perdendo conoscenza. Mai in vita sua sarebbe stato così malato! In realtà 3 fra i primi 15 vaccinati hanno dovuto essere ospedalizzati o sottoporsi a cure mediche. Disgraziatamente, per non rimetterci la faccia davanti al pubblico e agli azionisti, la Moderna ha spinto Haydon a comparire in televisione per dichiarare che le prove del vaccino Covid di tale casa erano un eclatante successo. In effetti, il 7 maggio scorso, Haydon ha rivelato le sue vere reazioni a Sanjay Gupta durante una preintervista, ma i due uomini si sono poi messi d’accordo per mantenere segreta tale cattiva notizia, quando l’intervista è stata trasmessa. Un simile vergognoso accordo rivela lo stato pietoso del giornalismo targato CNN.
Moderna, la casa farmaceutica lanciatasi in questa sperimentazione, non ha alcuna esperienza in materia di produzione di vaccini e non sembra affatto preoccuparsi degli aspetti etici della sua missione. Una tale dissimulazione e distorsione degli effetti secondari del vaccino è particolarmente inquietante. Verso la metà di luglio un rapporto preliminare (10) sulle prove cliniche della fase 1 è stato pubblicato nel New England Journal of Medecine. Il quadro delle reazioni avverse seguite alla vaccinazione mostrava una percentuale elevata di effetti indesiderati, da moderati a elevati, ma l’articolo non ha stimato che questo fatto dovesse dar luogo ad alcuna limitazione nelle prove cliniche, invitando al contrario a proseguire lo sviluppo del vaccino.
Fine dell’etica e della bioetica
C’erano finora parecchie reticenze riguardo all’autorizzazione della tecnologia mRNA. L’avvocato Robert F. Kennedy Jr. (11) ricorda che i maggiori esperti di bioetica si sono espressi, una volta di più alla fine di gennaio, nella “dichiarazione di Ginevra per la correzione dell’edizione del patrimonio genetico”, al fine di chiedere una moratoria alle sperimentazioni che utilizzano le tecnologie di manipolazione del genoma umano. Con ogni evidenza il coronavirus è un pretesto per creare un grimaldello con cui aggirare la legge sugli OGM e le regole sulla bioetica. All’inizio di luglio il Parlamento europeo ha votato un testo sui vaccini OGM contro il Covid-19 consentendo così ai produttori di vaccini e di farmaci contenenti dei virus OGM di fare a meno di studi ambientali e sanitari a monte delle prove cliniche sugli esseri umani. L’eurodeputata Michèle Rivasi del movimento ecologista EELV ha emesso un comunicato stampa in cui dichiara:
«le deroghe concesse sono contrarie al principio di precauzione. Mi sono opposta a tale testo perché si tolgono le barriere necessarie a proteggere la nostra salute. Di fronte a questi nuovi vaccini dobbiamo raddoppiare la nostra vigilanza. L’argomento della Commissione europea all’origine del testo votato oggi non è accettabile in quanto sostiene che vista l’urgenza del Covid-19 bisogna fare a meno di studi preliminari sulla salute e l’ambiente. Inoltre tale testo è arrivato al Parlamento europeo in forma di risoluzione urgente, senza dibattito né udizione nella commissione ambientale, e senza alcuna discussione in Parlamento.
L’urgenza sta soprattutto nel non sbagliare autorizzando prodotti la cui sicurezza non sia stata valutata. I vaccini OGM attualmente allo studio utilizzano Crispr-Cas9, un’enzima che funziona come una forbice genetica. Questi nuovi vaccini non sono mai stati valutati in modo completo. Si tratta di un regalo incomprensibile fatto all’industria farmaceutica e una vera coltellata inferta alla direttiva europea sugli OGM, destinata a proteggere l’ambiente e la salute umana. La direttiva sugli OGM è un bastione efficace che bisogna assolutamente preservare» (12).
Da notare che l’Unione Europea, l’OMS e la fondazione Gates fanno pure pressione sui loro partner extracomunitari, come la Norvegia. Alla fine di maggio il governo norvegese ha modificato la legge sulle biotecnologie affinché tutti i tipi di vaccini, attuali e futuri, possano essere inoculati senza che sia necessario ottenere il consenso preventivo delle persone vaccinate. Ha poi provveduto in seguito a una riqualificazione degli organismi classificati come OGM. Secondo i medici che si occupano di questa faccenda, l’OMS ha chiaramente indicato che se il governo norvegese non autorizza questo gigantesco esperimento sulla popolazione, la Norvegia si vedrà rifiutare in futuro l’accesso ai farmaci e ai vaccini corrispondenti. Non facendo parte dell’UE, la Norvegia rappresenta un paese ideale per realizzare le prove cliniche che potrebbero imbarazzare l’Europa.
Derive transumaniste?
Bisogna ben dire che tutto ciò che sembra essere messo in opera per sviluppare i vaccini mARN assume un contorno inquietante. Perché voler vaccinare ad ogni costo tutta la popolazione mondiale con un vaccino di cui si riconosce in anticipo la mancanza di utilità, di efficacia, e sapendo che utilizza una tecnologia sperimentale azzardata, mentre numerosi altri trattamenti o vaccini, più classici, sono in corso di sviluppo? A che scopo tutto ciò è necessario al punto da far cadere tutte le protezioni e violare tutte le legislazioni? E perché una società come la Moderna, illustre sconosciuta che non aveva mai sviluppato né messo in commercio un solo vaccino, ha ricevuto una somma stupefacente di 483 milioni di dollari di fondi federali della Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA), un’agenzia sorella del NIAID di Fauci, per accelerare il suo sviluppo? Senza dimenticare la rabbiosa operazione “Warp speed” approvata da Trump, che è deciso a sviluppare i vaccini Covid alla velocità di un fulmine? Altre nuove tecnologie sono testate. Ad esempio i “Quantum dots” (13), dei micro tatuaggi sotto la pelle attestanti l’avvenuta vaccinazione. Presentata come un progresso utile nel contesto dei paesi in via di sviluppo dove i libretti di vaccinazione si perdono, questa innovazione è né più né meno che uno strumento di controllo assoluto e di costrizione forzata alla vaccinazione. La tecnica utilizza dei “Patchs” [specie di piccoli cerotti] di nano aghi che perforano la pelle e impiantano dei nano cristalli a base di rame chiamati appunto “Quantum dots”, minuscoli punti invisibili a occhio nudo che sono rintracciabili solo mediante luce infrarossa.
Impossibile barare, facile da verificare con uno smartphone in grado di leggere il tatuaggio, che altro ancora si potrà registrare come dati sul nostro corpo?
La raccolta di dati biometrici non sarebbe forse uno dei veri scopi di questa grande operazione? È proprio ciò che sembra essere in programma in Africa, dove la diffusione dei nuovi vaccini Covid-19 sarà accoppiata a una piattaforma di identificazione biometrica digitale “evolutiva” (14). L’operazione “Wellness Pass” messa a punto da un’alleanza tra GAVI e Mastercard, permetterà di accoppiare i dati di identità e di salute “Trust Stamp” a un conto bancario digitale, nell’ottica di un’evoluzione verso un mondo senza denaro liquido. L’applicazione utilizzerà i dati di riconoscimento facciale o di impronte digitali prima di consentire l’accesso ai dati criptati. A prima vista tale sistema sembra suscettibile di facilitare la vita di un buon numero di persone, ma apre la porta a un numero incalcolabile di abusi, via via che altre applicazioni si aggiungeranno. Per esempio, si prevede di includere un programma di controllo dei movimenti, al posto di utilizzare dei braccialetti elettronici per i prigionieri (o i confinati?).
Un’altra operazione ID 2020, è ugualmente associata alla vaccinazione e all’utilizzazione di dati biometrici in associazione con IRrespond (15), Microsoft, Rockefeller o Master Card.
L’esperienza attuale, pur apportando qualche comodità, sembra rivelare appieno i pericoli inerenti al sistema. In effetti, se dei tali “passaporti” facilitano l’accesso al cibo e ai servizi, essi creano pure delle condizioni di rifiuto e di privazione di tali servizi, e di ricatto o sfruttamento della persona umana.
E come se tutto questo non bastasse, altri interrogativi si pongono ancora. Sappiamo per esempio che le nanoparticelle permetteranno a dei minuscoli nanorobot di penetrare nel sangue mediante un’iniezione. Tali mini-automi potrebbero attraversare la barriera ematoencefalica e integrarsi nel cervello. Uno dei chiodi fissi dei padri del transumanesimo è appunto di poter connettere il cervello umano in un Cloud, nel quale sono immagazzinati tutti i dati, affinché gli umani siano in grado di comunicare direttamente con le macchine mediante il solo pensiero. Se non è certo che questo sia possibile al giorno d’oggi, una simile eventualità deve tuttavia essere presa in considerazione sapendo che sono dei folli come Ray Kurzweil, padrone di Google, che coltivano un tale sogno.
Rifiutare è una necessità
Appare evidente che le poste in gioco che circondano la vaccinazione Covid-19 vanno ben oltre la semplice risposta all’epidemia di coronavirus. Si tratta in realtà di far cadere la barriera dei diritti umani fondamentali, al fine di installare il Mondo 2.0 in cui regnerà l’asservimento al digitale. Di fronte all’insieme di rischi cui ci esponiamo accettando questi vaccini col loro corteo di violazioni, dobbiamo rifiutare su scala mondiale una tale esperienza.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo si pronuncerà presto in assemblea plenaria (16) sul principio delle vaccinazioni obbligatorie. Ne approverà probabilmente la necessità, usando il sempiterno pretesto dell’urgenza e della nozione di “protezione del bene comune”. Ma numerose persone sono oggi ben consapevoli che, al di là dello stravolgimento della nozione di “diritto alla salute”, sono tutti i nostri diritti che vengono calpestati.
In Germania una larga parte della popolazione ha preso coscienza delle derive totalitarie nelle quali si iscrive oggi la politica di vaccinazione “per tutti, vita natural durante”. Queste persone si ritrovano oggi in grandi assembramenti per difendere le libertà ottenute a caro prezzo. Decine, anzi centinaia di migliaia di tali persone sono sfilate il primo agosto a Berlino, e se non erano probabilmente tutte contrarie ai vaccini, esse avevano il coraggio di resistere, quello di rifiutare pacificamente un programma che non è più “umano”. Non serve per questo conoscere la vera storia della vaccinazione e dei suoi danni collaterali, né essere specialisti delle interazioni virali o degli additivi dei vaccini. Di fronte a ciò che è in arrivo, ognuno di noi deve DIRE DI NO, semplicemente, senza alcuna spiegazione.
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