Clamoroso documento ignorato a marzo dal Governo

 Il mio personale pensiero 

Dunque, chi crede che questo "vairus pericolosissimo" esista veramente, deve prendersela con il governo per non aver messo in pratica le mosse necessarie 

Per chi crede che il virus non sia altro che l'ennesimo coronavirus di turno, giustamente deve prendersela con il governo perché un ennesimo lockdown non avrebbe il minimo senso. 

INDIZI... 


Dott. CIRIO “Più grande farsa della storia messa in atto per instaurare un regime mondiale.”

Avrebbe fermato l’epidemia in 20 giorni


E' spuntata una lettera inviata a marzo da alcuni ricercatori italiani al Governo che avrebbe potuto contrastare immediatamente l'epidemia

Alla soglia di un nuovo lockdown per l’Italia, è spuntato sul sito www.lettera150.it un documento sconvolgente, ignorato clamorosamente dal Governo lo scorso marzo. Si tratta di uno studio, redatto da un gruppo di ricercatori italiani del Cnr, dell’Ifn e di Ricmass inviato al premier Conte e al ministro Speranza per arginare l’epidemia di Coronavirus poco dopo la sua diffusione.

Coronavirus
Vittorio Zunino Celotto/getty images

All’interno di quelle pagine veniva delineato un sistema alternativo al lockdown, il ‘Case finding and mobile tracing‘ (CFMT), che avrebbe fermato l’epidemia in 20 giorni con test veloci, tecnologie di tracciamento dei contatti basate su cellulare e isolamento delle persone contagiose anche dalla loro famiglia. “Bisogna seguire l’esperienza di Paesi democratici quali Corea, Giappone, Taiwan, Nuova Zelanda che hanno utilizzato test di massa, tracciabilità ed isolamento dei contagiati fuori dai contesti familiari” le parole di Gianpietro Ravagnan, uno degli autori della lettera, già professore ordinario di Microbiologia Università Ca’ Foscari di Venezia. “E’ evidente che oggi i nuclei familiari sono il luogo per eccellenza della diffusione della patologia da Covid-19. Le famiglie sono spesso impossibilitate sia a gestire il contagiato sia ad evitare cluster familiari che diventano poi talvolta di condominio. Il fattore di riproduzione può essere invece abbattuto in tempi brevi ospitando i soggetti nei Covid hotel in condizioni di quarantena assistita, con costi ridotti rispetto a quelli di un eventuale ricovero ospedaliero”.

Coronavirus
Justin Setterfield/Getty Images

Il Governo però ha deciso di ignorare quella lettera, come sottolineato anche da Giuseppe Valditara, coordinatore di Lettera 150, il think tank che raduna circa 250 studiosi di diverse discipline: “ancora una volta il governo non ha ascoltato gli scienziati e alla fine, dopo aver perso mesi preziosi tra la prima e la seconda ondata, ha dovuto imboccare la strada arcaica del lockdownIl documento sul metodo CfmT dimostra analiticamente che altre soluzioni erano e sono possibili”.



Ecco 👇

Covid-19, Lettera150: l’alternativa al lockdown era possibile, il governo l’ha ignorata

In un documento inviato il 29 marzo al presidente del consiglio Conte e al ministro della Salute Speranza , un gruppo di ricercatori italiani del Cnr, dell’Infn, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, dell’Università di Camerino e di Ricmass, il Rome International Center for materials science, aveva delineato un sistema alternativo al lockdown nel contenimento della diffusione del virus, il “Case finding and mobile tracing” (CFMT).

Il gruppo di scienziati ha valutato, studiando quantitativamente l’evoluzione temporale dei casi di Covid-19 in diversi Paesi, che l’epidemia si sarebbe potuta fermare in Italia in tempi dell’ordine di 20 giorni facendo molti test veloci, usando tecnologie di tracciamento dei contatti basata su cellulare, e isolando anche dalla loro famiglia le persone contagiose.

La lettera (pubblicata in esclusiva sul sito www.lettera150.it) è firmata dai professori Antonio Bianconi, Augusto Marcelli, Gaetano Campi , Andrea Perali , Giampietro Ravagnan , Andrea Crisanti.

“Bisogna seguire l’esperienza di Paesi democratici quali Corea, Giappone, Taiwan, Nuova Zelanda che hanno utilizzato test di massa, tracciabilità ed isolamento dei contagiati fuori dai contesti familiari”, spiega Gianpietro Ravagnan, già professore ordinario di Microbiologia Università Ca’ Foscari di Venezia, “perché è evidente che oggi i nuclei familiari sono il luogo per eccellenza della diffusione della patologia da Covid-19. Le famiglie sono spesso impossibilitate sia a gestire il contagiato sia ad evitare cluster familiari che diventano poi talvolta di condominio. Il fattore di riproduzione può essere invece abbattuto in tempi brevi ospitando i soggetti nei Covid hotel in condizioni di quarantena assistita, con costi ridotti rispetto a quelli di un eventuale ricovero ospedaliero”.

“Ancora una volta il governo non ha ascoltato gli scienziati e alla fine, dopo aver perso mesi preziosi tra la prima e la seconda ondata, ha dovuto imboccare la strada arcaica del lockdown”, commenta Giuseppe Valditara, coordinatore di Lettera150, il think tank che raduna circa 250 studiosi di diverse discipline, “il documento sul metodo CFMT dimostra analiticamente che altre soluzioni erano e sono possibili”.

Lettera al Presidente del Consiglio-Covid 29-3-20

Ostwald Growth Rate in Controlled Covid-19 Epidemic Spreading as in Arrested Growth in Quantum Complex Matter


FIRMA LA PETIZIONE

Covid19: Il Governo faccia ora ciò che non si è fatto prima. Decalogo per salvare l'Italia





È dunque riesplosa la pandemia da Covid-19. I sacrifici degli italiani, reclusi per 2 mesi fra marzo e aprile, sono stati gettati alle ortiche.

È importante avviare una operazione verità che individui gli errori commessi non solo perché ciascuno si faccia carico delle proprie responsabilità, ma soprattutto per evitare il ripetersi di simili errori. Perché se dovessimo ripeterli in futuro, domata la seconda ondata, potremmo trovarci a dover fronteggiare la terza.

Serve a poco affermare che la situazione italiana è migliore di quella di altri paesi europei, o ripetere la favoletta che gli altri paesi ci ammirerebbero per come abbiamo gestito l’epidemia. Non sono i peggiori che andavano presi a modelli, ma i migliori. L'esperienza dei paesi asiatici (ma anche di Australia e Nuova Zelanda), che hanno combattuto l’epidemia con molto più successo di noi, doveva insegnare qualcosa. 

Per non parlare poi dell'esperienza dei paesi europei che, come la Germania (ma non solo la Germania), hanno avuto maggiore successo di noi nel contrasto dell’epidemia e nella difesa dell’economia.

Soprattutto, è il caso di ricordare che in Italia sono stati prodotti diversi studi e documenti che in tempi utili indicavano ai decisori politici quel che stava effettivamente accadendo, e la strada da imboccare per evitare di ritornare in una situazione drammatica quale quella sperimentata nella prima parte dell'anno. Perché sostenere l’economia e tutelare la salute non sono due obiettivi inconciliabili, ma due processi strettamente interdipendenti.


A CHI SPETTA GOVERNARE L'EPIDEMIA?

Occorre fare chiarezza sulle competenze: la costituzione attribuisce al Governo la competenza esclusiva sulla lotta a pandemie di carattere internazionale (art. 117,2 lettera q), oltre che in materia di coordinamento informativo, statistico, informatico dei dati nazionali, regionali e comunali (art. 117,2 lettera r). Inoltre, spetta al Governo l'emanazione delle norme generali e il coordinamento dell'azione amministrativa in materia di tutela della salute (art. 117,3) e il potere di sostituirsi a organi regionali e comunali per tutelare la incolumità e la sicurezza pubblica (art.120,2).


DIECI COSE DA FARE (CHE NON SI SONO FATTE):

1) Tamponi di massa, nel quadro di una strategia rigorosa di "sorveglianza attiva". 

Il 5 maggio Lettera 150 lanciò un appello per aumentare il numero di tamponi, ma la promessa governativa di farne molti di più non ha avuto alcun seguito (anzi, al 5 di agosto, ossia dopo 3 mesi dall’appello, i tamponi risultavano addirittura diminuiti di circa il 15%). In compenso i cittadini che li debbono fare sono costretti spesso a file interminabili e i risultati arrivano dopo diversi giorni. I centri diagnostici privati sono stati coinvolti tardi, in modo parziale e ancora non in tutte le regioni. È di ieri la sentenza del Tar Lazio che condanna la Regione a consentire l’effettuazione di tamponi molecolari ai centri privati. 
Il 20 agosto il prof. Andrea Crisanti aveva inviato al Governo un piano che considerava necessario realizzare 400.000 tamponi al giorno per prevenire il diffondersi del virus. Nel piano si prevedeva che il Governo aggiungesse, alle potenzialità delle Regioni, 20 laboratori fissi, uno per regione, e 20 laboratori mobili. Nulla di questo è stato realizzato. 
Uno studio dei professori Francesco Curcio e Paolo Gasparini, per Lettera 150, reso pubblico il 19 maggio dal Corriere della Sera, aveva previsto un concreto modello organizzativo per realizzare circa 1.3 milioni di tamponi al giorno. Una capacità così ampia di fare tamponi rallenterebbe ancora oggi il diffondersi dell'epidemia. I costi sono compatibili: un tampone rapido costa circa 4 euro. Del resto nella città cinese di Qingdao su una popolazione di 9 milioni di abitanti, si sono fatti oltre 3 milioni di tamponi in un solo giorno, come riporta l’agenzia Agi il 13 ottobre. 


2) A scuola in sicurezza.

Alla ripresa di settembre la maggior parte delle scuole non è in grado di ridurre il numero di alunni per classe (come avvenuto in molti paesi europei), né di garantire la misurazione della febbre, né di gestire i sospetti positivi. Non è nemmeno previsto l'obbligo delle mascherine chirurgiche in classe. I ragazzi arrivano a scuola ammassati sui bus, perché – non essendo stata rafforzata la rete dei trasporti locali – nessuno si preoccupa di far rispettare la (blanda) regola che imporrebbe di non occupare più dell’80% dei posti.

3) Un database pubblicamente accessibile con tutti i dati necessari per affrontare efficacemente l’epidemia.

La lotta contro l'epidemia si vince partendo dalla conoscenza dei dati epidemiologici indispensabili per capire per esempio i canali di trasmissione del virus oppure per organizzare una rete efficiente di tracciamento dei contatti. Da giugno scorso l'Accademia dei Lincei, fra i tanti, aveva chiesto al Governo che fossero raccolti e messi a disposizione della comunità scientifica i dati epidemiologici. Ciò non è avvenuto. Ad oggi ancora molti dati essenziali per la lotta al virus sono sconosciuti. Quanto ai dati della Protezione Civile, è incredibile che le poche informazioni fornite siano del tutto indisponibili a livello comunale, e che a livello provinciale l’unico dato fornito sia quello dei nuovi casi. 

4) Il tracciamento come strumento di controllo della trasmissione del virus.     

La capacità dei Paesi dell'est Asia di tenere sotto controllo il diffondersi dell'epidemia è legata innanzitutto al tracciamento dei contatti dei positivi. Il Governo aveva promesso un sistema efficace di tracciamento informatico. L'app Immuni non ha funzionato. 

5) Non chiudere un occhio sugli assembramenti, effettuando controlli massicci e sanzionando le violazioni.

Per tutta l’estate si moltiplicano gli assembramenti, in particolare quelli legati alla movida e ai divertimenti di massa, ma né la polizia locale, né le forze dell’ordine vengono mobilitate per fare rispettare le regole: il numero di controlli si riduce di circa l’80% rispetto ad aprile. Nemmeno a Ferragosto, quando i rischi per la salute sono diventati evidenti a tutti, viene disposta la chiusura delle discoteche, che entra in vigore solo dopo aver concesso l’ultimo weekend di divertimento (14-15-16 agosto).

6) Mantenere la promessa di creare 3.500 nuovi posti di terapia intensiva.     

Ad oggi si stima che solo 1.300 dei 3.500 posti aggiuntivi di terapia intensive, previsti dal governo a maggio scorso, siano operativi. Solo il 12 ottobre si è chiuso il bando di gara per le nuove postazioni. 


7) Garantire un adeguato distanziamento su tutti i mezzi pubblici.

I mezzi pubblici possono essere un importante luogo di diffusione del contagio. Nonostante ciò il Governo, d'intesa con le Regioni, si è limitato a stabilire una capienza massima per mezzo pubblico pari all'80%, una capienza che non consente un adeguato distanziamento. Non è stato previsto un finanziamento straordinario specifico, né è stato esercitato alcun coordinamento per indurre Comuni e Regioni a dotarsi di nuovi mezzi utilizzando le procedure d'urgenza di cui all'art. 63 del Codice appalti, che avrebbero consentito di espletare le gare in circa un mese. Si sarebbero potuti assumere conducenti con bandi straordinari per contratti a tempo determinato, magari fra i conducenti NCC rimasti senza lavoro, o si sarebbero potute finanziare convenzioni con le compagnie dei taxi. Si sarebbero dovuti riaprire al traffico i centri storici, alleggerendo così la pressione sui mezzi pubblici. 

8) Assicurare un'adeguata e tempestiva disponibilità di vaccini anti-influenzali, anche nelle farmacie.

In molte regioni italiane mancano i vaccini contro l'influenza. Le quantità disponibili sono insufficienti anche per una parte della popolazione anziana. Non si trovano nelle farmacie. Molti cittadini, dopo mille raccomandazioni a vaccinarsi, non saranno in grado di farlo. Per fronteggiare l'emergenza si dovevano centralizzare le procedure di acquisto a livello nazionale. 

9) Mettere i medici di base in condizione di visitare i pazienti Covid, dotandoli dei necessari dispositivi di protezione individuale.

Come testimonia, tra gli altri, il primario Luigi Cavanna ad Italia Oggi del 13 giugno, l'esperienza delle cure domiciliari anti-Covid ha consentito di ridurre sensibilmente i ricoveri ospedalieri e la mortalità. Le unità speciali di continuità assistenziale per le cure domiciliari sono poche e male organizzate. Occorreva un intervento governativo che innanzitutto finanziasse questo servizio e ne garantisse la efficacia su tutto il territorio nazionale coinvolgendo direttamente i medici di base dotati di adeguate protezioni. Nonostante le promesse di rafforzare la medicina territoriale, i medici di base non sono in condizione di visitare a domicilio i loro pazienti sintomatici.

10) Luoghi dove poter trascorrere la quarantena senza contagiare famigliari conviventi.

Il Governo aveva promesso i Covid-hotel. In estate con il decreto legge 34 la gestione è passata dalla Protezione Civile alle Regioni. Asl e Ats stanno lanciando soltanto ora bandi per stipulare convenzioni con hotel e altre strutture. 


Noi pensiamo che quel che non è stato fatto fra maggio e ottobre debba assolutamente essere fatto ora. Perché il problema cruciale di un’epidemia non è portare il numero di contagi vicino a zero, ma mantenerlo basso quando il peggio sembra passato.
 Per garantire questo, servono tutte e 10 le cose che abbiamo elencato. Serve, soprattutto, un impegno solenne del governo centrale ad attuarle in tempi brevi e certi, senza i tentennamenti e le distrazioni del passato. Serve un cronoprogramma che specifichi costi, strumenti, fasi di avanzamento, date di conclusione.

Perché il rischio che corriamo è grande. E’ il rischio che, dopo il tempo delle chiusure, quello delle aperture ci restituisca la medesima illusione, il medesimo tempo sospeso in cui siamo vissuti quest’estate. Un intervallo in cui si fa poco per contrastare il virus, ci si illude che il virus sia in ritirata, e così si prepara l’arrivo di una nuova ondata.

Gli italiani, come sempre, finiranno per fare quel che gli si chiede, sopportando sacrifici e rinunce.


E’ troppo chiedere che, almeno, non siano inutili?


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