La confessione: «Il piano anti Covid è del 2006»

 

Gli studiosi della sede di Venezia: «Strategia mai aggiornata, noi abbiamo fatto il nostro dovere»

È riesploso in queste ore, dopo un nuovo servizio diReport andato in onda lunedì sera su Rai 3, il caso del dossier «Una sfida senza precedenti: la prima risposta dell’Italia al Covid-19», redatto da dieci ricercatori della sede veneziana dell’Oms e ritirato dalla stessa Organizzazione mondiale della Sanità a 24 ore dalla sua pubblicazione, avvenuta l’11 maggio scorso. Perché? Il documento rivela che il Piano anti-Covid ricalca il Piano pandemico anti-influenzale del 2006, quindi superato e mai aggiornato, e infatti definisce la risposta del Paese all’epidemia «caotica e creativa». Da qui la decisione di farne sparire tutte le copie che sarebbe stata presa da Ranieri Guerra, numero due dell’Oms, per non far fare brutta figura all’Italia, lodata per la gestione dell’emergenza proprio dalla costola dell’Onu. Ma il dossier è stato acquisito dalla Procura di Bergamo, che indaga per epidemia colposa e falso, partendo dalla mancata chiusura, a febbraio, dell’ospedale di Alzano Lombardo. Il sospetto, avvalorato da esperti, è che la denuncia degli scienziati al lavoro a Venezia e lanciata subito, prima della conclusione del rapporto, se raccolta avrebbe potuto salvare migliaia di vite. Dopo aver sentito, tra gli altri, il premier Giuseppe Conte, il ministro della Salute, Roberto Speranza, e Ranieri Guerra, i pm lombardi per la terza volta in due mesi hanno convocato Francesco Zambon, coordinatore nella sede veneziana dell’Oms dell’ufficio europeo per i piccoli Stati. Lui è secondo Report il «ricercatore con la schiena dritta che non ha ceduto alle pressioni di Guerra affinché cambiasse nel dossier l’anno del Piano pandemico dal 2006 al 2016». E che rischia il licenziamento.



Francesco Zambon, coordinatore nella sede veneziana dell’Oms dell’Ufficio europeo per i piccoli stati.


Francesco Zambon si è presentato dai magistrati di Bergamo e ha ribadito di avere subito delle pressioni dal numero due dell'Oms, Ranieri Guerra, in relazione alla presunta postdatazione del piano pandemico per farlo sembrare aggiornato. Alla domanda se Zambon abbia paura per eventuali ripercussioni, il legale risponde: "Chiunque di noi può immaginare, mettendosi nei suoi panni, quanto possa essere sgradevole la situazione che sta vivendo".Zambon avrebbe ribadito la questione delle presunte minacce di licenziamento subite da Guerra relative al dossier sulle falle del sistema italiano rispetto alla pandemia, pubblicato e sparito nel giro di poche ore nel maggio scorso dal sito dell'Oms. 

"Ma hanno influito tante cose in questa decisione - precisa d'Acquarone - oltre al ministro che dice che secondo lui l'Oms lo deve mandare a testimoniare. Il fatto che una persona ha dei diritti e dei doveri anche come persona, a prescindere dalle posizioni che prendono gli altri; la chiamata da parte dell'autorità giudiziaria del tuo Paese; Ranieri Guerra che sui social nei giorni scorsi ha detto che sarebbe stato giusto che lui si presentasse. Alla fine, sembrava che lui non ci volesse andare e non era così in una situazione paradossale dove gli uffici dell'Oms dicono che non si deve presentare e il direttore vicario, Guerra, dice di sì".

Del 19 dicembre 2020

Piano pandemico, ecco le mail di Zambon all’Oms: «Ritirare il report sull’Italia avrà conseguenze catastrofiche»

Francesco Zambon, uno degli autori del rapporto critico sulla risposta italiana alla pandemia di Coronavirus pubblicato il 13 maggio dall’Oms ma rimosso il giorno dopo, avvertì i vertici dell’Organizzazione mondiale della Sanità che molte persone sarebbero morte se il documento fosse stato ritirato. A riportarlo è l’agenzia Associated Press, che ha visionato le email di Zambon al capo dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, e che aggiunge ulteriori dettagli sulle comunicazioni tra i soggetti chiave della vicenda, dopo quelli già emersi da un articolo del Guardian dell’11 dicembre scorso.

Zambon parlò di «uno scandalo di proporzioni enormi»

Zambon mise in guardia dal rischio di uno «scandalo di proporzioni enormi, in un momento delicato per l’agenzia Onu con l’imminente inchiesta sul Covid-19». L’Oms, secondo i documenti interni visti dall’Ap, aveva approvato la pubblicazione del testo, salvo poi ritirare il report a causa di «inesattezze fattuali». L’Oms ha negato di aver subito pressioni dal governo italiano affinché fosse rimosso. Nel testo si sosteneva che il ministero della Salute non aveva aggiornato il piano pandemico italiano dal 2006 e che nel 2017 era stato riconfermato senza sostanziali cambiamenti.

Secondo Ap, in una email del 13 maggio il direttore vicario dell’Oms Ranieri Guerra scrisse a Zambon che l’Italia aveva appena fatto una donazione volontaria di 10 milioni di euro all’agenzia Onu e che stavano per iniziare i negoziati per ili finanziamento dell’ufficio dell’Oms di Venezia. «Ci sono già segnali di agitazione nelle istituzioni italiane e di un risentimento non necessario contro l’Oms», scrisse Guerra a Zambon il 14 maggio. Il giorno dopo, anche il capo dell’Oms Europa, Hans Kluge, scrisse al ricercatore, spiegando che il ministro della Salute Roberto Speranza era stato «molto contrariato» dal rapporto: il governo italiano, disse, si sente «costantemente attaccato dalla stampa e ogni parola può essere interpretata male. Si sono sentiti calpestati da un amico».

Kluge: «Abbiamo bisogno che il ministero sia felice»

Kluge aggiunse che avrebbe proposto a Speranza di includere funzionari italiani nella revisione del rapporto: «Abbiamo bisogno di un ministero della Salute felice e di dare il via libera per Venezia», disse riferendosi al finanziamento per l’ufficio nella città lagunare. Intanto Zambon aveva avvertito Ghebreyesus e Kluge che si sarebbero messe a rischio molte vite in tutto il mondo negando le «lezioni imparate» dall’Italia.

«Una grande squadra di esperti ha lavorato giorno e notte con un obiettivo: assicurare che quanto avvenuto in Italia non si ripetesse in quei Paesi temporalmente indietro nella curva epidemica», scrisse Zambon a Kluge il 27 maggio. «Il rapporto contiene messaggi importanti, estrapolati dai fatti su cosa ha funzionato e sui punti ciechi del sistema». Il giorno dopo, in un messaggio a Ghebreyesus, Zambon avvertì del «rischio di un danno catastrofico in termini di indipendenza e trasparenza se una versione ‘censurata’ della pubblicazione venisse modificata».

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