Non aspettatevi che dopo la COVID-19 l’economia mondiale ritorni ai vecchi tassi di crescita

 La maggior parte delle persone sembra pensare che l’economia mondiale stia attraversando una crisi temporanea, dovuta questo nuovo coronavirus. Si aspettano che l’economia torni alla normalità subito dopo la fine dell’emergenza Covid. Trovo questa valutazione eccessivamente ottimistica. Per come la vedo io, l’economia mondiale stava già avendo gravi problemi di crescita, causati indirettamente da carenza di risorse, anche prima della COVID-19.

In un’economia mondiale in crescita, ci si potrebbe aspettare che i lavoratori diventino sempre più ricchi, in modo da potersi permettere una quantità crescente di beni e servizi. Quello che vediamo è, in realtà, qualcosa di molto diverso. Per esempio, la vendita di autovetture nuove di fabbrica stava già diminuendo in molti dei principali Paesi, molto prima della COVID-19, anche con la popolazione in aumento. Chiaramente, c’era qualcosa che non andava.

Figura 1. Vendite di auto per Paesi selezionati, in base ai dati di CarSalesBase.com.

Per come vedo la situazione, il mondo ha un problema di risorse. Infatti, risorse di molti tipi, tra cui acqua dolce, prodotti energetici e minerali, stavano già diventando più difficili (e costosi) da estrarre, anche prima del 2020. Rimpiazzarli avrebbe potuto funzionare, se il problema fosse stato solo di una o due risorse, ma non con diverse risorse tutte ugualmente importanti. Il taglio era l’unica risposta.

Pertanto, i lockdown per la COVID-19 sono arrivati in un momento davvero opportuno, portando al rallentamento di economie che stavano già andando male. Inutile dire che non c’è nessun leader mondiale disposto a spiegare questo problema, tenuto invece ben nascosto alla popolazione. Al contrario, i leader mondiali hanno usato un codice standardizzato, come “dobbiamo passare alle energie rinnovabili” o “dobbiamo ridurre la produzione di CO2 entro il 2050 per prevenire il cambiamento climatico.” Sfortunatamente, la capacità di passare alle energie alternative in questo lasso di tempo è semplicemente un’illusione, che però permette ai leader mondiali di far passare sotto silenzio il grave problema della carenza di risorse che l’economia mondiale sta attualmente affrontando.

Mi aspetto che, entro pochi mesi, arrivi una nuova crisi (probabilmente di tipo finanziario), riducendo ulteriormente il consumo di risorse. Questo accadrà, indipendentemente dal fatto che il problema del nuovo coronavirus sia stato risolto o meno. In questo post cercherò di spiegare la situazione.

[1] L’economia mondiale è un sistema auto-organizzato, che opera in base alle leggi della fisica. Per funzionare richiede un mix di risorse, comprese quelle energetiche.

Le leggi della fisica richiedono che l’energia venga “dissipata” ogni volta che si svolgono attività che portano all’incremento del PIL. Ad esempio, se una persona deve guidare un camion, dovrà consumare cibo per la propria energia personale. Questo cibo viene “dissipato” dalla digestione. Se il camion deve trasportare merci, dovrà bruciare un certo tipo di carburante, p.e. gasolio. Questo carburante viene dissipato bruciandolo [in un motore a combustione interna]. Se un computer deve funzionare, dovrà dissipare energia elettrica. Se un ambinte (o un liquido) deve essere riscaldato o raffreddato, sarà necessario un qualche tipo di dissipazione di energia.

L’economia mondiale cresce in modo molto ordinato. La popolazione aumenta gradualmente, perchè [di solito] si verificano più nascite che decessi. Tutte queste persone in più hanno bisogno di cibo e di acqua potabile, necessitano anche di un’abitazione e di abbigliamento per ripararsi dagli elementi. Idealmente, hanno bisogno di una forma di trasporto che vada oltre il semplice camminare. Le imprese vengono create per consentire l’accesso a beni e servizi che soddisfano queste esigenze. Occorrono anche governi per fornire i servizi utilizzati da tutti e per regolare il sistema. Dev’essere inoltre instaurato un sistema finanziario per facilitare le transazioni.

L’economia mondiale non può rallentare e ripartire rapidamente. Questo è particolarmente vero per un’economia che aveva già iniziato a rallentare, anche prima della pandemia del 2020. Dal momento che, anche prima della pandemia, non erano disponibili risorse sufficienti e del tipo giusto per consentire una vera crescita economica, è difficile capire come la situazione possa migliorare un anno dopo.

Una chiave per capire come funziona un’economia auto-organizzata è comprendere che l’economia è un processo multiforme. Le aziende, per continuare ad operare, devono realizzare un profitto adeguato. I lavoratori devono guadagnare un giusto salario per poter mantenere una famiglia. I clienti hanno bisogno di prezzi convenienti. La carenza di materie prime estrattive può portare a molti e diversi problemi: mancanza di redditività per i produttori o eccessiva disparità salariale tra i lavoratori o prezzi troppo alti per i clienti. La carenza di risorse può anche causare l’emigrazione di salariati sottopagati. La carenza di risorse può anche svuotare gli scaffali dei negozi.

[2] In Cina, l’esaurimento delle miniere di carbone nei pressi dei centri abitati ha influenzato negativamente l’economia cinese più di quanto venga fatto sapere al mondo esterno.

La Cina era entrata a far parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nel dicembre 2001. Il protocollo di Kyoto aveva imposto a 37 nazioni industrializzate di ridurre le proprie emissioni di gas serra. Più di 100 Paesi in via di sviluppo, tra cui Cina e India, erano stati esentati dall’osservanza del trattato. Questa combinazione di eventi aveva permesso alla Cina di aumentare notevolmente la propria economia, incrementando la costruzione di nuove strade, fabbriche e unità abitative in muratura, con poca concorrenza da parte dei 37 Paesi industrializzati

La Cina disponeva di enormi riserve di carbone e ne aveva immediatamente incrementato l’utilizzo (Figura 2). Naturalmente, questo aveva fatto crescere anche il consumo mondiale di carbone, un effetto decisamente opposto al risultato auspicato dal protocollo di Kyoto: la riduzione delle emissioni mondiali di CO2.

Figura 2. Consumo mondiale e cinese di carbone, sulla base dei dati della Statistical Review of World Energy 2020 di BP . La Cina, nel 2019, ha importato il 7,4% del suo fabbisogno di carbone, quindi, anche se la sua produzione di carbone rimanesse stabile, la Cina raggiungerebbe il proprio limite di crescita prima del previsto e in modo più drastico.

Il problema che la Cina aveva incontrato intorno al 2013 era stato che le sue miniere di carbone, specialmente quelle vicino ai centri abitati, avevano iniziato ad esaurirsi. Il costo di estrazione era salito perché i giacimenti di carbone più ricchi, quelli più vicini alla superficie, erano stati quasi completamente sfruttati. In teoria, da quelle miniere sarebbe possibile estrarre ancora molto carbone, se il prezzo aumentasse sufficientemente. Per esempio, potrebbe essere utilizzato anche carbone proveniente da nuove miniere più distanti dai centri abitati, se il prezzo fosse remunerativo e coprisse i costi del trasporto via terra.

Però i prezzi del carbone non non erano aumentati e non avevano coperto i maggiori costi di produzione. Se fossero aumentati, sarebbe aumentato anche il costo di molte merci destinate all’esportazione, rendendo queste esportazioni meno redditizie. Dal momento che i prezzi del carbone erano rimasti troppo bassi per i produttori di carbone, sembra che più del 70% delle società carbonifere cinesi fosse in perdita nel primo semestre del 2014.

La Cina ha chiuso le miniere non redditizie e ne ha aperte di nuove in località più distanti [dai grossi centri urbani]. Infatti, la produzione di carbone della Cina ha sofferto molto negli ultimi anni. Un problema costante è stato quello di mantenere i prezzi del carbone abbastanza elevati, in modo da coprire i costi crescenti di estrazione e di trasporto ai centri abitati. Ci sono inoltre recenti indicazioni sul fatto che l’approvvigionamento di carbone è inadeguato: per esempio, nell’inverno 2020-2021, numerose località della Cina hanno subito continui blackout e sono già arrivate notifiche ufficiali in previsione di possibili carenze di energia elettrica per quest’estate. La Cina ha volutamente limitato le prorie importazioni di carbone, soprattutto perché ha voluto e vuole mantenere i prezzi locali sufficientemente alti per non mandare in perdita i produttori nazionali di carbone.

La Cina utilizza il carbone in molti modi: generazione di elettricità, produzione di acciaio e di cemento, la componente più importante del calcestruzzo. Il calcestruzzo viene utilizzato nella costruzione di strade, ponti ed edifici di tutti i generi, compresi i grattacieli edificati in molte località della Cina.

La figura 3 mostra che, In Cina, la produzione di cemento è andata diminuendo contemporaneamente all’”appiattimento” della produzione di carbone. Non sarebbe quindi sorprendente se fosse stata la carenza di carbone ad indurre Cina a ridurre la produzione di cemento, proprio per destinare alla generazione di energia elettrica il carbone così risparmiato.

Figura 3. Produzione di cemento per il mondo e per la Cina in base ai dati USGS.

La Cina, come altri paesi, ha visto aumentare la propria popolazione. La figura 4 mostra le quantità di carbone e cemento prodotte dalla Cina su base pro capite. Questo approccio indica che, su base pro capite, sia il consumo di carbone che la produzione di calcestruzzo sono in calo dal 2013-2014 circa. Infatti, il consumo di carbone aveva iniziato a diminuire già prima della produzione di cemento, suggerendo che il calo del consumo di carbone sia la causa del calo della produzione di cemento.

Figura 4. Produzione di cemento dall’USGS e consumo di carbone dal BP’s Statistical Review of World Energy 2020, su base pro capie, dal World Population Prospects 2019 delle Nazioni Unite.

[3] Una diminuzione nella costruzione di nuove case negli Stati Uniti dopo il 2008, così come la recente difficoltà nella ripresa delle costruzioni in generale, sono un’ulteriore prova che il mondo sta raggiungendo il limite per tutta una serie di risorse.

Figura 5. Nuove unità abitative monofamiliari di proprietà privata negli Stati Uniti divise per la popolazione statunitense, moltiplicate per una costante. Questo dà una misura della crescita pro capite delle nuove unità abitative unifamiliari. Grafico preparato dalla Federal Reserve di St. Louis.

La figura 5, sopra, mostra che il numero di nuove unità abitative unifamiliari, rispetto alla popolazione, era diminuito drasticamente a fine 2005, inizio 2006 (in concomitanza con l’aumento dei tassi di interesse target della Federal Reserve statunitense, che aveva aumentato il costo del denaro sia per i costruttori che per gli acquirenti.) La costruzione di nuove case era crollata prima e durante la Grande Recessione del 2008. Da allora, la costruzione di nuove unità non è aumentata di molto.

Anche nel 2020 e all’inizio del 2021, il numero delle nuove unità abitative è stato molto basso rispetto agli standard storici. Di certo non sorprenderebbe se la mancanza di risorse fosse una delle cause che rallenta la costruzione di nuove case. [Questa carenza di risorse] potrebbe anche causare l’impennata dei prezzi di alcune materie prime (ad esempio, legname e rame) non appena la produzione di nuove case tentasse di ripartire.

[ 4] La produzione mondiale di petrolio sembra diminuire per lo stesso motivo che aveva rallentato la produzione del carbone cinese: i prezzi sono troppo bassi per i produttori a causa di problemi di esaurimento dei giacimenti. I produttori di petrolio non riescono a realizzare un profitto adeguato e quindi stanno riducendo la produzione.

Figura 6. Produzione mondiale di petrolio fino al 2020 in base ai dati della US Energy Information Administration

La produzione mondiale di petrolio greggio aveva raggiunto il livello più alto nel 2018. Da allora è diminuita.

La figura 7 mostra che, negli ultimi anni, la produzione di petrolio è diminuita in molte parti del mondo.

Figura 7. Produzione di petrolio greggio e condensato per aree selezionate del mondo, sulla base dei dati della US Energy Information Administration.

Il N°1 della produzione di petrolio greggio, almeno fino a poco tempo fa, erano gli Stati Uniti con la loro produzione di petrolio di scisto.

Figura 8. Produzione di petrolio greggio e condensato degli Stati Uniti per i 48 Stati, l’Alaska, e per i bacini di scisto, sulla base dei dati della US Energy Information Administration.

Sfortunatamente, con i prezzi bassi, il petrolio di scisto statunitense non è redditizio. La produzione di scisto è diminuita nel 2020 e anche le indicazioni per l’anno 2021 la prevedono in calo.

A livello mondiale, l’industria petrolifera, in realtà, sembrerebbe aver bisogno di un prezzo di 120 dollari al barile o più per rendere davvero redditizi gli investimenti in nuove produzioni e i prezzi attuali sono molto inferiori a questa cifra. Una parte di questo prezzo elevato è necessaria per fornire entrate fiscali adeguate ai paesi esportatori di petrolio che dipendono da queste entrate.

[5] Rispetto alla popolazione, il consumo mondiale di petrolio e carbone aveva raggiunto il livello più alto nel 2007. Recentemente è diminuito.

Figura 9. Consumo energetico mondiale pro capite, separato tra “petrolio + carbone” e “tutto il resto.” Dati per il 2019 e precedenti basati su BP’s Statistical Review of World Energy 2020. Le cifre per il 2020 riflettono i cambiamenti percentuali previsti dall’Agenzia Internazionale dell’Energia nella sua Global Energy Review 2021.

La figura 9 mostra che, su base pro capite, il consumo combinato di petrolio e carbone aveva raggiunto il livello più alto nel 2007 ed era diminuito durante la Grande Recessione del 2008. Aveva raggiunto una sorta di plateau nel periodo 2011-2013, ma aveva iniziato a scivolare nel 2014 e, da allora, è ulteriormente diminuito. Coloro che seguono da vicino i prezzi del petrolio noteranno che il consumo combinato di petrolio e carbone pro capite tende ad essere alto quando i prezzi del petrolio sono alti rispetto ad altri beni e tende ad essere basso quando i prezzi del petrolio sono bassi. Il minor consumo pro capite di petrolio e carbone avvenuto dal 2007 in avanti dovrebbe frenare la produzione di “beni” di molti tipi, tra cui case, automobili, strade e linee di trasmissione elettrica.

La categoria “tutto il resto” non è in realtà una categoria a sé stante. Dipende dal petrolio e dal carbone per la costruzione degli oleodotti e il trasporto di energia elettrica, tra le altre cose. Senza basamenti in cemento, sarebbe difficile mettere in opera, per esempio, delle turbine eoliche. Anche i pannelli solari non funzionerebbero senza supporti in acciaio. In teoria, nel caso di una radicale transizione energetica, forse l’acciaio e il cemento potrebbero essere prodotti in quantità ragionevoli anche solo con fonti energetiche che non siano petrolio+carbone, ma sarebbe necessario capire con precisione come questo potrebbe essere effettivamente realizzato, compreso il periodo di tempo necessario per farlo.

[6] L’approvvigionamento di acqua dolce inadeguato è un problema di molte aree del mondo.

L’approccio standard per ottenere acqua dolce è sempre stato quello di attingerla dalle falde acquifere sotterranee, pompandola ad una velocità superiore a quella con cui di solito viene rimpiazzata. In alcune località, questo ha portato ad infiltrazioni di acqua salata; in altre, la falda freatica si è abbassata sempre di più. Alcuni esempi di aree con problemi idrici sono la California, l’Arabia Saudita, l’India, la Cina e Cuba .
Esistono alcuni modi per aggirare questo problema:

▪ Scavare pozzi più profondi
▪ Pompare l’acqua da zone remote, quasi sempre in salita
▪ Dissalazione

L’implementazione di una qualsiasi di queste soluzioni per risolvere il problema della scarsità di acqua potabile richiede energia da fonti diverse, principalmente dal carbone (per produrre l’acciaio) e dal petrolio (per il trasporto delle merci e l’estrazione dei minerali metallici). Queste soluzioni alternative aumentano il costo dell’acqua dolce. L’aumento dei costi dell’acqua è un problema soprattutto per l’agricoltura e per le famiglie povere, alle prese con budget che coprono poco più del prezzo di cibo e acqua.

Se non sarà possibile trovare una soluzione al problema dell’approvvigionamento idrico, diventerà necessario ridurre l’irrigazione. Un tale cambiamento porterebbe probabilmente ad un calo dell’offerta alimentare mondiale.

[7] Ci stiamo probabilmente prendendo in giro se pensiamo che la produzione di chip semiconduttori possa in futuro aumentare in modo significativo.

La Cina è attualmente un importante produttore di minerali delle terre rare, ma è anche praticamente l’unico. I chip semiconduttori vengono prodotti utilizzando minerali delle terre rare, acqua e enormi quantità di calore in ambienti praticamente sterili. Il principale produttore di semiconduttori è Taiwan, che utilizza materie prime provenienti dalla Cina. I tempi di lavoro per la costruzione di nuove fabbriche sono lunghi. La mia preoccupazione è dovuta al problema della mancanza di risorse che la Cina e il resto del mondo stanno attualmente affrontando.

Utilizziamo chip semiconduttori in molte applicazioni: computer, telefoni cellulari, automobili ed elettrodomestici “intelligenti.” Senza un aumento della produzione di chip semiconduttori, molti dei futuri sogni high-tech rimarranno probabilmente solo sogni.

[8] Con una fornitura pro capite di carbone e di petrolio in calo e con una disponibità inadeguata di acqua dolce in molte parti del mondo, siamo già arrivati al punto in cui alcuni tipi di attività “opzionali” devono essere ridotte.

Una delle prime attività ad essere ridimensionata era stato il riciclo industriale. Nel 2014 i prezzi del petrolio erano diminuiti, rendendo antieconomico il riciclo industriale di molti tipi di merci, in particolare della plastica, perché il valore di rivendita dei prodotti riciclati era sceso insieme al prezzo del petrolio. La Cina aveva ridotto notevolmente le sue attività di riciclo industriale a partire dal 1° gennaio 2018. Altri Paesi avevano seguito l’esempio. I tagli al riciclo industriale avevano permesso alla Cina di ottimizzare l’utilizzo delle proprie risorse carbonifere (che, come abbiamo detto, non erano più in crescita, vedi figure 2 e 4) per destinarle ad altre attività con maggiori margini di ricavo.

All’inizio del 2020, i tagli associati alla pandemia avevano dato all’economia mondiale un po’di “respiro,” vista la carenza di risorse. La riduzione della mobilità aveva infatti lasciato una maggior disponibilità di petrolio per altri usi. I prezzi del petrolio avevano potuto quindi calare. Questo era stato particolarmente utile per i Paesi grandi importatori di petrolio, come quelli riportati nella figura 10, qui sotto. Non sorprende che alcuni dei Paesi con i maggiori problemi di importazione di petrolio siano stati quelli più favorevoli al blocco degli spostamenti legato alla COVID-19.

Figura 10. Quantità di petrolio importata per Paesi selezionati, calcolata in barili di petrolio per persona all’anno. Importazioni di petrolio determinate sulla base dei dati della Statistical Review of World Energy 2020 di BP; I dati di popolazione provengono dal World Population Prospects 2019 delle Nazioni Unite.

[9] L’economia mondiale ha un problema di risorse molto serio. Sembrano esserci tre diversi tipi di approccio per nascondere il problema, nessuno dei quali in grado di risolverlo veramente.

Il grave problema che l’economia mondiale sta incontrando è il fatto che sia l’approvvigionamento di carbone che quello di petrolio stanno scarseggiando, soprattutto se considerati su base pro capite. Il mondo è anche a corto di acqua dolce. La Cina è afflitta da questi problemi come o più di altri Paesi. Di conseguenza, le prospettive di crescita futura della Cina sono probabilmente piuttosto basse, anche se, in realtà, alcuni credono che questa tendenza possa essere invertita. Senza una continua forte “spinta” in avanti della Cina, l’economia mondiale potrebbe essere destinata al “collasso,” una condizione che ha colpito molte civiltà in passato.

Attualmente sembrano esserci nel mondo tre diversi tipi di approccio per cercare di risolvere il problema dei limiti delle risorse mondiali, senza che venga menzionata la natura del vero problema sottostante.

[a] Sviluppare una narrativa di “paura per un futuro cambiamento climatico,” creando modelli che presumono che si abbiano a disposizione enormi quantità di combustibili fossili che potranno essere bruciate in futuro, anche se l’evidenza è esattamente l’opposto. Stiamo infatti “finendo” il carbone e il petrolio proprio in questo momento, ma in un modo diverso da quello che gli economisti avevano teorizzato (prezzo basso piuttosto che alto). Allo stesso tempo, secondo questo approccio, si sostiene che nei prossimi 30 anni sia possibile una transizione alle energie rinnovabili (in particolare eolica e solare, entrambe estremamente variabili). Il fatto che i minerali essenziali per un tale cambiamento, inclusi rame e litio, siano assolutamente carenti rispetto alle enormi quantità richieste, viene però trascurato. Nessuno cerca poi di calcolare il costo reale, misurato in prodotti energetici e altri materiali, richiesto da una tale, impegnativa transizione.

[b] Creare una storia di “paura del coronavirus” e usarla per limitare al massimo gli spostamenti delle persone e sottolineare inoltre la possibilità di mutazioni del virus. Se la gente viaggia di meno, si risparmia petrolio. Si scoraggiano i pasti al ristorante e le grandi celebrazioni, come i matrimoni, riducendo, di conseguenza, lo spreco di cibo. Se si verifica una pandemia, i politici possono usarla come scusa per mitigare tutta una serie di problemi, come:

▪ Ridurre la necessità di importare petrolio, tenendo la gente a casa.
▪ Chiudere le fabbriche, senza dire che le linee di produzione non potrebbero comunque funzionare a pieno regime a causa di ordini inadeguati o carenza di materie prime.
▪ Usare i lockdown per mantenere l’ordine in caso di sedizioni legate ai bassi salari.
▪ Nascondere il problema dei fallimenti delle attivtà commerciali dietro un nuovo problema “temporaneo.”
▪ Dare alla classe politica un ulteriore potere di controllo con nuove regole legate all’epidemia.

È inquietante che, già nel 2010, la Fondazione Rockefeller stesse cercando di utilizzare le pandemie per controllare la popolazione, esaminando possibili soluzioni alternative per una popolazione troppo ampia rispetto alle risorse.

[c] Nascondere il problema della scarsità delle risorse esistenti emettendo più debito, per quanto possibile.

In effetti, avere un coronavirus in circolazione ha aiutato anche in questo senso, perché tutti possono accettare la necessità di fare più debito su base temporanea, “fino a quando questo problema non scomparirà.” Ovviamente, il problema delle risorse non scomparirà, il che significa che il mondo, probabilmente, si troverà a dover affrontare seri problemi finanziari quando l’economia tenterà di riprendersi. Ne ho parlato nel mio post, Collapsing Debt Bubble.

[10] La mia aspettativa è che l’economia mondiale tenterà di riprendersi da questa pandemia, senza però essere in grado di farlo.

Non ci sono realmente abbastanza risorse di quelle che contano per portare l’economia mondiale molto più avanti di così. Il giorno della resa dei conti sembra vicino, forse già nei prossimi mesi. Il sistema finanziario è probabilmente l’anello più debole. Se l’economia mondiale rallenta drasticamente, i mutuatari non saranno in grado di ripagare  mutui e interessi.

Potrebbero verificarsi rapidi cambiamenti nei rapporti valutari, sconvolgendo i mercati dei derivati. Il commercio internazionale diventerà sempre più difficile, continuando solo tra quei pochi partner che si fideranno l’uno dell’altro.

Sembra che ci stiamo dirigendo verso un’economia mondiale in rapida evoluzione e, purtroppo, non in meglio.

Gail Tverberg

Fonte: ourfiniteworld.com
Link: https://ourfiniteworld.com/2021/05/27/dont-expect-the-world-economy-to-resume-its-prior-growth-pattern-after-covid-19/

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