Geremia importante profeta

 Geremia non scrisse soltanto il libro che porta il suo nome, ma anche le Lamentazioni.

Il messaggio di Geremia era rivolto ovviamente alla vita nazionale di quel periodo storico, tuttavia esso ha un valore importante anche per noi oggi. La parola ricorrente nel messaggio di Geremia è “infedeltà”, che compare ben 13 volte nel testo. Geremia è la voce di Dio che denuncia la religiosità esteriore, l’adulterio, la menzogna, l’ipocrisia (7:9-10; 7:8; 9:5, 8), note caratteristiche della sua generazione che aveva estromesso Dio dalla propria vita.
Ma questi non sono forse i segni di degrado che caratterizzano anche la nostra società?

Vedendo che il suo messaggio veniva rifiutato dalla maggioranza, il profeta comprese che il piano della grazia di Dio si rivolgeva ai singoli individui che erano pronti ad ammettere la propria condizione di peccato.
Geremia predicò che il cuore può essere trasformato per essere fedeli a Dio.
In questi cuori il Signore avrebbe scritto il nuovo patto della sua grazia (31:31-34; 50:5). Questo nuovo patto, che è diventato chiaro soltanto secoli dopo, è il patto che Gesù sigillò con il suo sangue sulla croce.

Da un punto di vista storico, racconta la storia degli ultimi cinque re di Giuda, della distruzione del tempio, della devastazione della città e della deportazione babilonese.
Da un punto di vista spirituale mostra la grazia e la misericordia di Dio nell’invitare il popolo che si era sviato a ritornare a Dio e predice il destino della nazione eletta e di quelle pagane.
Il messaggio di Dio era quello di richiamare le persone che si erano sviate, perché abbandonassero i loro peccati e tornassero a Lui. Se non si fossero ravvedute per tornare a Lui, Egli sarebbe stato costretto ad abbandonarle e la loro ribellione avrebbe ricevuto come "paga" la schiavitù.

Possiamo considerare alcune precise profezie.
Geremia fu mandato per dare l’ultimo avvertimento da parte di Dio a Giuda prima che avvenisse la distruzione, capitolo 7, vv. 27-28:

«Di' loro tutte queste cose, ma essi non ti ascolteranno; chiamali, ma essi non ti risponderanno.
Perciò dirai loro: "Questa è la nazione che non ascolta la voce del SIGNORE, del suo Dio, e che non vuol accettare correzione..."».

Geremia doveva annunciare non solo che il popolo di Giuda sarebbe stato  deportato, ma anche che il tempio sarebbe stato distrutto per mano di Nabucodonosor, re di Babilonia (21:1-10).

Geremia fu l'unico che predisse la durata della cattività babilonese:

«Tutto questo paese sarà ridotto in una solitudine e in una desolazione, e queste nazioni serviranno il re di Babilonia per settant'anni» (25:11).
«Poiché così parla il SIGNORE: Quando settant'anni saranno compiuti per Babilonia,
io vi visiterò e manderò a effetto per voi la mia buona parola facendovi tornare in questo luogo»
 (29:10).

Poi prosegue dicendo:

«Infatti io so i pensieri che medito per voi, dice il SIGNORE: pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza»  (29:11).

Tutto questo potrebbe sembrarci un po' strano: Dio aveva appena emesso un giudizio contro il suo popolo, aveva stabilito la durata del castigo e poi dice che medita il bene per il popolo.
In realtà possiamo vedere in questo atteggiamento il tipico modus operandi di un padre che corregge ed educa i suoi figli: vede il loro comportamento, li osserva, li riprende e, quando constata che la riprensione non è più sufficiente, li mette in castigo per un periodo per insegnare loro la giusta condotta da tenere.

Geremia aveva anche un giudizio da comunicare alle nazioni pagane che sarebbero venute contro Israele (46:51):

«Tu non temere, Giacobbe, mio servitore, dice il SIGNORE; poiché io sono con te, io annienterò tutte le nazioni fra le quali ti ho disperso, ma non annienterò te; però ti castigherò con giusta misura e non ti lascerò del tutto impunito.»


Anche in questo caso l'atteggiamento di Dio potrebbe risultare duro. In realtà il fatto che Dio metta Israele nelle mani di un altro popolo che avrebbe signoreggiato su di loro non fa del popolo dominante un popolo giusto. In tutta la Bibbia ricorre continuamente il giudizio su coloro che non riconoscono Dio come proprio Signore in maniera personale, e il fatto che Dio si serva di un gruppo di persone per correggere il suo popolo non annulla questa regola fondamentale basata sull'evidenza che Dio non possa convivere con il peccato.

Geremia parlò di un "Nuovo Patto" che, come accennato nella parte introduttiva del libro, riguarda il patto che Dio ha stipulato con noi, di cui Cristo, che ha versato il suo sangue per noi, è il mediatore.

«Ecco, i giorni vengono, dice il SIGNORE, in cui io farò un nuovo patto con la casa d'Israele e con la casa di Giuda; non come il patto che feci con i loro padri il giorno che li presi per mano per condurli fuori dal paese d'Egitto: patto che essi violarono, sebbene io fossi loro signore, dice il SIGNORE; ma questo è il patto che farò con la casa d'Israele, dopo quei giorni, dice il SIGNORE: io metterò la mia legge nell'intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo. Nessuno istruirà più il suo compagno o il proprio fratello, dicendo: "Conoscete il SIGNORE!" poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il SIGNORE. 

Poiché io perdonerò la loro iniquità, non mi ricorderò del loro peccato»
(Geremia 31:31-34).


Il libro delle Lamentazioni è il secondo scritto biblico di Geremia, che probabilmente fu composto nei tre mesi trascorsi fra l’incendio di Gerusalemme, ad opera delle truppe babilonesi, e la partenza per l’Egitto di coloro che erano rimasti (Geremia 31:2; 41:1, 43:7). Siamo intorno all’anno 585 a. C.è composto da 5 poemi che parlano della distruzione, del giudizio e del dolore di Dio e si concludono tutti con una preghiera, tranne il quarto.

Al capitolo 1 è descritta la desolazione di Gerusalemme. Il profeta piange sulla miseria della città che paga le conseguenze del peccato.
Nel capitolo 2 viene spiegato che la rovina della città è avvenuta a causa dell’ira di Dio (vv. 1-3). Il concetto che il Signore è un Dio d’amore, ma anche di giustizia e santità è presentato ed illustrato a più riprese in tutta la Bibbia.
Al capitolo 3 si arriva al cuore di Dio. Il profeta comprende la disciplina del Signore e si abbandona alla sua compassione e alla sua fedeltà. Egli sa che l’ira di Dio è per un periodo (v. 31), è mitigata dalla compassione e dalla bontà (v. 32), si manifesta solo quando egli vi è costretto (v. 33).
Il punto di rilievo del libro è costituito dai vv. 21-40  di questo capitolo 3. 
Segue il capitolo 4, dove viene rimarcata la punizione divina (ad esempio, v. 13). I giorni del benessere sono confrontati con quelli orribili della carestia e vengono rievocati gli orrori e le sofferenze dell'assedio.
Nell’ultimo lamento, al capitolo 5, Geremia supplica il Signore a nome di tutta la sua comunità (cfr. v. 1 e v. 21). Ancora una volta il profeta si identifica con il popolo e quindi, in realtà, è come se fosse la nazione che implora Dio di ricordarsi di essa e di salvarla, concludendo con un grido di disperazione.

Lamentazioni è un libro attuale. Le sue parole fanno intravedere anche la nostra situazione spirituale: siamo impregnati di peccato, esso è presente in tutte le pieghe della nostra esistenza (1:9); abbiamo un disperato bisogno di aiuto e lo cerchiamo dappertutto tranne che in Dio (1:19).
Lamentazioni ha la risposta a questo problema:

«Il SIGNORE è buono con quelli che sperano in lui, con chi lo cerca.»


E Dio si lascia trovare, all'epoca di Geremia come oggi.

C’è speranza per coloro che cercano il Signore. Leggendo la Bibbia potrai cercarvi Dio e la salvezza che egli ti offre. 

E se lo cerchi, Lui si lascerà trovare, mostrandoti la sua bontà attraverso Gesù Cristo.



QUI IL TESTO DEL LIBRO LAMENTAZIONI 

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