La "rinuncia" scritta male da Ratzinger per far saltare il banco

Da qualche giorno, circolano in rete le denunce di un francescano italoamericano, latinista, esperto in Scolastica e in argomentazioni canoniche sulla rinuncia papale, che, intervistato dallo youtuber Decimo Toro, sta diffondendo i contenuti esplosivi del suo sito www.fromrome.info.  Frà Alexis Bugnolo, questo il suo nome, ha tradotto oltre 9000 pagine latine da San Bonaventura e padroneggia la lingua della Chiesa come pochi.

Il frate, leggendo attentamente la Declaratio di rinuncia di Benedetto XVI, seguendo un filo rosso fra logica, diritto canonico e lingua latina, ritiene che sia stata da lui scritta, con estrema abilità e sottigliezza, appositamente perché nel tempo venisse scoperta invalida. In questo modo, Ratzinger ha permesso alla “Mafia di San Gallo”, la lobby massonico-progressista ecclesiastica che lo aveva costretto ad abdicare, di prendere frettolosamente il potere e di svelarsi. Benedetto ha fatto così in modo che tutti gli atti, le nomine e i cambiamenti nella dottrina operati dalla “falsa chiesa” possano essere spazzati via in un sol colpo proprio per l’invalidità della sua rinuncia al papato. Per questo il Vaticano– secondo frà Bugnolo - ha deliberatamente falsificato, nelle traduzioni in lingua straniera, la Declaratio latina di Benedetto, tentando di porre rimedio alle sue falle intenzionali, ma dimostrando, così, ulteriore dolo.  Quarant'anni fa, Giovanni Paolo II e l'allora card. Ratzinger sapevano già, dal terzo Segreto di Fatima, che le lobby gay-massoniche del clero avrebbero tentato di prendere il potere, per questo avevano cambiato per tempo il Codice di diritto canonico predisponendo un sistema di emergenza per far saltare il banco in caso di usurpazione.

  

Questa la tesi. Per prevenire le accuse di complottismo alla sua ricostruzione, frate Alexis  cita solo i documenti dal sito del Vaticano che copiamo-incolliamo di seguito. Tutti possono controllare con un clic su www.vatican.va.

E’ del tutto assodato che nel testo della Declaratio di Benedetto sono contenuti alcuni grossolani errori grammaticali, notati già nel 2013 da eminenti classicisti come Luciano Canfora e Wilfried Stroh. Se già stupisce la mancanza del plurale maiestatico usato nei documenti ufficiali, frà Bugnolo, già traduttore di oltre 9000 pagine di San  Bonaventura, ha però notato una quarantina di altre imperfezioni linguistiche: verbi declinati male, “decisionem” al posto del corretto “consilium”, “vobis” al posto di “vobiscum”, l’uso erroneo di “explorata” per dire “indagata”,  etc. Per l'elenco completo: https://fromrome.info/2020/06/10/clamorous-errors-in-the-latin-of-the-renunciation-2/

Ma il grosso problema è la costruzione del testo di Ratzinger che renderebbe invalida la rinuncia al papato. A partire dal 1983, infatti, il Diritto canonico esige la rinuncia al “MUNUS  petrino”, ovvero all’ufficio, alla carica  del Pontefice che deriva da Dio e da San Pietro. (Prima, al papa bastava solamente dire “rinuncio” e tale modifica fu aggiunta probabilmente per blindare  eventuali future abdicazioni papali).

Ratzinger scrive nella Declaratio che le sue forze, a causa dell’età, “non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il MUNUS petrino”. Tuttavia, non scrive affatto di rinunciarvi, ma piuttosto: “ben consapevole della gravità di questo atto, DICHIARO DI RINUNCIARE AL “MINISTERO” (cioè all’esercizio) di Vescovo di Roma”. All’inizio, quindi, cita il Munus in modo generico, ma formalmente poi dichiara di rinunciare solo al Ministerium, a detta di molti, del tutto inutile per la validità dell’atto. Come se un re, abdicando, dicesse di rinunciare a esercitare il potere pratico senza rinunciare al trono ottenuto per diritto divino.

Tra l’altro, Ratzinger non scrive nemmeno “rinuncio”, bensì “dichiaro di rinunciare”, il che non implica che la sua rinuncia sia sincera, così come “dichiarare di amare”, non corrisponde per forza ad “amare”. Ipotizzando che Benedetto sia stato sottoposto a pressioni, posto di fronte a una scelta, ad esempio fra le dimissioni e la bancarotta vaticana (per questo si rimandi alla nota vicenda del codice swift e del blocco dei conti bancari vaticani) egli potrebbe aver LIBERAMENTE SCELTO DI "DICHIARARE DI RINUNCIARE". Una cosa molto diversa dal dire “liberamente rinuncio”.

Altro interrogativo sollevato da Bugnolo: perché Ratzinger scrive che la sede sarà vacante dopo 18 giorni? Eppure la rinuncia dovrebbe rendere la sede vacante fin dalla morte o dall’atto di rinuncia del papa.

La polemica sul Munus non è nuova e se ne sono occupati ampiamente Vittorio Messori, Antonio Socci e autorevoli vaticanisti, ma Frà Alexis, per primo, ha divulgato che, in tutte le traduzioni della Declaratio (sul sito vaticano), anche il Munus viene tradotto con “ministero”, accorpando quindi in un unico significato due prerogative che il diritto canonico ha ben distinto. Spiega frà Bugnolo: “Chi li ha autorizzati? Munus sarebbe perfettamente traducibile in tutte le lingue. Questa è la prova che il Vaticano ha tentato di annullare la fondamentale distinzione che papa Benedetto, nella sua recente intervista “Ein Leben”, ha pure nuovamente ribadito dichiarando come tuttora egli mantenga per sé l’”incarico spirituale”(spirituelle Zuordnung) avendo rinunciato all’esercizio concreto (konkrete Vollmacht). E’ ancora il papa regnante e infatti continua a indossare la veste bianca, a impartire la benedizione apostolica e a firmarsi P.P., Pontifex Pontificum, titolo che spetta al papa regnante”. (Va ricordato che l’unica spiegazione fornita da Ratzinger per aver mantenuto la veste bianca fu che non “aveva vesti nere nel suo armadio”).

Alla querelle sul Munus aveva risposto nel 2016, in un articolo estremamente tecnico, del tutto incomprensibile per i non addetti ai lavori, Mons. Giuseppe Sciacca, vescovo e segretario della Segnatura apostolica. “Come un furbo avvocato – dice frà Bugnolo –  Sciacca dice, giustamente, che il potere non può essere diviso fra due papi, ma dà per scontata la validità della rinuncia ed elude la vera questione. Dice poi che rinunciare al Ministerium comporta rinunciare automaticamente anche al Munus, ma questo non è affatto vero perché Benedetto avrebbe potuto benissimo nominare un Vicario per gestire il Ministerium e mantenere la propria carica, il Munus, che è essenziale anche per questioni teologiche e dogmatiche, non solo canonistiche, in quanto proviene da Dio”.

Vi sono poi altre stranissime anomalie nella traduzione italiana pubblicata dal Vaticano: “dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, IN MODO CHE, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante”.

Come specifica frà Bugnolo: “In modo che”, in latino è scritto da Ratzinger con UT che però deve essere tradotto con AFFINCHE’. Diversamente, “in modo che” si deve tradurre, invece, con “QUOMODO”.

Sono due cose molto differenti: “in modo che” presuppone l’assoluto, legale automatismo di un rapporto atto-conseguenza. “Affinché” invece può rivelare anche un intento nascosto o un effetto voluto, ingenerato appositamente. La differenza che passa tra un “modo” esterno e naturale rispetto a un “fine” soggettivo.

Ad esempio, non è corretto dire: “Metto l’esca nella trappola in modo che il topo sia catturato” perché non è detto che il topo caschi nell’inganno. Si deve piuttosto dire: “Metto l’esca nella trappola affinché il topo sia catturato”.

Immaginiamo per un attimo che, realmente, Benedetto sia stato costretto all’abdicazione: lui scrive quindi che “dichiara di rinunciare” al suo “ministero” “AFFINCHE’” la sede sia vacante… quindi forse anche per l’azione degli usurpatori. Se avesse scritto realmente “in modo che” avrebbe implicitamente ammesso la validità della sua rinuncia. Così, no.

Altra anomalia: perché Benedetto scrive che il nuovo conclave dovrà essere convocato “DA COLORO A CUI COMPETE” e non “da Voi cardinali”? Suona come una delegittimazione, dato che sarebbero ovviamente i cardinali a cui si rivolge a dover formare il conclave. Come se il presidente del Senato, parlando di un futuro presidente della Repubblica dicesse che questi “dovrà essere votato da coloro a cui compete” e non, come ovvio, “da voi parlamentari”.

Ratzinger, inoltre, non specifica la DATA PRECISA del nuovo, vero conclave per l’elezione del Pontefice. Dice solo che questo dovrà essere convocato DOPO CHE LA SEDE SARA’ VACANTE, cioè realmente, il momento successivo alla sua morte. Ecco perché l’elezione valida del nuovo Pontefice COMPETEREBBE, in quel caso, solo ad ALCUNI CARDINALI, quelli nominati prima dell’avvento di Bergoglio e disposti a riconoscere l’avvenuto “golpe”. Infatti le nomine cardinalizie di Bergoglio non sarebbero legalmente valide, perché emanate da un papa invalido, poiché invalida è stata la rinuncia. Nel caso passassero ancora molti anni e non rimanessero vivi e attivi cardinali “legittimi”, nominati da Benedetto o da Giovanni Paolo II, il nuovo Pontefice dovrebbe essere scelto dalla Chiesa romana, come nei tempi più antichi. Ecco perché, in questa ottica, un nuovo conclave dovrebbe essere convocato "da coloro a cui compete” e non ai cardinali cui lui si rivolge. Non fa una piega.

Fantapolitica o una Declaratio apparentemente pasticciata che, però letta nel modo giusto, si rivela di adamantina, “ratzingeriana” coerenza?

Frà Bugnolo è sicuro: gli errori di latino sono stati voluti apposta da Ratzinger per attirare l’attenzione sull’invalidità del documento e per far emergere, a una attenta lettura, la verità quando i tempi sarebbero stati maturi. Dello stesso avviso è l’avvocato viennese Arthur H. Lambauer, noto esperto di diritto internazionale, che già nel 2013, aveva notato le anomalie: “Ritengo che Benedetto abbia commesso errori di proposito per rendere invalido il successore in modo che non creasse nulla di irrevocabile (matrimoni gay, diaconato femminile etc.) e nel caso, spazzarlo via”.

Su tutto, un dato oggettivo e incontestabile: in quegli strani 18 giorni che passano dalla “rinuncia” alla sede vacante (che pure, a regola, dovrebbe scattare dalla rinuncia) nessuno ha potuto o voluto correggere la Declaratio scritta da Benedetto così “malamente”. Perché? Eppure è compito specifico dei cardinali correggere il papa, in modo premuroso e filiale, ove sbagliasse.  “Questo dimostra – sostiene frà Bugnolo - che i cardinali erano sleali e accecati dalla fretta di prendere il potere e che forse alcuni di loro, come anche alcuni funzionari della Segreteria Apostolica cui non potevano sfuggire certi errori, erano “complici” di Benedetto e, ben consapevoli del trucco, hanno taciuto affinché un giorno “scoppiasse la bomba”. In entrambi i casi si rivela un’usurpazione”.

E veniamo alle possibili obiezioni: “Ratzinger non conosce approfonditamente il latino o era già troppo anziano per scriverlo bene”. Difficile che il teologo tedesco, per 14 anni a capo della Congregazione per la Dottrina della fede, già autore di eccellenti scritti in latino, non sapesse padroneggiarlo. Peraltro, il papa è circondato da eccellenti latinisti che avrebbero potuto supportarlo. Nel febbraio 2013 era, poi,  lucido tanto da poter tenere un discorso a braccio di 58 minuti. “In ogni caso, l’invalidità resterebbe – risponde frate Alexis - perché la rinuncia impone non solo piena lucidità mentale, ma anche assoluta consapevolezza del diritto canonico”.

Altra prevedibile contestazione: “Glielo ha scritto qualcun altro che non sa bene il latino”. Ma se il documento provenisse da un coercitore o da un falsario, perché costruirlo in modo da essere canonicamente invalido?

Ultima critica eventuale: “Benedetto XVI non ingannerebbe mai nessuno”. Infatti, papa Benedetto non ha ingannato nessuno, ha solo scritto una rinuncia al ministerium. Secondo frà Bugnolo, sono altri che non hanno voluto vedere cosa c’era scritto realmente e come lui si è comportato fino ad oggi. Così, si sono ingannati da soli per la loro avidità di potere.

A una prima lettura, tutto ciò lascia frastornati: sembra assurdo, ma terribilmente coerente. A nulla vale, in questo caso, sbandierare la solita categoria difensiva del “complottismo” perché qui ci sono dati di fatto che meritano una spiegazione ALTRETTANTO logica e alternativa.

Nel mondo laico, a livello giuridico si possono impugnare dei lasciti per molto meno, eppure la questione sulla validità della rinuncia di un papa al soglio di Pietro è stata liquidata molto, forse troppo in fretta. Prossimi scenari? Le argomentazioni di frà Bugnolo, che hanno pure un loro perché e si appoggiano su evidenze, forse saranno semplicemente ignorate, derise o il loro autore probabilmente comincerà a subire una serie di attacchi ad personam. Staremo a vedere.


Versione originale latina di Benedetto XVI sul sito di FONTE



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