La feroce guerra (non dichiarata) contro esercizi commerciali e artigianali

 

Quando è la follia a partorire la legge

Con un tempismo rimarchevole, proprio mentre decine di migliaia di esercizi commerciali e artigianali chiudono, sopraffatti dal lockdown, ecco che il Partito Democratico propone di triplicare l’IMU. A chi? A chi già subisce un danno. Propone, infatti, un disegno di legge che all’articolo 11 recita quanto segue: “I comuni, con deliberazione del consiglio comunale, censiscono e mappano annualmente gli immobili commerciali e artigianali, localizzati nei centri urbani e storici, inutilizzati da più di dodici mesi e, rilevando il danno d’immagine per la comunità dovuto al degrado urbano causato da tale inutilizzo, possono modificare in aumento l’aliquota di base, definita ai sensi del comma 6, sino a tre volte”.

Detto altrimenti: con il pretesto di tutelare il decoro urbano, il proprietario, ad esempio, di un negozio sfitto da oltre un anno, che quindi paga IMU e spese condominiali senza percepire un reddito, si vede anche triplicare l’IMU, punito, sanzionato per la sua deplorevole mancanza di sensibilità e di spirito comunitario che causa danno al decoro cittadino.

Siccome le imposte dovrebbero servire a qualcosa nell’interesse della collettività e dei singoli secondo i bisogni, si vorrebbe domandare a chi ha concepito questa idea in che modo pensa che aumentare l’IMU possa rimediare al degrado urbano derivante da un negozio sfitto. La risposta presumibilmente è che super tassando uno stabile si stimola il proprietario a darsi da fare per trovare un affittuario, come se fosse di proposito che ha lasciato sfitto il negozio e non perché, in un paese impoverito, decine di migliaia di commercianti e artigiani chiudono e sono poche le persone che dispongono dei capitali necessari per aprire un’attività e che si fidano a intraprenderla considerato l’alto rischio di non riuscire a farla fruttare.

Guadagni di meno? Allora paga di più!

L’articolo 11 prosegue: “tale aumento è sospeso a fronte di un riutilizzo, anche temporaneo, dell’immobile e cessa a fronte della definizione di un contratto di locazione o di utilizzo a titolo gratuito della durata di almeno tre anni”. Quindi: per evitare di continuare a pagare un’IMU astronomica, il proprietario di un negozio deve riuscire ad affittarlo anche a costo di concederne l’uso a titolo gratuito.

Se però, nell’ansia di incassare un affitto, il proprietario mette il suo negozio in cattive mani e dopo qualche tempo l’affitto non gli viene pagato, anche in questo caso… guai a lui! Deve avviare a sue spese una causa di sfratto se vuole liberarsi del locatario, costosa in funzione dell’importo non percepito e resa onerosa non soltanto dal conto presentato dall’avvocato, ma anche dalle centinaia di migliaia di euro in bolli richiesti.

Che lo Stato non venga in aiuto al proprietario, ma anzi gli imponga ulteriori oneri in marche da bollo suona tanto più ingiusto da quando lo Stato italiano ha deciso di accollarsi le spese legali, vale a dire concedere il gratuito patrocinio agli immigrati illegali che chiedono asilo. Se la commissione territoriale che in prima battuta esamina le richieste nega la protezione internazionale, l’immigrato può ricorrere in cassazione senza spese legali e continuando a essere a carico della collettività, ospite di un Cas, Centro di accoglienza straordinaria, con oltretutto una paghetta di 2,5 euro al giorno. Si stima che i costi a carico dei contribuenti ammontino ogni anno a circa 50-60 milioni di euro.

E la persecuzione continua…

Le serrande dei negozi, desolatamente chiuse, diventano oggetto d’imbrattamento

Come se non bastasse, per motivi incomprensibili, le tasse che il proprietario è stato costretto a pagare sugli affitti non percepiti non possono essere rimborsate o detratte dalle denunce dei redditi successive anche se si esibisce la sentenza del giudice che ha ordinato lo sfratto proprio in ragione del fatto che il locatario non pagava l’affitto e la parte delle spese condominiali a suo carico. Ma gli attuali governanti proprio non hanno pietà dei proprietari di negozi e botteghe.  Nel 2020 non è stata neanche prorogata la cedolare secca commerciale, cioè la tassazione agevolata (al 21 per cento) delle locazioni commerciali, che peraltro era circoscritta solo a specifiche fattispecie.

Sperando che quanto segue non faccia venire brutte idee in mente al legislatore!

In effetti, i negozi chiusi intristiscono le città, dopo il tramonto formano zone d’ombra, non illuminate. Oltretutto, lo si è visto bene durante il lockdown, sono i gestori dei negozi e degli altri esercizi pubblici, proprietari o locatari che siano, a prendersi cura di marciapiedi, portici e vie, sostituendosi o integrando il lavoro non sempre accurato dei netturbini. Le serrande abbassate non sono belle da vedere, tanto più se prese di mira dai “writers”, i giovani (e meno giovani) che si dilettano a scrivere e disegnare sulle superfici degli edifici pubblici e privati delle città italiane, incontrastati e impuniti. Manca ancora che i proprietari dei negozi e delle botteghe sfitti siano multati per l’imbrattamento delle loro vetrine e che sia loro ingiunto di rimuovere scritte e disegni, a spese loro, pena… altre sanzioni.


FONTE 

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