Mattarella è stato chiaro

 

Mattarella è stato chiaro: Conte ha solo 10 giorni per dimostrare quello che oggi appare impossibile. Dovrà portargli una maggioranza davvero solida.

Un incontro che è stato definito “ruvido”, quello tra Sergio Mattarella Giuseppe Conte. I numeri risicatissimi con cui il premier ha ottenuto la maggioranza (o non-minoranza) al Senato e alla Camera non possono che preoccupare il capo dello Stato. Stando a quanto riportato dal Giornale, Mattarella avrebbe espresso giusto una “neutralità istituzionale” e non un consiglio sul da farsi come invece si aspettava Conte. Il pensiero del presidente della Repubblica è il Paese. Un Paese in balia della crisi economica e della pandemia. Per questo – è il suo monito – serve una maggioranza solida e bisogna trovarla in fretta.
Anche Il Pd sta mettendo il premier alle strette. Secondo il quotidiano di Alessandro Sallusti i dem gli hanno dato altre due settimane al massimo per organizzarsi, dopo di che si passa al piano B. Un ultimatum che preannuncia il seguente iter: dimissioni, consultazioni e nuova maggioranza. Magari un Conte ter. Ovviamente il fu avvocato del popolo alla sola idea è terrorizzato, fiuta una trappola, un cambio di cavallo in corsa. Così va ripetendo a Mattarella di volerci provare. A tutti i costi. Il presidente del Consiglio è addirittura disposto a un mini-rimpasto e ha chiesto al presidente della Repubblica dieci giorni. Richiesta accettata, ma – è l’indiscrezione fatta trapelare dal Foglio – in caso di stallo, le urne sono inevitabili.



Il 27 gennaio Camera e Senato voteranno la relazione di Bonafede sulla situazione Giustizia. Renzi: “Italia Viva voterà contro”. E il governo è appeso a un filo.

di Francesca Bernasconi per Il Giornale

Conte non è ancora salvo. Tra meno di una settimana, infatti, potrebbe ripetersi il difficile voto di fiducia al Senato.

Questa volta, al centro, ci sarà la relazione sulla situazione Giustizia del ministro Alfonso Bonafede. Mercoledì 27 gennaio, la Camera dovrà esprimere il suo voto, mentre la votazione del Senato non è stata ancora calendarizzata (ma solitamente si tiene lo stesso giorno o quello dopo).Italia Viva “voterà contro la relazione del ministro”, ha già annunciato Matteo Renzi, che ancora una volta rischia di mettere in ginocchio l’esecutivo guidato dal premier Giuseppe Conte. Il voto contrario è stato confermato anche dal deputato Iv Luciano Nobili, come rivelato da Lapresse, che lo ha intercettato a Montecitorio: “Certo che voteremo contro la relazione di Bonafede. Abbiamo pazientato anche troppo- avrebbe detto- Se hanno intenzione di trovare un accordo serio con noi bene, altrimenti il governo ha le ore contate“. Al momento, infatti, l’intenzione è quella di votare “no” alla relazione di Bonafede: “O accade un fatto politico e si avvia un vero dialogo- ribadisce Nobili- oppure voteremo contro”.

Come precisa Italia Oggi, la data è stata “messa nel mirino” anche dagli esponenti del centrodestra, che potrebbero approfittare della situazione per sferrare un altro colpo all’esecutivo. “Conte non li ha 10 giorni per allargare la maggioranza- ha detto un esponente del centrodestra, secondo quanto riferito da AdnKronos– Alla Camera ovviamente non ci sono problemi, ma a palazzo Madama, tolti i senatori a vita e se Iv conferma che voterà contro, il governo va sotto”. Preoccupazioni anche da parte della maggioranza che, stando alle fonti sentite da Italia Oggi, avrebbero confermato: “Il governo non ha nemmeno dieci giorni per reclutare ‘costruttori’, il timer è già scattato e la bomba a orologeria rischia di esplodere la prossima settimana”.

I numeri, infatti, parlano chiaro. Se i senatori di Iv voteranno in blocco per il no, l’opposizione raggiungerebbe quota 156: lo stesso numero raggiunto attualmente dalla maggioranza, stando all’ultima votazione. Ma nella conta dei 156 sono compresi tre senatori a vita (Mario Monti, Liliana Segre ed Elena Cattaneo) e due ex FI. Secondo i calcoli di Italia Oggi, quindi, i numeri della maggioranza potrebbero scendere a 154-155, mentre l’opposizione potrebbe raggiungere quota 157-158. Ma con queste cifre il governo rischia di affondare. “L’incidente è sicuramente dietro l’angolo”, ha confermato Nobili a Lapresse.

Contevirus sarà fatto fuori a breve?

tratto da dagospia.com

Dopo la risicata e grottesca fiducia ottenuta da Conte, sul Colle gli animi dei consiglieri di Mattarella sono titubanti, divisi e soprattutto in stato di allarme per le lamentele informali che arrivano da Bruxelles per i tempi italiani sul Recovery Plan e sul fatto, ancor più preoccupante, che la bozza che circola fa acqua da tutte le parti.

Malgrado il can can dei giornaloni, Conte nel giro delle cancellerie europee è considerato lo Zelig della politica italiana, assolutamente non affidabile  al punto che lo chiamano il “No-delivery guy”, il ragazzo che non mantiene le promesse.

Alcuni consiglieri quirinalizi, poi, sono perplessi sul fatto che Mattarella sia poco incline a spingere Conte verso le dimissioni per procedere poi a un rimpasto (il premier lo chiama “rafforzamento di governo”) e varare quindi il Conter Ter.

Il bisConte dimezzato, che alla parola “dimissioni” rischia un coccolone, sa che se dovesse mollare la poltrona si scatenerebbero le faide all’interno degli spappolatissimi 5Stelle e teme di finire in mezzo a una strada con Casalino a carico.

Intanto, le anime del PD sono in movimento al punto che da tre sono diventate due: Zingaretti e Franceschini. La terza, quella riformista, si sta sgretolando. Luca Lotti, indagato per il caso Consip, si è acquattato dietro le quinte di Zingaretti e si è portato dietro Lorenzo Guerini, distanziandosi così da Marcucci. L’ambizioso Andrea Orlando si è posizionato invece a metà strada tra Franceschini e Zingaretti in vista di uno scranno ministeriale.

Il corpaccione del PD deve poi fare molta attenzione al potere dei governatori: ieri Bonaccini si è dichiarato a favore di una ricucitura con Renzi, idem il governatore della Toscana, Giani. De Luca invece è una anomalia che gioca in proprio ma sempre sarà grato a Lotti che ha portato il figlio in Parlamento.

Il neo indebolimento di Conte si è subito appalesato quando il Pd, su consiglio del capo della polizia Gabrielli, si è opposto al trasloco di Luciana Lamorgese dal Viminale. E sull’idea di consegnare la delega dei servizi al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Mario Turco (quota M5S), i malumori si sono sprecati.

A questo punto, tutte le anime del PD convergono unite su alcuni punti: si porti subito avanti la nuova legge elettorale proporzionale, si proceda al rimpasto e si faccia l’accordo di programma entro 3 settimane al massimo, a partire da ieri.

Secondo il Conte Casalino, il rimpasto prevede la consegna dei due dicasteri ex renziani (Famiglia e Agricoltura) ai Volenterosi voltagabbana, Delrio andrebbe a sostituire l’inadeguata Paola De Micheli e Orlando andrebbe a capo di un nuovo ministero dedicato alla gestione del Recovery.

Naturalmente si è incazzato Enzo Amendola, ministro degli affari europei. Conte, che era già pronto a un decreto legge per aumentare il numero dei ministeri, così da evitare il nefasto rimpasto con dimissioni, ha trovato però l’opposizione secca di Mattarella: i dicasteri sono già troppi.

In queste ore sono in atto due trattative, ambedue a conoscenza del Quirinale, da concretizzare in vista della prossima primavera. La prima è in mano al duo Letta-Bettini che punta a imbarcare Forza Italia e ottenere così una maggioranza più ampia. La seconda, più sotterranea, mira a un ingresso organico di Berlusconi nell’alleanza di governo Pd-M5S-LeU ma con un cambio del premier e un accordo sul nome del successore di Mattarella.

In Forza Italia la situazione è però caotica. Finora, con l’atteggiamento responsabile del Cav da europeista convinto, i sondaggi danno il partito nuovamente a due cifre (10%). Da un lato, Berlusconi smania per non essere vincolato a Meloni e Salvini, sempre ipnotizzati dal sovranismo comiziante. Dall’altro, il fu Banana sarebbe tentato di restare distaccato dal teatrino della politica. E nel caso in cui qualcosa andasse storto, la colpa sarebbe di Tajani e Letta…

FONTE 

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