"Mi stanno uccidendo...mi stanno lasciando morire".

 

"Qui mi stanno uccidendo...", l'ultima disperata chiamata alla famiglia del paziente morto per Covid a Lecce: gli audio nell'esposto ai PM.

Il 73enne è morto per Coronavirus all'ospedale Vito Fazzi. I parenti: "Lui continuava a lamentarsi di non essere assistito ma dall'ospedale ci dicevano che andava tutto bene. Fino alla telefonata che ci ha annunciato la morte"




"Qui mi stanno uccidendo...mi stanno lasciando morire". È l'ultima disperata telefonata di un anziano ricoverato in ospedale positivo al Covid ai propri familiari a poche ore dalla sua morte. E ora i figli dell'uomo, deceduto il 22 novembre al Vito Fazzi, vogliono capire se il loro adorato padre sia stato adeguatamente assistito nel corso della sua degenza o se sia stato abbandonato in un letto d'ospedale per due settimane come riportano in una denuncia-querela depositata in caserma in queste ore. La vittima si chiamava Umberto Rizzello. Aveva 73 anni e viveva a Taurisano, uno dei paesi della provincia di Lecce maggiormente colpiti dalla pandemia. L'anziano soffriva di alcune patologia: problemi cardiaci e aveva il diabete. E seguiva delle apposite terapie domiciliari con la somministrazione di alcuni farmaci. Per questo necessitava di un'assistenza continua. Cosa che in ospedale non avrebbe ricevuto.

Il ricovero

Ripercorrendo il contenuto della denuncia-querela il 4 novembre l'anziano  accusa una crisi. I figli chiedono l'intervento di un'ambulanza che provvede al trasporto del 73enne presso l'ospedale Vito Fazzi di Lecce. Con il supporto di un parente vengono consegnate al padre una borsa con il vestiario, gli effetti personali, i farmaci assunti insieme a un documento manoscritto con le indicazioni della terapia e gli orari delle somministrazioni. Il giorno dopo i figli apprendono che il padre è positivo al Covid e che è stato ricoverato presso il reparto di malattie infettive del Vito Fazzi dopo un breve passaggio al pronto soccorso del Dea. Da questo momento inizia l'odissea del paziente così come riportato nella denuncia-querela dei figli assistiti dall'avvocato Davide Micaletto. Il padre si lamenta di non ricevere le terapie farmacologiche per i suoi pregressi problemi di salute e che la borsa - che gli era stata mandata - non l'aveva mai ricevuta. Contattato il reparto un interlocutore riferisce di non essere al corrente delle terapie da somministrare al paziente; anzi avrebbe chiesto tutte le informazioni che i familiari avevano già comunicato ai colleghi. Nel frattempo dall'ospedale arrivano rassicurazioni sullo stato di di salute del padre: "la situazione è stazionaria...paziente sereno, uno dei più tranquilli in reparto, la saturazione 96 in aria ambiente...", riferiscono dall'ospedale.

Il racconto del padre

Diversa la versione del paziente sulla sua degenza. Al telefono fornisce ai figli aggiornamenti angoscianti. Racconta di trovarsi in uno stato di abbandono e di trascuratezza e che ha persino difficoltà a cambiare il pigiama sporco e a lavarsi non avendo nessuno che possa assisterlo. Con il passare dei giorni le telefonate si fanno sempre più allarmanti. L'anziano continua a lamentarsi di non essere assistito e riferisce che i sanitari lo hanno invitato ad assumere i farmaci autonomamente nonostante avesse chiesto di essere aiutato nell'assumere le medicine. Allarmati i figli raggiungono l'ospedale dove vengono rassicurati ma le telefonate con il padre raccontano una sofferenza continua. L'uomo ribadisce di non essere assistito; di essere colpito da continue crisi epilettiche; di non riuscire a mantenersi in piedi e di essere caduto più volte. Nella cartella clinica acquisita dai familiari vengono effettivamente riportate quattro cadute: "mentre si recava in bagno"; "mettendo le gambe fuori da letto per urinare nel pappagallo, il paziente scivola a terra..."; "paziente trovato a terra, presenta piccola escoriazione in zona occipitale + escoriazione gomito destro"; "il paziente scivola dal letto non riportando danni apparenti".     

Gli ultimi giorni

I racconti diametralmente opposti sulle condizioni dell'anziano fanno persino credere ai familiari che le discordanze possano essere causate da un caso di omonimia. In realtà, in breve, le condizioni di salute del genitore si aggravano definitivamente e dopo l'ennesima caduta viene sottoposto ad una Tac. All'alba del 21 novembre l'anziano chiama disperatamente i figli per chiedere di essere riportato a casa perché "mi stanno uccidendo...mi stanno lasciando morire". Ancora una volta, però, un sanitario rassicura i familiari sulle condizioni di salute del paziente: "I parametri sono buoni e vostro padre sta bene" si sentono dire i figli per telefono. E il medico valuta anche favorevolmente le dimissioni per consentire all'anziano di proseguire la terapia in isolamento domiciliare il giorno dopo. La mattina del 22 novembre, però, i familiari vengono informati dalla polizia di stato che il padre si era spento nella notte. E ora chiedono giustizia e verità sulla sua morte.


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