Mafia e animali di #liberopensiero2019

La mafia si arricchisce 


La mafia è presente anche in questo settore.
I combattimenti tra cani, le corse clandestine e non solo.
Povere bestiole usate, sfruttate, ammazzate per intimorire e colpire in profondità, senza pietà alcuna.




Qui l'articolo 

I reati ai danni degli animali portano nelle tasche delle organizzazioni criminali 3 miliardi di euro l’anno. È questo il giro d’affari stimato del racket che sfrutta i quattro zampe. Anche se nel 2016 i crimini sono diminuiti rispetto all’anno precedente – scendendo a 5.942 reati rispetto ai 8.358 del 2015 a livello nazionale – i numeri rimangono comunque elevatissimi a testimonianza dell’ interesse malavitoso rispetto a questo settore criminale. Nel 2016, sono state 5.584 le denunce, 9 gli arresti e 1.494 i sequestri. Nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa, i delitti ai danni degli animali d’affezione e/o da reddito hanno sfiorato i 3.000, quasi la metà dei reati scoperti in tutta Italia. A vestire la maglia nera in tal senso è la Sicilia, che con i suoi 1.062 reati rappresenta quasi il 18% su scala nazionale. Seguono CampaniaPugliaCalabria e Liguria mentre le provincie più colpite sono NapoliPalermoRomaVenezia e Reggio Calabria.
A scattare questa inquietante fotografia è il dossier “Ecomafia 2017”, importante documento presentato da Legambiente, in cui l’associazione ambientalista ha elaborato i dati delle forze dell’ordine relative ai reati del 2016. La così detta “zoomafia”, è un fenomeno che si estende dal Nord al Sud del nostro Paese e che vede la collaborazione della criminalità organizzata italiana con quella straniera.
Un giro di denaro enorme che riguarda i traffici di cani e gatti con finti pedigree o di animali esotici, il bracconaggio e il contrabbando di fauna selvatica, le scommesse illegali sulle corse clandestine dei cavalli (un terzo dell’intero fatturato) e i combattimenti fra cani. Ma nel novero delle attività vanno inseriti anche il racket del pesce, la macellazione clandestina, i furti di bestiame e le sofisticazioni alimentari.
Tra i reati che vedono strettamente protagonisti gli animali domestici, lo abbiamo accennato, spicca il traffico illegale di animali, che fonda le sue radici spesso nei paesi dell’est Europa, ma anche gli spietati combattimenti clandestini tra canisgominati più volte dalle forze dell’Ordine. Per quanto riguarda la prima tipologia di reati, ovvero il commercio illegale di cani, gli aspiranti proprietari di animali domestici possono fare la differenza acquistando Fido e Micio solo in allevamenti affidabili e diffidando da negozianti o fantomatici allevatori che propongono quattro zampe a prezzi decisamente più bassi rispetto la media.
Il copione, ripetuto in più province italiane è il medesimo: esistono vere e proprie bande organizzate dedite al traffico illecito di cuccioli. Si tratta di animali figli di madri sfruttate, logorate da continue gravidanze e provate dalle pessime condizioni in cui sono detenute. Vere e proprie “prigioniere di razza”, usate per mettere al mondo il maggior numero di quattro zampe volti ad ingrassare i profitti di trafficanti senza scrupoli. Nessuna razza è esente da questa speculazione che si alimenta della richiesta di piccoli quattro zampe di razza a prezzi competitivi principalmente attraverso annunci su Internet. Appelli che riportano tanto di foto dei cuccioli con indicazioni non veritiere riguardanti la loro origine. In realtà, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di cuccioli sofferenti, allontanati prematuramente dalla madre prima dei due mesi di vita, che arrivano nel nostro Paese su furgoni o nel bagagliaio di automobili spesso ammassati senza acqua né le minime condizioni igieniche. Quelli che sopravvivono a questi estenuanti viaggi, sono nella maggioranza dei casi sofferenti quando non malati.
Tra le notizie balzate alle cronache, Legambiente riporta alla memoria la banda dedita al traffico illecito di cuccioli sgominata, nel corso dello scorso anno, dal Corpo Forestale dello Stato su delega della Procura della Repubblica di Lodi, in diverse località tra Lodi e Milano. Durante l’operazione, che ha portato alla denuncia di quattro persone, sono stati sequestrati 9 cuccioli di razze Bouledogue franceseBarboncino e Chihuahua in tenerissima età, rinvenuti in uno stanzino racchiusi in scatole di plasticaprivi di microchip e documenti sanitari. Grazie ad un accurato lavoro investigativo, si è scoperto che i piccoli quattro zampe provenivano dall’ Ungheria ed erano stati messi in vendita nel nostro Paese attraverso annunci su Internet con foto dei cuccioli e indicazioni non veritiere circa la loro origine. Le indagini sono partite proprio da segnalazioni di ignari acquirenti che, attratti da annunci apparsi sulla rete, avevano acquistato cuccioli consegnati con modalità sospette e privi di ogni documentazione sanitaria e di provenienza. Cagnolini che spesso si sono rivelati essere malati tanto che, in alcuni casi, poco dopo l’acquisto sono deceduti.
Altro giro d’affari che si alimenta della sofferenza di Fido, riguarda i cruenti combattimenti tra cani.  Anche in questo caso, i dettagli che emergono dai verbali della Polizia rispetto ad un’indagine portata a termine nell’aprile dello scorso anno tra Liguria e Lombradia, sono agghiaccianti. Gli agenti, interventuti durante un combattimento nelle campagne di Pavia, hanno individuato un vero e proprio allevamento abusivo composto da una quarantina molossi appartenenti a varie razze tra cui PitbullDogo Argentino e American Staffordshire Terrierprevenienti dall’est europa. A questi, vanno ad aggiungersi altri 38 Fido delle medesime “etnie” liberati in provincia di Pavia. I quattro zampe, quasi tutti privi di microchip, erano costretti dentro a delle gabbie e durante le perquisizioni – che hanno portato all’apertura di indagini riguardanti 10 persone tra cui un veterinario imperiese – è stato rinvenuto quello che potremmo definire un “kit del terrore” composto da un divaricatore di legno per costringere i cani a mollare la presa di morte sul rivale, tabelle di preparazione atletica e farmacologia, medicinali per fermare le emorragie e materiale per suturare le ferite così come siringhe per l’inoculazione dei microchip nonché di attrezzatura idonea all’allenamento dei quattro zampe. Gli inquirenti – riferisce in merito Legambiente – si sono ritrovati difronte a vere e proprie palestre canine con tapis roulant dotati di catene, gabbie dove segregare gli animali per aumentare la loro rabbiafarmaci dopanti per renderli più forti. I cani erano destinati ad arene realizzate in ville e cascine sparse tra Liguria, basso Piemonte e la provincia di Pavia. Alcuni esemplari sono stati trovati con molte cicatrici, testimoni inequivocabili dei terribili combattimenti disputati, probabilmente, per alimentare un crudele giro di scommesse.

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