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Tutti allevatori seri? ATTENTI!! #liberopensiero2019

Parliamo di cani.
Innanzitutto, la gestione di un allevamento è un’opera difficile ed impegnativa che prevede una notevole mole di lavoro e passione.
Senza una passione profonda, il lavoro di allevatore è sconsigliabile.
Per iniziare, dobbiamo distinguere le due categorie esistenti in Italia. La legge del 23 Agosto del 1993regolamenta gli allevamenti canini differenziandoli in amatoriali e professionali.
La prima categoria è rivolta a coloro che non possiedono più di 5 fattrici e 30 cuccioli all’anno. In questo caso l’attività è considerata amatoriale e non prevede l’iscrizione al registro delle imprese.
Nonostante l’amatorialità dell’attività, le leggi sanitarie per un adeguato mantenimento degli animali sono attive e da rispettare.
Se l’allevamento supera queste quote, l’allevatore canino è considerato a tutti gli effetti un imprenditore agricolo professionale.
In ogni caso, i cani devono avere accesso ad un’area di svago regolamentata per legge che permette il normale e corretto sviluppo dell’animale.
Ogni nuovo cucciolo dovrà necessariamente essere registrato presso l’ENCI, l’Ente Nazionale della Cinofila Italiana.
Anche se il mestiere di allevatore non prevede brevetti e certificazioni, è consigliabile farsi guidare da allevatori esperti e veterinari qualificati.
Un allevatore responsabile deve garantire alti standard di pulizia, di corretta somministrazione di vaccini, di cure e gestione dell’alimentazione.
Il fine ultimo del lavoro dell’allevatore è la riproduzione di cani di razza sani, selezionandone i tratti migliori, evitando pericolose malattie e disturbi nel comportamento.
Se è vero che imprenditori non ci improvvisa, è tanto più reale per un allevatore di esseri viventi. Il miglior modo per diventare un allevatore di cani è iniziare con un numero limitato di esemplari, specializzarsi in una o pochissime razze specifiche.

L'Enciche statutariamente dovrebbe occuparsi “della tutela” del cane di razza pura, concede affissi a chiunque paghi, senza un minimo di controllo: ci sono fior di cagnari con regolare affisso che fanno cosacce indicibili. 
Se in giro c’è tanto cagnaresimo, è anche perché tutti, ma proprio tutti – dal nostro Kennel Club ai clienti stessi – spingono in quella direzione.

Vista l’aria che tira, gli ormai rari Allevatori con la A maiuscola, seri ed onesti, che si mettono pure lì a spiegarti la rava e la fava quando compri un cucciolo, e magari ti assistono pure se decidi di fare una cucciolata (diventando, di fatto, un loro concorrente!) dovrebbero essere santificati: altro che dar loro botte di sfruttatori e schiavisti come fanno gli animalisti fanatici.

La questione sono  persone, quelle che si informano ad altre che non lo fanno per niente: e se poi queste prendono la fregatura… be’, non è solo colpa di chi gliel’ha rifilata.



I tempi sono cambiati, la figura dell’allevatore è cambiata (spesso in peggio, purtroppo).
Perfino l’ENCI, con i suoi nuovi regolamenti, oggi sembra voler agevolare più i “produttori compulsivi” che gli allevatori seri, quelli che solitamente fanno nascere poche e selezionatissime cucciolate all’anno (ma così facendo iscrivono pochi cuccioli…e l’ENCI non è contento per nulla).
E allora…come può, il pubblico, capire dove stanno i “buoni allevamenti” ?
Non basta più parlare di “allevamento”, perché i “cagnari” hanno fiutato al volo il cambio di tendenza.
Davanti a molte case private in cui vendono cuccioli dell’Est, o magari figli dei cani di dubbia origine che hanno in giardino, appiccicano tutti un bel cartello: “Allevamento di Pinco Pallino”.
Mettono indicazioni stradali, si pubblicizzano sui giornali e sulle pagine gialle, hanno pure il sito Internet, tutto con “Allevamento di”.
Allora basta specificare “andate solo in un allevamento riconosciuto dall’ENCI, ovvero in un allevamento con regolare affisso”?
Magari!
Purtroppo non basta più neanche questo.
E qui siamo veramente al dramma, perché è assurdo che in un Paese civile con una produzione cinofila di livello mondiale…di fatto, il riconoscimento del Kennel Club nazionale non sia una garanzia di qualità.
Eppure, ripeto: non lo è.
E non lo è perché i requisiti per ottenere l’affisso sono veramente miseri :
1. risultare proprietario di almeno 2 fattrici della medesima razza;
2. aver prodotto e iscritto al libro genealogico italiano almeno 2 cucciolate, della stessa razza delle fattrici di cui al punto a);
3. non aver subito condanne o non aver un procedimento in corso per reati a tutela del sentimento per gli animali, in merito all’attività di allevamento svolta o al commercio di cani;
4. aver sottoscritto il codice etico dell’allevatore di cani;
5. essere residente in Italia.
FINE.
Un tempo si richiedeva che le fattrici avessero avuto almeno la qualifica di Molto Buono in esposizione. Ora neanche più quello.
E chiariamo, per i non addetti ai lavori , che il MB in expo si dà praticamente a cani e porci. La qualifica inferiore, ovvero il “Buono”, tradotta letteralmente significa “scordati di portare ‘sto carciofo di un cane a un’altra expo, perché non hai speranze“.
Il Buono si dà a cani con difetti clamorosi: senza denti, con tre zampe, con la coda attaccata in mezzo alle orecchie: cose così. Altrimenti un MB non l’ho mai visto negare a NESSUNO.
Bene: all’ENCI pareva già di chiedere troppo. Quindi, oggi,  “la richiesta di un affisso riconosciuto ENCI – FCI, non passa preliminarmente per l’acquisizione di risultati in verifiche zootecniche.  Pertanto, tutti coloro che intendano allevare in modo serio, avranno la possibilità di dare da subito un proprio identificativo all’allevamento, che nel tempo, può diventare o meno, anche un marchio di qualità“.
Come si può conciliare il concetto di “allevare in modo serio” con quello di “mettere in riproduzione qualsiasi cosa, senza neppure una MINIMA verifica zootecnica”?
Personalmente, la risposta mi sfugge. E forse sfugge anche all’ENCI, che infatti specifica che l’affisso può diventare “o meno” un marchio di qualità.
Dipende. Se ci tieni, fai cani di qualità: altrimenti fai pure delle ciofeche, chisseneimporta. Basta che paghi (600 euro, per la precisione, per un affisso individuale. Se societario, 600 + 300 per ogni socio).
Anche il codice etico (che è già di manica abbastanza larga) purtroppo è un pro-forma: perché in realtà nessuno controlla che tu lo segua davvero.
Per questo c’è pieno zeppo di cagnari con regolarissimo affisso ENCI che però cedono cani di 40 giorni, o vendono cuccioli provenienti da chissà dove, o usano allegramente in riproduzione cani displasici, cardiopatici, epilettici.
Il codice etico dice che non si dovrebbe fare. Ma non dice  “se ti becchiamo a farlo, con il tuo affisso ci facciamo i coriandolini di carta”.
E’ un po’ come il protocollo di Kyoto, insomma, o la Carta per i Diritti dell’Uomo: l’hanno firmato tutti, non lo segue nessuno e va bene così.
In pratica, l’ENCI per darti l’affisso  ti chiede solo dei soldi… perchè il fatto che tu abbia due fattrici è abbastanza scontato, visto che stai facendo una domanda per  allevare cani e non per aprire una discoteca. Che tu abbia fatto due cucciolate, idem, sembra proprio il minimo storico.
Poi ti chiedono, in pratica, di non esserti mai fatto beccare a fare il commerciante di cani o a prendere un cane a calci nel sedere: perché se lo fai, ma non sei mai stato condannato, non c’è problema!
A parte questo…il codice etico chiede di  “impegnarsi ad approfondire le conoscenze sulla razza, sul suo standard morfologico, sulle problematiche sanitarie e sulle caratteristiche comportamentali e funzionali, in modo da interpretare correttamente gli obiettivi di selezione”.
E se non lo fai?
Pazienza.
Ma santa pupazza martire: per attribuire la qualifica di Giudice (pardon, di “Tecnico esperto”: oggi si chiamano così) l’ENCI richiede prove teoriche e pratiche, è severissimo e ti boccia se non sai quanti cromosomi ha un cane (cosa notoriamente fondamentale per stabilire se è bello o brutto: ma è successo a una mia cara amica, preparatissima su tutto il resto).
Invece, per darti la “patente” di allevatore riconosciuto, non ti fa neppure una domandina piccola così. Manco vuole sapere se distingui la testa dalla coda (basta che firmi il codice e “ti impegni” a scoprirlo, prima o poi, se ne avrai voglia).
Ma sarà più importante il ruolo dell’allevatore o quello del Tecnico Esperto?Senza nulla togliere a questi ultimi, per carità… se la produzione cinofila italiana è affidata all’improvvisazione e all’incompetenza, poi i giudici cosa diavolo si ritrovano, da giudicare?
E come possono rimediare, di fronte a una sfilza di cani stracolmi di difetti morfologici e magari anche di malattie genetiche?
Non solo.
I cani che finiscono sui ring delle esposizioni (e che almeno possono “sentirsi dire” che fanno pena, se è il caso) sono forse l’uno per cento della popolazione cinofila nazionale.
Il resto finisce in casa di privati che in expo non ci andranno mai, che saranno sempre convinti di aver comprato “il più bel cane del mondo” (anche se magari è displasico) e che lo faranno allegramente riprodurre col cane del vicino (anche se magari ha l’atrofia della retina), sfornando allegramente altri cuccioli da vendere a tanta altra bella gente che non sa nulla di cani.
E per l’ENCI, che differenza c’è tra questi cuccioli e quelli usciti da un allevamento coi controfiocchi, che seleziona i riproduttori passandoli pelo per pelo, che li controlla per displasie, malattie oculari e difetti cardiaci, che è attentissimo a sverminazioni e vaccinazioni?
Nessuna.
Che differenza c’è tra questi cuccioli e i cuccioli dell’Est, che rappresentano una vera beffa per la cinofilia seria, oltre che una “tratta di infelici” destinati a fare spesso una brutta fine?
Ancora una volta, NESSUNA.
E così capita, come è capitato a me, di andare in un famoso allevamento che stravince sui ring della razza X…e di trovare, a fianco del canile in cui stanno i cani X, un bel capannone stracolmo di cuccioli dell’Est.
E l’allevatore, non solo munito di regolare affisso ma anche membro del consiglio della Società specializzata per la razza X, mi spiega candidamente che l’attività commerciale non è intestata a lui, ma al suo socio (che vive nella stessa casa, con lo stesso indirizzo), e che in fondo bisogna pur campare, e che allevando seriamente è praticamente impossibile.

Detto questo, vorrei porre l'attenzione su questo "allevamento" multi razze:
Questo il profilo Instagram

Qui i suoi molteplici annunci



Ora la mia domanda è : come può questo "allevatore" vendere così tanti cuccioli di razze diverse? 
Mi sorge un forte dubbio: non è che per caso acquista comodamente i cuccioli all'est e poi li rivende tranquillamente? 

DIFFIDATE E STATE SEMPRE MOLTO ATTENTI, PRIMA DI ACQUISTARE UN CUCCIOLO. 


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