NFT : il futuro dell'arte... Che (ancora) non c'è

 NFT è un acronimo che sta per Non-Fungible Token. “Non fungibile” significa che il token è unico e non può essere scambiato con un altro token di valore equivalente; ma prima di addentrarci tra i paroloni ricordiamo un attimo quale sia il vocabolario di base :

token sono delle criptovalute emesse sulle blockchain di altre criptovalute o, detto con parole più semplici, sono dei gettoni digitali e si dividono fra FT e NFT. Gli NFT sono unici e non riproducibili, a differenza degli FT (Fungible Token).

Una criptovaluta è una forma di moneta digitale creata tramite un sistema di codici e una blockchain è una struttura di dati condivisa e immutabile.

Tutto chiaro adesso vero?: no. Perchè cosa c’entrano le criptovalute e l’informatica con l’arte contemporanea? Perchè si parla di grandi case d’asta che investono su questo nuovo modo di fare arte? 

Un token fisico non fungibile può rappresentare un’opera d’arte, con un valore determinato che oscilla. Gli NFT, dunque, sono una forma di contratti basati su blockchain che dimostrano come il possessore del gettone sia anche il possessore dell’opera digitale ad esso collegata, essi sono trasferibili, ma non riproducibili. La loro unicità è scritta nei metadati del token stesso, è inalterabile e permanente, una sorta di certificato di autenticità.

Un mondo che trova spazio non solo tra gli esperti del settore. Per esempio Jack Dorsey, il creatore di Twitter,  ha venduto il token del primo tweet pubblicato sul suo social network il 21 marzo 2006 per 2,9 milioni di dollari, circa 2,47 milioni di euro.

Andiamo sul pratico:
Proviamo a pensare ora ad un sito dove poter pubblicare NFT e all'aspetto fiscale, chiedete ad un commercialista uno qualsiasi, ognuno ha una sua teoria. 
Infatti, siamo nel campo delle teorie, perché l’idea di riunire artisti e pubblicare NFT è senza precedenti, pochi comprendono che in realtà l’NFT è una specie di “certificato di autenticità” che si lega all’opera e non è l'opera stessa. Quindi che si vende ? L’opera ? Il certificato ? 
Mettiamoci l'agenzia delle entrate, che oltre a non aver normato gli NFT, si basa su leggi arcaiche quali il D.L. n. 41/1995, che dovrebbe definire gli “oggetti d’arte”. Quindi gli NFT sono BANANE, o perlomeno hanno la stessa aliquota iva.
Il mercato NFT si basa su valute virtuali. Le valute virtuali in Italia non sono normate. Il punto è che da privato, si dovrebbero dichiarare nel quadro RW del 730, e pagarci un 26% secco qualora si superasse 51 mila euro, ma a patto che siano detenute per più di 7 giorni consecutivi. Nei dettagli della cosa, sarebbe opportuno capire se intendono 51.000 di giacenza media annua o 51 stop e basta.
Se almeno un surrogato di certezza lo hanno creato sulle cripto, siamo in alto mare quando parliamo di opere NFT. Il possesso di NFT, tecnicamente, è paritetico alle cripto. Ma le opere NFT non esistono nelle menti dell’immaginario fiscale, quindi? Si dichiarano? Si mettono nel quadro RW del 730? In breve, come si fa mettere le "banane" sul 730?
E se invece di un artista ci fosse un’azienda? Se l'azienda crea utili in cripto e non li converte in euro? Irap, ires ?  Buio totale! 
Ed ecco che ciò genera inevitabilmente un altro dubbio: il sito dove verranno pubblicati gli NFT può essere anche un sostituto d’imposta? Cioè che paghi le tasse direttamente per ogni singolo artista? E, se sì, a che titolo, se non si raggiungono i 51.000 euro, non vendete opere d'arte ma "banane". 
Forse una  legge la faranno quanto prima, magari l’Agenzia delle Entrate, ci sta già pensando... No. Fare le leggi spetta solo al Parlamento e non mi risulta  abbiano ancora manco preso coscienza della cosa. Ma se l'aspetto fiscale sembra egiziano, l'apice lo tocchiamo con la legge che protegge gli artisti. 
Deliziamoci con la legge 22 aprile 1941, n 633 che insieme al Regio decreto 18 maggio 42 e quelle due o tre cosette regolate dal codice civile (2575-2583), crea un abominio legis che nemmeno le direttive CEE (93/98 e 2001729) aiutano a sciogliere.
Per prima cosa perché gli NFT, come abbiamo detto prima, sono banane e non Opere D’arte” (Agenzia delle Entrate, dixit) e poi perché se vogliamo essere precisi, una volta che avete creato un’opera, per legge questa è VOSTRA per sempre, in totale antitesi alla ratio comune.
Ma facciamo finta per un attimo che nessuno di voi, dopo aver venduto un'opera, citi lo sprovveduto acquirente in tribunale per aver deformato, mutilato, modificato l'opera, recando pregiudizio al vostro onore (art 20, Legge 633/41); se solo mi mandate uno scarabocchio o una macchia d'inchiostro caduta per sbaglio sul fax dovrete specificatamente rinunciare ai diritti esclusivi che la citata legge vi riconosce, cioè cederete:il diritto di riprodurre, trascrivere, eseguire, rappresentare, anche in pubblico, distribuire, tradurre…etc, etc.
Dunque in teoria, l'artista dovrebbe inviare due righe scritte ogni qualvolta invia un’opera, per non lasciare nulla al caso... 
 In conclusione, questa tecnologia è innovativa, ma presenta ancora numerose incertezze normative.

🔴🔴🔴
Tra l'altro... Occhio alle TRUFFE :

NFT e truffe su OpenSea: fatto il mercato, trovato l'inganno per rubare criptovalute

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