Suor Alfieri: in Italia la scuola non riparte a settembre
Di Suor Anna Monia Alfieri – In Europa la scuola riparte; in Italia ancora no. In Italia il diritto all’Istruzione è l’unico a non essere stato ristabilito. E’ solo a causa del covid? Del necessario distanziamento sociale e della penuria di ambienti scolastici? Di seguito una sintesi delle certezze e dei punti aperti.
Premesso che il sistema scolastico è il primo fattore propulsivo di un Paese, sia a livello economico che sociale, in Italia esso è iniquo: egualitario sulla carta, ma nei fatti non rimedia le differenze di partenza tra gli studenti legate al contesto familiare e sociale, anzi le rinforza. Il giudizio ci
giungeva dall’Ocse, nel suo Rapporto “Politiche efficaci per gli insegnanti: una prospettiva OCSE- PISA”, reso noto a fine settembre.
Il Rapporto mostrava chiaramente che non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità e che questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli studenti più favoriti e quelli svantaggiati, all’interno del Paese Italia.
Il covid non ha fatto altro che mettere a nudo questi limiti.
Ci si chiede: per quale motivo il covid, che ha gravato su tutto il mondo, in Europa ha un peso e in Italia un altro? In Europa la scuola riparte; in Italia ancora no. Come mai? Il covid, come ogni disgrazia incide diversamente sulla realtà, a seconda delle caratteristiche di quest’ultima. Lo scenario del sistema scolastico europeo è differente rispetto a quello Italiano. E la differenza si gioca sull’equità.
L’osservazione della realtà suggerisce le soluzioni efficaci. E’ stato ampiamente argomentato che lo scenario del sistema scolastico in Europa è profondamente pluralista: nessun dubbio sulla legittimità, in questi Paesi, di finanziare il pluralismo composto da scuole gestite e non dallo Stato;
l’unica riflessione è stata sulle modalità del finanziamento. In estrema sintesi ci sono Paesi che applicano i costi standard, come il modello svedese, o quelli, come la Francia che pagano tutti i docenti delle statali come delle paritarie a fronte di un contratto con le scuole. Ogni Paese europeo ha trovato la propria modalità, ma non ha mai messo in discussione la necessità di riconoscere la scuola privata, anche confessionale, alla pari di quella gestita dallo Stato. Tutti, tranne la Grecia e l’Italia che diventa così non solo la più grave eccezione in Europa ma, peggio, uccide il pluralismo educativo.
Per quale motivo il covid è il cigno nero che avrebbe potuto essere una opportunità? Senza il covid non sarebbe mai emersa come dirompente, in Italia, l’annosa questione del sistema scolastico che si è consumato in un’irresponsabile guerriglia fra Stato e Chiesa, attraverso 20 anni di governi
liberali e comunisti; in realtà il prezzo di questa come di ogni guerra lo pagano i cittadini più poveri. In questo caso l’hanno pagato le famiglie, gli studenti, il personale della scuola. Il tracollo della scuola italiana tutta è stato per anni denunciato in tutti i modi, ma senza la tragedia del covid
la cosa non si sarebbe capita e non solo dalla classe politica, ma neanche dai cittadini. Ci sono certi allarmi che, per quanto lanciati per tempo, vengono sottovalutati.
A metà marzo avevamo denunciato che senza una politica seria di gestione dell’emergenza che ha visto chiudere la scuola, questa non sarebbe ripartita. Difatti non riparte la paritaria per mancanza di libertà dei genitori e non riparte la statale per assenza di effettiva autonomia dei presidi. Al 28/07 è chiaro a tutti. Ma forse non si sono allarmati i genitori del milione e 139 mila allievi per i quali non c’è posto a scuola, solo perché non si sono sentiti chiamati per nome? “Toccherà al vicino”: ciò non si verificava in precovid, ancor meno oggi. E gli 8 Mln di studenti non si allarmano, solo perché non si sentono chiamati per nome? La sensazione, già da tempo denunciata, era che non si fosse capito l’allarme lanciato dal 16/3: la
scuola non riparte. Con la presentazione delle linee guida, il 26/6, è stato evidente che si sono persi 100 giorni utili per permettere alla scuola di creare i prerequisiti per ripartire.
Quando i dirigenti scolastici saranno costretti a scrivere esplicitamente ai genitori: “la 3^ B resta a casa con la dad perché non sappiamo dove metterla”, l’allarme sarà chiaro?
In Italia, come in tutti i Paesi europei, la Costituzione, la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo (art. 26), il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (art. 13), la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo (art. 2 prot. Addiz.), la Carta di Nizza dell’Unione europea (art. 14) hanno delineato un fascio di libertà connesse al fondamentale diritto
all’istruzione, identificabili innanzitutto con il diritto dei genitori a educare i propri figli conformemente alle proprie convinzioni etiche e religiose, con il conseguente divieto di qualsiasi forma di indottrinamento da parte degli Stati (libertà di istruzione), e poi con il diritto di soggetti diversi dalle autorità pubbliche di istituire scuole (libertà delle scuole). Queste irrinunciabili libertà, che possono essere interpretate come tradizioni costituzionali comuni agli Stati europei, orientano sia le legislazioni unilaterali nazionali sia i diversi Concordati con la Chiesa cattolica, determinando una convergenza “nella ricostruzione di una positiva e ricca dialettica tra pubblico e privato” ampiamente favorita in tutta Europa, tranne in Italia, dove viene ostacolata e annientata. Come mai?
I Paesi europei che negli ultimi decenni sono usciti a fatica da regimi dittatoriali, come dal comunismo, hanno spinto le nuove democrazie verso una necessità quasi spasmodica di reintrodurre l’interazione tra pubblico e privato, laddove esisteva solo la logica statalista. L’Italia, che godeva fino dal 1945 di democrazia e libertà non aveva le ferite fresche; quindi i superficiali e ignoranti figli dei padri che avevano perso la vita in campo di concentramento, o che avevano fatto la Costituzione, hanno potuto permettersi il lusso di distruggere il pluralismo educativo.
Di conseguenza, mentre nei Concordati con i Paesi dell’ex blocco sovietico, post caduta del muro di Berlino, si riscontra un sostegno pubblico e generalizzato alle scuole private anche di origine confessionale, lo Stato italiano spreca tempo a combattere le scuole confessionali gridando “morte
alle pubbliche paritarie”, che se non ci fossero lo appesantirebbero di 6 mld di euro annui…. Si evidenzia l’assurdo di una politica italiana involutiva, da suicidio eutanasico.
Ecco perché lo scenario dei paesi europei è completamente differente da quello italiano e consente loro di ripartire con la scuola.
Se in linea di massima i Paesi concordatari di tradizione protestante hanno applicato e sviluppato piuttosto agevolmente i principi del pluralismo scolastico, anche sul fronte delle scuole confessionali, dimostrando ampie aperture anche rispetto al sostegno pubblico ad esse, gli Stati concordatari a maggioranza cattolica, come la Spagna, il Portogallo e la stessa Italia conservano nella normativa, pur aperta e favorevole al pluralismo scolastico di stampo religioso, qualche rigidità, dovuta alle diffidenze storicamente affermatesi in età moderna.
Addirittura la laicissima Francia trova che è bene favorire il pluralismo educativo, tanto da credere normale il pagare i docenti della statale e della paritaria confessionale allo stesso modo.
Ecco perché il covid diventa per l’Italia quella sola ed unica opportunità per superare l’assurda guerriglia intestina fra scuola pubblica cattolica e pubblica statale e finalmente favorire un sistema integrato.
Il secco No che la ministra e il governo riceveranno per la gara d’appalto per i banchi a rotelle che andrà deserta, per impossibilità strutturale ad essere presa in considerazione, forse farà capire quella che è l’unica soluzione: far ripartire la scuola per 8 Mln di studenti con il pluralismo educativo come è in tutta Europa; allora sì che la trasparenza invocata dalla senatrice Granato avrà un senso.
L’Italia non può continuare ad essere ostaggio di un atteggiamento politico sempre più irresponsabile e inconsistente. Conseguenza di questo è la facile profezia sul futuro della scuola: il diritto all’istruzione non riparte; a 40 gg dalla riapertura della scuola è evidente che, se questa riparte, sarà a doppia velocità, per alcuni allievi sì e per altri no, in alcune regioni sì ed in altre no.
Ecco per l’ennesima volta le soluzioni per far ripartire la scuola:
a) chiarezza dai vari Direttori generali dei singoli Uffici scolastici, sul fabbisogno di aule, arredi e docenti per l’a.s. 2020/2021, con le linee guida che si propongono alla presente e che hanno già una loro fattibilità
b) richiesta alle scuole paritarie che ne hanno la possibilità di siglare, nel rispetto dell’autonomia, patti educativi che si potranno tradurre concretamente nelle seguenti opzioni:
– Si sposti una classe (allievi e docenti) dalla statale alla paritaria viciniore, oppure:
– Si destini a quel 15% di allievi delle paritarie che non potranno più frequentarle una quota capitaria che abbia come tetto massimo il costo medio studente o il costo standard di sostenibilità per allievo. Continuando a perseguire la linea del Movimento 5 Stelle, i costi strutturali ammonterebbero a 10 miliardi, ai quali vanno sommati i 6 miliardi dei costi di gestione corrente: 16 miliardi in tutto!
c) Stabilizzazione dei docenti precari che sono in classe da più di 5 anni senza la costosa e inutile procedura del concorsone. Questo permetterà di ripartire celermente a settembre.
A lungo termine, la soluzione rimane solo e soltanto quella del costo standard di sostenibilità per tutti gli studenti, perché la scuola statale sia autonoma e la scuola paritaria sia libera. Solo così anche in Italia si potrà dare il via alla libertà di scelta educativa e al diritto di apprendere, per tutti, riscattando 8 Mln di studenti dalla discriminazione economica.
Intervenga il Premier Conte, altrimenti, se l’Europa ci ha salvati, l’Italia corre il rischio di essere il peggior nemico di se stessa.
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