Vittime Covid. Processo Bergamo

 PRIMA UDIENZA 14 APRILE

CHI NE HA PARLATO? NESSUNO!

BERGAMO QUI IL LINK

Il comitato dei parenti delle vittime del Covid nella bergamasca: lo stato paghi FONTE 

Al via la causa a Roma. "Responsabilità dirette delle istituzioni"

Lo stato italiano deve pagare circa 100 milioni di euro per le vittime del Covid nella Bergamasca. E’ la richiesta all’esame del Tribunale Civile di Roma nella causa intentata da circa 520 familiari di persone stroncate dal Coronavirus nella zona di Bergamo, una delle aree più flagellate soprattutto durante la prima ondata della panedmia, nella speranza di ottenere un risarcimento per danni non patrimoniali.


Il comitato delle vittime è convinto che il boom di morti registrati nell’area di Bergamo e nei comuni della Bassa Val Seriana sia la diretta conseguenza della mancata applicazione del piano pandemico nazionale. E lo hanno ribadito questa mattina in occasione della prima udienza. “C’è una responsabilità diretta della presidenza del consiglio dei ministri, del Ministero della Salute e della Regione Lombardia”, spiega ad Askanews l’avvocato Consuelo Locati, che coordina il pool di legali del comitato per le vittime del Covid. I 520 familiari delle vittime, chiarisce il legale, prentendono un risarcimento economico per danni non patrimoniali compreso tra i 110 e i 310 mila euro ciscuno, a seconda dei vari gradi di parentela. Ma sarà comunque molto difficile per il comitato ottenere l’intero importo richiesto.



“Non è un problema economico, ma di assuzione di responsabilità da parte delle istituzioni”, sottolinea ancora l’avvocato Locati.


Lo sviluppo della causa è comunque legato ai tempi tradizionalimente lunghi della giustizia italiana: “Difficile arrivare a sentenza prima di 4 o 5 anni”, spiega ancora il legale che si dice comunque “fiduciosa” sull’esito del contenzioso, auspicando “che le istituzioni coinvolte si assumano le responsabilità”.



L’iniziativa giudiziaria del comitato delle vittime del Covid ha avuto anche un risvolto di natura penale. Le centinaia di denunce presentate in procura a Bergamo hanno infatti portato a un’inchiesta che, tra gli altri filoni investigativi, si è focalizzata sull’applicazione del piano pandemico nazionale dopo il primo allarme sul rischio di pandemia globale lanciato dall’Oms il 5 gennaio 2020.


Secondo la ricostruzione dei pm orobici, diretti dal procuratore Antonio Chiappani, l’Italia affrontò i primi casi di Coronavirus con un piano pandemico che risaliva al 2006 e che nel 2017 non era stato aggiornato come previsto, se non con un’operazione di copia e incolla di passaggi del documento precedente. Tra gli altri indagati a Bergamo c’è anche Ranieri Guerra, direttore vicario dell’Oms ed ex direttore generale del Dipartimento prevenzione del Ministero della Salute: è accusato di false informazioni ai pm dopo essere stato ascoltato a novembre scorso come persone informata dei fatti proprio sul (mancato) aggiornamento del piano pandemico nazionale.



Insieme a lui, sotto indagine ci sono anche altre 5 persone, tra cui l’ex direttore generale dell’assessorato al Welfare della Lombardia, Luigi Cajazzo, il suo vice Marco Salmoiraghi. Le accuse contestate a vario titolo sono epidemia colposa e falso. 



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